“È drammatico vedere che la storia si ripete“. Questo il commento di Daniele Biondo, presidente dell’associazione Alfredino Rampi, sulla notizia della morte di Ryan, il bambino di 5 anni caduto martedì in un pozzo nel nord del Marocco. L’Associazione Alfredino Rampi si chiama così in memoria del bambino che morì nel 1981 a Vermicino dopo giorni di agonia a seguito della sua caduta accidentale in un pozzo artesiano. La notizia dell’estrazione del piccolo Ryan, dopo un incubo durato oltre 100 ore, aveva suscitato gioia nei primissimi minuti, ma il comunicato del Palazzo Reale marocchino sulla morte del piccolo ha fatto ripiombare tutti nell’angoscia. Biondo spiega però che “chi ha gestito la vicenda di Ryan forse ha ripetuto gli errori del passato fatti in Italia a Vermicino”.
I soccorritori hanno fatto di tutto per raggiungerlo in tempo, scavando anche a mani nude, e sono riusciti a recuperarlo ed estrarlo, ma le operazioni sono state ritardate anche dal grande numero di persone che si erano accalcate sul luogo del fatto, nella speranza di vedere quel bimbo uscire dal pozzo: “All’epoca a Vermicino la presenza di tante persone sul posto fu uno degli ostacoli, non solo fisici ma anche psicologici, per i soccorritori messi sotto pressione – spiega infatti Biondo – così come oggi si vedeva tutta quella calca sul posto a Chefchauen”.
“Il bambino è morto a causa delle ferite riportate durante la caduta”, si legge nel comunicato della Casa Reale citato dai media arabi. Ryan era però riuscito a sopravvivere per 5 giorni nel fondo del pozzo e la sua morte è sopraggiunta, secondo i media locali, solo dopo la sua estrazione. I soccorritori avevano utilizzato una corda per portare ossigeno e acqua al bambino, nonché una telecamera per monitorarlo. Inizialmente molti avevano addirittura pensato che i tentativi di salvataggio avrebbero avuto successo, visto l’imponente lavoro portato avanti dalla squadra di soccorsi coordinata dall’ingegnere Mourad Al Jazouli, che aveva spiegato ai media, qualche ora prima dell’estrazione, che “Ryan è vivo, lo tireremo fuori oggi”. L’operazione però è fallita, costantemente ritardata per l’elevato rischio di crolli legato al suolo instabile e, a quanto pare, anche dalla calca di telecamere e curiosi che da ogni angolo del Marocco è arrivata sul posto per assistere in prima persona alle operazioni di soccorso.