Musica

Amo Sanremo: è lo specchio del nostro presente. Peccato per quello scivolone finale

A me piace parlarne dopo che è terminato, così che, dopo essermi immedesimata in ciascun fortunato abitante di questo dorato pianeta musicale chiamato Sanremo, nella settimana che mette qualsiasi notizia in secondo piano e che quest’anno ha avuto la conseguenza di far passare quasi in sordina la scomparsa della meravigliosa Monica Vitti, solo dopo aver frullato e metabolizzato il tutto, posso finalmente capire cosa rimane, quello che mi è piaciuto e quello che avrei evitato (giusto due o tre cose che terrò rigorosamente segrete, a parte una).

Dopo i commenti e il cinico gioco dei giudizi in poltrona da parte di chiunque, cominciano i fortunati tormentoni grazie agli ascolti digitali e alle radio che decidono le reali vittorie. Sanremo è questo ed altro, compreso un tappeto rosso diventato inaspettatamente verde, conseguenza del nuovo principale sponsor. Adoro la direzione artistica di Amadeus che in questa edizione ci ha regalato una grande quantità di belle voci. Tra partecipanti, ospiti e duetti, infatti, c’erano un po’ tutte le generazioni, tra classico e modernità. In perfetta sintonia con i nostri tempi il suo Sanremo è lo specchio del nostro presente. E’ il riflesso patinato della nostra società, portato su un palco dove si recita con migliori mezzi quello che noi altri interpretiamo con meno lusso e più fatica nei giorni reali.

Ci si lamentava che a Sanremo andassero le cariatidi e che fosse uno spettacolo vecchio per spettatori anziani, poi ci si lamentava che fosse sotto il potentato dei talent, ora ci si lamenta che i cantanti giovani vengano dai social. Lamentarsi del festival è d’obbligo, così come fingere di non vederlo e di non volerne parlare, snobbandolo soprattutto se si fa musica o se si ama la musica. Niente di più falso secondo me, perché come ho in altre occasioni sottolineato credo che chiunque canti ambisca a quel palco, anche solo per pretendere di portare qualcosa di diverso.

Direi che quest’anno di unicità ce ne sono state più d’una, con buona pace delle principali tematiche sociali dibattute ultimamente. Come ogni anno non sono mancate gare di cattiveria come è successo dopo l’esibizione di Gianluca Grignani, la cui situazione personale dovrebbe generare soprattutto un grande dispiacere per l’uomo, ma purtroppo l’esposizione pubblica è anche questo, offrire il fianco a chi approfitta della fragilità del personaggio famoso per triturarlo.
Mi ha fatto tenerezza Giovanni Truppi, onesto cantautore dalla vera gavetta, conosciuto musicalmente tanti anni fa e di cui ho apprezzato la delicatissima canzone cantata (bene) in un’esibizione spoglia di qualsiasi costume. Nel DietroFestival (programma andato in onda sempre su Rai 1 domenica sera) l’ho sentito sinceramente stupito delle battute sulla sua canotta, lamentando il fatto che lì dove ognuno va come gli pare aveva destato meraviglia giusto lui. Un pesce fuor d’acqua, Truppi, in mezzo a tutti quei lustrini e occhi bistrati, eppure molto eleganti la sua misura e pacatezza.

Dovrebbero essere le voci, le canzoni e gli arrangiamenti a destare piacevoli sorprese, non tanto le trovate che riguardano gli abiti o gli atteggiamenti. Il fatto che a Sanremo si cerchi l’effetto è ormai cosa scontata: Loredana Bertè si è presentata al suo primo festival nel 1986 con il pancione finto, su quello stesso palco dove, nella serata delle cover, ha cantato con un dolce e sempre super carismatico Achille Lauro l’immortale Sei bellissima, creando insieme un misto di delicatezza, gentilezza, grinta e bellezza. Lo stesso Lauro ci ha provato a scandalizzare anche quest’anno, ma la marachella del suo battesimo nella prima serata non ha destato tanto scalpore, dopo che l’Osservatore romano ha spento ogni polemica definendo il Vangelo il messaggio più trasgressivo di tutti. La canzone è orecchiabile e funziona, anche se non a livello di altri precedenti suoi brani.

Insomma nessuna sorpresa per capelli colorati, piercing, tatuaggi, petti nudi, piedi scalzi e tutto il resto che si è visto la scorsa settimana, per la gioia del FantaSanremo e degli stilisti che prendono una cospicua boccata di ossigeno durante la gara canora. Tra gli inossidabili ho fatto il tifo per Gianni Morandi, un vero fuoriclasse: pur al cospetto di tante nuove leve ha dimostrato che non c’è limite di età e di generazione per esprimere con estrema professionalità la propria bravura.

Mi ha divertito lo scambio di battute tra lui e Irama, sempre nel DietroFestival. Morandi gli ha fatto i complimenti, chiedendogli che nota fosse quella alta alta (alla quale arriva peraltro impeccabilmente, ma che ha farfugliato essere qualche bemolle) e in che tonalità avesse cantato la sua canzone, al che il giovane ha risposto che non se lo ricordava e Morandi ha chiuso scherzandoci su e dicendo: ‘Le devi sapere queste cose’.

Ciò che mi ha lasciato a bocca aperta e incredula su quello che le mie orecchie avevano sentito, tanto da controllare su Instagram per sincerarmene e successivamente su Raiplay per riascoltare (per la gioia di chi desiderava proprio questo effetto, ottenendolo), è stata la parola che Rosa Chemical ha aggiunto al ritornello della cover dell’immensa Raffaella Carrà, portata in quarta serata in coppia con il cantante in gara Tananai. Ho letto vari commenti che dividevano chi osannava i ragazzi per aver sdoganato il sesso in questo modo e chi invece definiva volgare quest’uscita, naturalmente accusato dagli altri di bigottismo e altre cattiverie peggiori.

Mi sono fatta alcune domande: Raffaella Carrà ne avrebbe riso, si sarebbe divertita? Ci sarà un motivo se nel cantare l’amore lei abbia usato elegantemente determinate parole e non altre, se ha scelto sempre l’allusione e non la parola nuda e cruda come potremmo usarla nel nostro privato. Risulto anacronistica, ma l’effetto è stato quello di uno schiaffo improvviso per non aver scelto se assistere o meno a un’esibizione pseudotrasgressiva senza molto impegno canoro, a parte quello di stupire a tutti i costi. Tacchi, capelli e altri orpelli estetici sono ormai la normalità, ma da soli non bastano.

Mi chiedo perché prima di un film venga avvertito il pubblico dei contenuti espliciti a tutela dei minori e questo non accada prima di una manifestazione così importante e così seguita da tutti, bambini compresi, disponibile successivamente on demand, anche fossimo fuori dalla fascia protetta. Se fossi stata con un mio figlio o con una nonna o con un padre, io mi sarei sentita a disagio. A questo punto cosa devo aspettarmi dal prossimo Sanremo?