Dopo l’ultima serata del Festival di Sanremo ho passato una notte insonne chiedendomi se il numero delle standing ovation nella sala dell’Ariston avessero superato, in numero, i 55 applausi al discorso sulla dignità del Presidente Sergio Mattarella.
Potremmo liquidare la questione dicendo che le standing ovation sono state tutte provocate da chi, in prima fila. si alzava apposta perché quelli dietro non vedessero niente e che, quindi, fossero costretti ad alzarsi, a loro volta, per vedere meglio. Sarebbe come dire che ognuno dei 55 applausi dei parlamentari fosse rivolto al pensiero dell’accredito del loro stipendio per almeno un altro anno. Una cattiveria gratuita. Invece no: secondo me, le standing ovation raccontano l’inizio di una nuova Italia, esattamente quella che auspica il nostro rieletto Presidente quando ha affermato: in “periodo di straordinaria difficoltà… servono politiche condivise…”.
Questo pensiero è penetrato nella mia mente già durante la prima serata, quando pur di non guardare il Festival cercavo notizie sullo stato politico della nazione nei talk show in onda alla stessa ora. Uno spettacolo imbarazzante, come quando al mare notiamo un bagnante che cerca di cambiarsi il costume sotto l’asciugamano invece di farlo in cabina. I politici, che nella cabina non sono riusciti a fare il loro dovere, sono tornati a dividersi. Anche pro e contro Mattarella, accusato di “astuzia”.
Nel sentire queste malvagità, una forza irresistibile mi portava a schiacciare il tasto uno del telecomando, per tornare da Amadeus ed entrare nel suo meraviglioso mondo, che non ha niente a che fare con l’Italia, ma con Shangri-La nel mitico regno di Shambhala. Un luogo dove non esiste più la separazione, una nazione che finalmente esce dalla rissa e dalla dualità per entrare in un universo in cui tutti siamo uguali. Come un governo Draghi, ma con dentro anche la Meloni. Un territorio di pace, dove hanno monologato persone diverse come Checco Zalone e Roberto Saviano. Dove sono state dette cose omofobe e anti-omofobe. Antirazziste, ma in una collocazione di palinsesto un po’ razzista. Provocazioni anti-clericali come l’auto battesimo di Achille Lauro a cui la Chiesa, con un sorriso paterno, ha solo rimproverato di aver portato una canzone uguale alla sua hit Rolls Royce.
Perché Sanremo ormai riesce a accettare tutti. E’ un palco su cui s’abbracciano il rock con il pop e il rap con la trap. Puoi arrivarci in abito lungo o in canottiera e ciabatte. Puoi cantar bene o stonare. Puoi inventarti un nome d’arte incomprensibile e impronunciabile, ma all’anagrafe di Sanremo verrà accolto con comprensione senza temere che, con questi nomi, possano poi essere battezzati i nostri figli. Questo ci concederà magari di inventarne anche noi di nuovi, tipo Alka Seltzer o Il dito nel naso.
E’ tanto lontano il periodo in cui Sanremo divideva il paese. Quando nascevano manifestazioni in opposizione, tipo SanScemo e il Festival si doveva difendere dalla protesta. Gente che minacciava di buttarsi di pancia dalla balconata, personaggi bizzarri che irrompevano sul palco urlando “il Festival è truccato e vince Fausto Leali!”. Oggi, finalmente, questa opposizione si è trasformata in puro amore. Se Matteo potesse riscrivere il Vangelo oggi, non cambierebbe il primo comandamento “Ama il Signore Dio tuo…” ma il secondo credo di si e diventerebbe “Ama il prossimo come farebbe Ama (deus)!”.
Il Festival di Sanremo è una meravigliosa sospensione, una beatitudine in assenza di tempo e spazio. Un’illusione che dura solo cinque meravigliosi giorni in cui l’Italia è davvero unita, disposta ad alzarsi in standing ovation anche davanti al suo peggior nemico. Anche davanti a chi mette la cipolla nell’amatriciana o la panna nella carbonara. L’ha detto bene Sabrina Ferilli: ”Ma perché la presenza mia stasera dev’essere per forza associata a un problema?”.
Poi si torna alla destra contro la sinistra, ai sì vax contro i no vax, ai no al panettone con i canditi, contro i sì ai canditi e pure con l’uvetta. Tutti contro Morgan e Morgan contro tutti. Insomma, l’inferno. Io non so cosa ci dobbiamo aspettare dalla nostra vita futura, ma so che, quando moriremo, se saremo stati buoni, non andremo in paradiso. Andremo a Sanremo.