"Prima c'era la pandemia, ma adesso ci sono enormi problemi per famiglie, persone e imprese. È la vita del Paese, e questo lo vedo molto sottovalutato", dice l'ex ministro dell'Economia. "Voglio vedere come Draghi farà le riforme: se ti metti di traverso il Parlamento, i decreti non passano. E tutto il Pnrr deve passare dal Parlamento. Il tempo è ridotto e lo scenario critico: al suo posto avrei fatto a meno, a Natale, di dire che era tutto a posto"
“Quest’anno è molto diverso da quello di prima: prima c’era la pandemia, ma adesso ci sono enormi problemi per famiglie, persone e imprese. C’è l’inflazione, che non riguarda solo le bollette, ma anche il carrello della spesa e il blocco delle industrie per i costi dell’energia. È la vita del Paese, e questo lo vedo molto sottovalutato“. Ospite di Agorà su Rai 3 venerdì scorso, Giulio Tremonti – l’ex ministro dell’Economia il cui nome è stato messo in campo dalla Lega nella corsa al Colle – ha profetizzato un 2022 di sofferenza per il premier Mario Draghi, rimasto suo malgrado a palazzo Chigi. “Voglio vedere come farà le riforme necessarie”, dice. “Se ti metti di traverso il Parlamento, i decreti non passano. E tutto il Pnrr deve passare dal Parlamento. Penso che il governo avrà qualche difficoltà“. Anche perché, avverte, “durante la campagna elettorale per il Quirinale, per due mesi si è speso di tutto e di più. Non si potranno più fare scostamenti, nemmeno per neutralizzare il caro-bollette. Poi ci sono i tassi che stanno salendo o devono salire: non puoi avere l’inflazione al 5,6% e i tassi sotto zero. Se salgono i tassi, e saliranno, comincia un cambiamento enorme in Europa“.
Concetti che il tributarista ha ripetuto domenica in un’intervista a Repubblica. “L’inflazione non è temporanea ma quasi strutturale“, spiega, “per una combinazione straordinaria di fattori, a partire dal costo dell’energia, delle materie prime, delle terre rare, dei piani verdi. Abbiamo un’inflazione al 5% ma i tassi di interesse al -0,5%: negli anni Ottanta, a parità di inflazione, erano all’8%. Ora la Bce dovrà gestire questa asimmetria: potrà farlo interrompendo l’acquisto di titoli pubblici o alzando i tassi. Ma intanto lo spread, cioè la nostra capacità di pagare il debito, è a 150 ed è in crescita. Ecco perché, prima che a ciò che ci aspetta, si farebbe bene a pensare a quello che già accade”. E non c’è da contare su una crescita economica a lungo termine, sostiene, perché “è evidente che il nostro rimbalzo è stato determinato soprattutto dalle agevolazioni nell’edilizia. Fatto sostanziale ma congiunturale. L’anno scorso che i prezzi sarebbero saliti, e i tassi pure, lo sapevano tutti. Purtroppo in questo clima è stata fatta in Italia una finanziaria elettorale. In realtà è per sempre la fine delle misure espansive”.
E i 209 miliardi dei fondi per la ripresa? “Il Pnrr, oltre a essere esso stesso causa di inflazione, è molto complesso da realizzare. Ed è subordinato a importanti riforme ancora da fare: casa, pensioni, fisco, giustizia, concorrenza. Il tutto in un contesto politico complicato dalle elezioni locali, dai referendum, dalla prospettiva delle politiche. E sotto il rigido controllo di un’Europa che, si avverte, sarà meno amichevole. Non è neppure detto che ci sarà un’asse Draghi-Marcon. Nel senso che non do per scontato che quest’ultimo vinca le elezioni in Francia. Il tempo ormai è ridotto, lo scenario molto critico. Ecco perché avrei fatto a meno, a Natale, di lanciare il messaggio: tutto a posto, il grosso è stato fatto“.