Economia

Disuguaglianza da inflazione, “sui consumi delle famiglie povere impatto del 6% contro il 4% dei benestanti. In Francia divario minimo”

Uno studio del think tank Bruegel stima la “disuguaglianza da inflazione” in Italia, Francia e Belgio. Invece di basarsi sull'indice dei prezzi al consumo, i ricercatori hanno utilizzato un database che raccoglie i rilevamenti nazionali sulle abitudini di acquisto, con informazioni molto dettagliate. Il picco dei prezzi dell'energia ha avuto un impatto maggiore in Italia dove è più bassa la quota di clienti con tariffe regolate

Che l’inflazione colpisca di più chi ha un reddito più basso si sapeva. Quello che non si sapeva è di quanto. A calcolare l’impatto del carovita sulle diverse fasce di reddito ci ha pensato il think tank Bruegel. Nello studio “Who is suffering most from rising inflation?”, i ricercatori Claeys e Guetta-Jeanrenaud hanno stimato la “disuguaglianza da inflazione” in Italia, Francia e Belgio. Secondo gli autori, a dicembre le famiglie italiane meno abbienti hanno sopportato un’inflazione del 6,1% mentre quelle più benestanti del 4,4%, con una differenza dell’1,7%. Una dinamica simile si è osservata in Belgio (1,4%). In Francia, invece, il divario è rimasto contenuto, attestandosi allo 0,3%. Invece di basarsi sull‘indice dei prezzi al consumo, i ricercatori hanno utilizzato l’Household budget survey, un database che raccoglie i rilevamenti nazionali sulle abitudini di consumo delle famiglie, con informazioni molto dettagliate. Ciò ha permesso loro di costruire dei panieri di beni differenziati sulla base del reddito e di calcolare poi i diversi tassi di inflazione. L’analisi è utile anche perché consente di indagare le cause dell’aumento dei prezzi.

“Chiaramente”, scrivono Claeys e Guetta-Jeanrenaud, “la recente impennata della disuguaglianza da inflazione in Italia e in Belgio è stata guidata per la maggior parte dal picco dei prezzi dell’energia”. Una situazione ben diversa da quella della Francia, dove il divario nel carovita è rimasto stabile negli ultimi tre anni, oscillando intorno allo 0,3%. Tuttavia, anche nel Paese transalpino – che conta molto sul nucleare – i rincari energetici hanno giocato un ruolo rilevante: senza di essi la disuguaglianza da inflazione sarebbe diminuita. Il dato francese è interessante perché permette di mettere in luce le differenze con gli altri due Paesi considerati nello studio. Mentre in Francia il prezzo al consumo dell’energia, del gas e di altri carburanti è cresciuto in un anno del 19%, in Italia l’incremento è stato del 33% e in Belgio addirittura del 60%. Secondo Claeys e Guetta-Jeanrenaud, il diverso andamento della disuguaglianza da inflazione nei tre Paesi potrebbe essere spiegato dal numero di consumatori che hanno optato per le tariffe regolamentate. È vero: sia in Francia che in Italia le famiglie possono scegliere, a certe condizioni, un regime di prezzi regolati per tutelarsi da repentini rincari dell’energia elettrica. In Italia, però, il “servizio di maggior tutela” riguarda soltanto il 45% dei clienti, mentre in Francia la percentuale di chi ha scelto la “tariffa blu” è del 65%. Insomma, la più ampia diffusione di contratti a prezzi regolati avrebbe contenuto la disuguaglianza da inflazione.

Oltre a questo elemento, però, bisogna considerare anche gli interventi messi in campo dagli Stati. Le misure varate dai governi, infatti, seppure diverse per natura e per ammontare delle risorse, hanno avuto effetti rilevanti. In Italia l’esecutivo ha stanziato quasi 10 miliardi di euro da luglio 2021 a marzo 2022 per far fronte ai rincari di luce e gas. Con questi soldi sono stati tagliati tra l’altro gli oneri di sistema ed è stato potenziato il “bonus sociale”, uno sconto sulle bollette destinato alle famiglie in difficoltà economica. Il governo francese, invece, ha impegnato 15,5 miliardi di euro. Gran parte delle risorse sono state destinate a trasferimenti in favore di 38 milioni di francesi con un reddito inferiore ai 2mila euro. Inoltre, l’esecutivo ha imposto alla società statale Électricité de France di aumentare del 50% la fornitura a prezzi fissi ai propri concorrenti, con un costo stimato di 8 miliardi di euro. Si spera, in questo modo, di contenere al 4% i rincari delle tariffe regolamentate nel 2022. “Se l’incremento dei costi energetici è solo temporaneo”, sottolineano Claeys e Guetta-Jeanrenaud “l’approccio francese potrebbe essere una soluzione praticabile”. Se invece l’incremento dei prezzi dei combustibili fossili è necessario per la decarbonizzazione, come sembra essere l’orientamento attuale, allora occorre percorrere strade diverse. “Gli Stati” concludono i due ricercatori “devono pensare a misure più efficienti per mitigare il futuro, potenzialmente molto più persistente, impatto dei maggiori prezzi energetici sulla disuguaglianza da inflazione”.