Verso la conferma del divieto di riprendere le funzioni giudiziarie per le toghe che entrano in politica. I pentastellati: "Sono regole che con forza abbiamo voluto introdurre sin dall’inizio e potrebbero presto vedere la luce". La riforma della legge elettorale del Consiglio voluta dalla ministra, invece, secondo molti addetti ai lavori favorirebbe ancora di più lo strapotere delle correnti
Potrebbe essere venerdì il giorno dell’attesa riforma del Consiglio superiore della magistratura e della legge sull’ordinamento giudiziario. A quanto riferisce l’Ansa, la ministra della Giustizia Marta Cartabia è al lavoro per portare gli emendamenti del governo al testo base dell’ex ministro Alfonso Bonafede in una seduta del Consiglio dei ministri che dovrebbe tenersi l’11 febbraio. Emendamenti che si attendono almeno dal giugno scorso, quando la commissione ministeriale presieduta dal costituzionalista Massimo Luciani ha depositato le proprie proposte. L’approdo in Consiglio dei ministri era stato annunciato per prima di Natale, poi la pratica è stata accantonata in vista dell’elezione del presidente della Repubblica. E proprio Sergio Mattarella, nel discorso di re-insediamento, ha definito “indispensabile che le riforme annunciate giungano con immediatezza a compimento“, affinché il Csm “possa svolgere appieno la funzione che gli è propria, superando logiche di appartenenza che devono rimanere estranee all’ordine giudiziario”. Ieri, infine, Cartabia ha incontrato il premier Mario Draghi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli per discutere proprio del delicato dossier.
Al centro della riforma ci sono due temi: uno è quello della legge elettorale per l’elezione dei membri togati del Csm – quelli scelti dalla magistratura tra le proprie file – che si vorrebbe cambiare in modo da ridurre l’influenza delle correnti. In base alle anticipazioni diffuse finora, peraltro, la riforma prevede un sistema elettorale binominale maggioritario a preferenza unica (poi corretto con qualche aggiustamento proporzionale) che secondo molti addetti ai lavori favorirebbe ancora di più lo strapotere dei gruppi associati, rendendo impossibile (ancor più di quanto non lo sia già) l’elezione al Csm di candidati indipendenti. L’altro invece riguarda le cosiddette “porte girevoli” tra politica e magistratura: secondo fonti del Movimento 5 Stelle, su questo tema “resta sostanzialmente l’impianto della riforma Bonafede e questo è molto apprezzabile: un magistrato che si schiera in politica non può tornare a fare il pm o il giudice. Sono regole che con forza abbiamo voluto introdurre sin dall’inizio e potrebbero presto vedere la luce”. Sulla legge elettorale, invece – prosegue la nota – “ci sono dei correttivi nella direzione da noi auspicata ma temiamo che ancora non siano sufficienti ad evitare la spartizione fra correnti. In ogni caso ci riserviamo di analizzare il testo”.