La stampa odierna dà molto risalto all’intervista che Papa Francesco ha rilasciato a Fabio Fazio nella trasmissione Che Tempo che fa. Dalle parole del Santo Padre si capisce immediatamente che il tempo attuale è terribilmente nero sotto molti punti di vista.

Un danno senza fine è quello dell’innalzamento della temperatura terrestre con il conseguente scioglimento dei ghiacciai che avviene molto più rapidamente del previsto. Si tratta soprattutto di quelli dell’Everest e delle Alpi, le quali hanno lasciato quasi del tutto in secca il fiume Po.

Per Papa Francesco il riscaldamento climatico uccide la Terra ed è il contrario della Creazione e contro la Creazione è l’intera attività umana, che agisce con la distruzione della biodiversità, con terribili guerre e contro i poveri migranti. Egli cita tuttavia qualche esempio di grande solidarietà, come il tentativo avvenuto in Marocco di salvare un bimbo caduto in un pozzo di oltre 30 metri, tentativo purtroppo risoltosi negativamente, nonché la raccolta di fondi per un migrante del Ghana che lavorava nel Monferrato, colpito da un terribile tumore, e fatto tornare nella sua casa paterna prima di morire.

In questo quadro così chiaro, impressionante e commovente allo stesso tempo, tracciato da Papa Francesco, risalta maggiormente il vacuo muoversi della politica, che, per un verso chiede a Draghi un ulteriore indebitamento di 5 miliardi per sostenere l’aumento delle bollette di luce e gas (valutato complessivamente in 50 miliardi), e dall’altro trova il silenzio dello stesso Mario Draghi, il quale porta avanti la sua politica di privatizzazioni di cui al Disegno di legge Concorrenza.

Il Papa ha chiesto una mobilitazione dell’economia ed è chiaro che questa mobilitazione si può ottenere evitando di privatizzare e svendere le fonti di produzione di ricchezza nazionale con azioni di investimenti produttivi diretti allo sviluppo economico, e non come continua a fare Draghi che agisce secondo i dettami del sistema economico neoliberista.

Quello che occorre è invece seguire i principi keynesiani che impongono la distribuzione della ricchezza alla base della piramide sociale e l’intervento dello Stato nell’economia.

Tali principi sono ignoti a Mario Draghi, il quale, come è noto, ha stanziato il 70% del Pnrr come contributo diretto alle imprese, alcune delle quali, come si apprende da note di cronaca, anziché investire dette somme in attività produttive, le hanno destinate a operazioni finanziarie, che non producono occupazione e ricchezza, ma spostano quest’ultima dai più poveri ai più ricchi.

In sostanza occorre ricostruire il patrimonio pubblico demaniale che è stato dissipato con privatizzazioni, delocalizzazioni, svendite e concessioni di beni e servizi persino senza termine, consegnando le sorti dello Stato-Comunità a singoli faccendieri privati che ovviamente si preoccupano soltanto dei propri interessi, utilizzando questo denaro anche per vacue finalità.

Come al solito invito tutti, con stoica perseveranza, ad attuare gli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118 della nostra Costituzione repubblicana e democratica.

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