“Da più di due anni mi è stata assegnata la scorta a causa delle minacce. Ricevo parole orribili. Per 30 anni ho raccontato la mia testimonianza nelle scuola, dovrei essere quindi priva di speranza e dire che non è cambiato nulla. E invece la speranza c’è ed è nei giovani e nei ragazzi che sono qui stasera”. Sono le parole con cui la senatrice a vita Liliana Segre ha terminato il suo intervento al Memoriale della Shoah a Milano, dove come come ogni anno è stata ricordata la deportazione degli ebrei dalla Stazione Centrale di Milano del 30 gennaio 1944 in un evento organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. Un racconto, quello della senatrice, durato poco meno di venti minuti, in cui ha parlato della prigionia, della deportazione dal binario 21 della stazione Centrale di Milano e dell’arrivo dopo una settimana, il 6 febbraio, al campo di concentramento di Auschwitz. “Quando tanti anni dopo studiai Dante, pensai che io all’inferno ero già stata. Sotto quella neve che cadeva implacabile sono morti senza nome milioni di persone solo per la colpa di essere nate. Io che ho sentito l’odore della carne bruciata, che ho vissuto come un animale nelle baracche di Auschwitz, dopo aver visto quello che ho visto e aver sopportato quello che ho sopportato, dopo essere riuscita a tornare a una vita, essermi sposata e aver avuto dei figli e dei nipoti, oggi, da due anni e mezzo ho una scorta perché sono minacciata, ricevo parole orribili”. La senatrice a vita ha poi fatto riferimento a delle frasi ricevute da un uomo di Tolmezzo, che si è firmato ed è stato denunciato, il quale l’ha apostrofata in modo osceno solo perché aveva deciso di vaccinarsi.

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