Mentre Stati Uniti e Ue stanno ridefinendo le regole per lo scambio di dati, nel rapporto annuale presentato alla Sec (l'autorità statunitense che viglia sui mercati) il fondatore della società ipotizza di chiudere Facebook e la controllata Instagram in tutta Europa se a Meta (la società madre) non verrà concessa la possibilità di archiviare i dati di utenti europei nei server statunitensi. Nel Vecchio Continente la società incassa 8 miliardi di dollari l'anno
C’è molto nervosismo nel gruppo Facebook (ora Meta) dopo il disastro dell’ultima trimestrale (utenti in calo, progetto metaverso che non decolla) che ha causato un crollo in borsa del 26% in un solo giorno. Si spiega forse anche così la minaccia nei confronti dell’Unione europea che nel rapporto annuale presentato alla Sec (l’autorità statunitense che viglia sui mercati) in cui la società ipotizza di chiudere Facebook e la controllata Instagram in tutta Europa se a Meta (la società madre) non verrà concessa la possibilità di archiviare i dati di utenti europei nei server statunitensi. La questione del “domicilio” dei dati non è di poco conto. Sia per ragioni giuridiche che per ipotetici accessi privilegiati ai dati da parte di soggetti istituzionali. Soprattutto questi dati sono utilizzati dalla società per tagliare su misura del singolo utente i messaggi pubblicitari. Facebook non è nuova a minacce di questo genere. Face lo stesso con l’Australia nel 2020 in quell’occasione in relazione all’obbligo di pagare agli editori le news pubblicate sulla piattaforma.
I regolatori europei stanno rivedendo la regolamentazione relativa al trasferimento di dati attraverso l’Atlantico dopo che l’accordo Privacy Shield siglato con gli Stati Uniti è stato giudicato non valido dalla corte europea di giustizia nel luglio del 2020 a causa di un livello di protezione dei dati ritenuto insufficiente. L’Unione europea ha spiegato che i negoziati con gli Usa procedono aggiungendo tuttavia che si tratta di temi molto complessi. La minaccia di Facebook trova il tempo che trova, anche perché l’Europa è un mercato ricco con 309 milioni di utenti, 100 milioni in più rispetto a Stati Uniti e Canada, da cui la società ricava più di 8 miliardi di dollari l’anno.
E infatti la società puntualizza oggi il portavoce della società: “Non abbiamo assolutamente alcun desiderio e alcun piano di ritirarci dall’Europa” aggiungendo però che “Le aziende fondamentalmente hanno bisogno di regole chiare e globali per proteggere a lungo termine i flussi di dati tra Stati Uniti ed Ue, e come più di 70 altre aziende in una vasta gamma di settori, mano mano che la situazione si evolve, stiamo monitorando da vicino il potenziale impatto sulle nostre operazioni europee”. La più forte leva negoziale nelle mani di Facebook nei confronti di Bruxelles è probabilmente un’altra, quella dei posti di lavoro. Diecimila dovrebbero esserne creati in Europa, per lo più in Irlanda, nell’ambito del nuovo progetto Metaverso, una sorta di mondo virtuale dove gli utenti agiscono con la loro “controfigura virtuale”.
A stretto giro la replica di Bruxelles, che spiega come l’annuncio sulla possibile chiusura a causa della diatriba sui dati “è molto recente e non abbiamo commenti da fare al momento”, tuttavia “una cosa deve essere assolutamente chiara: l’Ue stabilisce la sua legislazione tenendo conto dei nostri valori, degli interessi dei consumatori e dei cittadini”, ha detto il portavoce della Commissione europea, Eric Mamer. L’Ue tiene “ovviamente conto dei punti di vista espressi dagli operatori economici, ma agisce autonomamente quando deve stabilire i suoi regolamenti”, ha ribadito il portavoce.