Da qualche giorno la Lega Calcio si ritrova nella necessità di dover sostituire Paolo Dal Pino: i padroni dei club, disperati e intenzionati a batter cassa col governo, puntano a qualcuno che conosca il mondo dei palazzi romani. Ma restano le spaccature tra due o più fazioni e per evitare il commissariamento della Figc ci sono 45 giorni di tempo
AAA Cercasi presidente della Serie A: bella presenza per fare bella figura davanti alle telecamere, non troppo ingombrante per non infastidire i patron, con buoni contatti politici per andare a scroccar soldi al governo. Sul profilo ideale, sembrano tutti d’accordo. Del nome, però, per adesso neanche l’ombra.
Da qualche giorno la Lega Calcio si ritrova nella necessità di dover trovare un nuovo presidente, dopo l’addio di Paolo Dal Pino, ufficialmente per ragioni personali (si è trasferito a tempo pieno negli Stati Uniti), ma in realtà logorato dalle divisioni interne, dal fallimento del suo progetto di vendere un pezzo del torneo ai fondi d’investimento stranieri, e dagli attacchi sempre più insistenti dei suoi nemici (capeggiati da Claudio Lotito). La prima assemblea per eleggere il suo successore è andata a vuoto, come prevedibile: 17 schede bianche, 2 nulla, una per Gaetano Blandini, presidente Siae che secondo alcuni sarebbe il candidato di Lotito che lo ha appena fatto eleggere come consigliere indipendente (ma in realtà anche il proprietario della Lazio si tiene defilato per ora).
Nel corso del weekend erano circolati alcuni nomi: da Pierferdinando Casini, mancato presidente della Repubblica che ha già fatto sapere di non aver la minima intenzione di andarsi a infilare nelle beghe del pallone, a Walter Veltroni, passando per gli ex ministri Angelino Alfano (che ha già lavorato per la Lega Calcio, come rivelato dal Fatto Quotidiano qualche anno fa) a Roberto Maroni (su cui però peserebbe l’incognita dello stato di salute). Tutte strade difficilmente percorribili. Di vero c’è solo la comune provenienza politica, una suggestione circolata in Lega: ai presidenti, disperati e intenzionati a batter cassa col governo in maniera sempre più insistente per ricevere i ristori, non dispiacerebbe avere qualcuno che conosca il mondo dei palazzi romani, sappia come parlare (e farsi ascoltare) dai politici. Ma non è detto debba essere necessariamente un politico, anzi, per Aurelio De Laurentiis è proprio il contrario.
L’addio di Dal Pino ha liberato una poltrona pesante e ha anche tolto al n.1 della Figc Gabriele Gravina il suo alleato più prezioso. La carica di presidente è ora nel mirino di Lotito, che sogna di dare una spallata alla FederCalcio. Ma la Serie A è come al solito spaccata fra due o più fazioni: l’area lotitiana, i club che sostenevano Dal Pino, sta nascendo anche un nuovo asse fra le proprietà americane che invece chiedono un processo di selezione più trasparente, magari con una short list individuata da un’azienda di cacciatori di teste e poi dei colloqui mirati. L’esatto contrario di come si procede di solito nel pallone italiano. Intanto, sarà il vicepresidente Percassi a raccogliere le possibili candidature.
Al momento c’è solo la volontà di trovare un profilo condiviso, istituzionale e non manageriale (anche per non pestare più i piedi all’amministratore delegato Luigi De Siervo, sempre più uomo forte della Lega). E trovarlo subito, per scongiurare lo spauracchio di essere commissariati dalla FederCalcio. Ci sono 45 giorni di tempo e non sarà semplice: la settimana prossima nuova assemblea e nuova prevedibile fumata nera, poi dalla terza votazione basterà la maggioranza semplice di 11 voti. Se qualcuno ha in mente il nome buono, per ora lo pensa ma non lo dice: nessuno ha voluto scoprire le sue carte, anche per dare un segnale di unità. Chissà se reggerà anche quando si comincerà a fare sul serio.