Dallo smart working al green pass fino all’obbligo delle mascherine al chiuso, ma anche l’eventuale coinvolgimento della Protezione Civile al posto della struttura del generale Francesco Figliuolo. La scadenza dello stato d'emergenza si avvicina, ma una decisione non è ancora stata presa e lo stesso ministro della Salute Roberto Speranza ha già detto che "ogni valutazione è prematura"
Cosa accadrà dopo il 31 marzo? Mentre dalla Gran Bretagna alla Francia, fino alla Svezia e agli Stati Uniti, si assiste a un’accelerazione nella cancellazione delle restrizioni anti-Covid, con curve in discesa e la variante Omicron considerata meno aggressiva grazie ai vaccini, anche il governo Draghi inizia a ragionare su cosa accadrà da aprile, data della scadenza dello stato di emergenza decretato oltre due anni fa. L’esecutivo ha iniziato a mettere mano a quella che sarà la gestione “post emergenza Covid”, mentre il Paese deve fare i conti con un numero di decessi ancora nell’ordine dei 300 al giorno.
Confidando sul calo anche di questo indicatore, l’ultimo a salire e anche l’ultimo a piegarsi, si inizia a ragionare riguardo a competenze ‘spacchettate’ e redistribuite a ministeri e Regioni nonché a mettere in ordine l’elenco di tutte le misure in vigore, una babele di norme che si sono affastellate dal gennaio 2020, per capire se e quali prorogare, dallo smart working al green pass fino all’obbligo delle mascherine al chiuso. Non solo: sul piatto c’è anche l’eventuale coinvolgimento della Protezione Civile al posto della struttura del generale Francesco Figliuolo. Una decisione non è ancora stata presa e lo stesso ministro della Salute Roberto Speranza ha già detto che “ogni valutazione è prematura”, rimandando la scelta definitiva all’approssimarsi della scadenza, ma l’orientamento prevalente nel governo è quello di non prorogarlo.
Se i dati confermeranno il trend delle ultime settimane, dunque, la decisione che il governo dovrà prendere si sposterà su come ridistribuire le competenze e su quali misure mantenere in regime ordinario. Un discorso che l’esecutivo ha aperto già con il decreto con cui ha prorogato lo stato d’emergenza, quello della vigilia di Natale: all’articolo 1 è scritto che “il capo del Dipartimento della protezione civile e il Commissario straordinario per l’emergenza adottano anche ordinanze finalizzate alla programmazione della prosecuzione in via ordinaria delle attività necessarie al contrasto e al contenimento del fenomeno epidemiologico da Covid-19“.
Figliuolo e Fabrizio Curcio dovranno dunque predisporre gli interventi per il ritorno alla normalità. In concreto significa che alcune competenze, come la gestione dell’acquisto dei vaccini, resteranno in capo al ministero della Salute, al quale dovrebbe finire anche tutto ciò che riguarda gli acquisti di farmaci per la lotta al virus. Partita, quest’ultima, che però potrebbe riguardare anche le Regioni, alle quali dovrebbero invece tornate tutte le competenze su ciò che riguarda la campagna vaccinale e gli eventuali richiami, con un graduale passaggio della gestione dai grandi hub ai medici di famiglia, ai pediatri e agli ospedali.
Allo stato attuale è ancora un cantiere aperto, invece, il discorso relativo alla logistica e alla distribuzione di farmaci e vaccini nonché quello sugli acquisti ora in carico a Figliuolo, dai dispositivi di protezione individuale ai ventilatori polmonari. Tra le ipotesi avanzate a dicembre c’era quella di creare una struttura di missione ad hoc a Palazzo Chigi o un passaggio delle competenze dalla Struttura commissariale alla Protezione civile. Un nodo che non è ancora stato sciolto anche perché, se è vero che le competenze affidate al generale rientrano tra quelle che nelle emergenze fanno capo alla Protezione Civile, è altrettanto vero che il Dipartimento opera in deroga alle norme ordinarie nell’immediatezza e in vigenza dello stato d’emergenza, non quando se ne decreta la fine.
L’altra questione che andrà risolta riguarda tutte le misure connesse allo stato d’emergenza, a partire dallo smart working: con il ritorno alla normativa ordinaria dovrà essere definito con accordi individuali tra azienda e lavoratori. Il Dipartimento della Protezione Civile, nei mesi scorsi, aveva predisposto l’elenco delle norme in vigore e dei provvedimenti di riferimento, con l’obiettivo di fornire al governo un quadro chiaro e consentire così di individuare quali misure portare avanti e quali lasciar cadere con la fine dell’emergenza, proponendo che, in caso di allungamento, la gestione degli interventi passi agli enti o ai ministeri competenti sulla specifica materia.
Restano in alto mare invece tutta una serie di decisioni legate ad altre strutture create appositamente per l’emergenza e le norme riguardanti le limitazioni nella quotidianità. Andrà deciso, ad esempio, se sciogliere o meno il Comitato tecnico scientifico – che è un organo consultivo del governo ed è strettamente legato all’emergenza tanto che fu la prima ordinanza dell’allora capo della Protezione Civile Angelo Borrelli a definirne organico e funzioni – e se prorogare l’uso delle mascherine al chiuso o toglierlo definitivamente come da venerdì avverrà all’aperto, ad eccezione delle Campania dove Vincenzo De Luca ha firmato un’ordinanza che ne proroga l’utilizzo fino a fine febbraio. La partita più importante, soprattutto in chiave politica all’interno della maggioranza, riguarda la scelta sul futuro del Green pass. Per i lavoratori over 50 l’obbligo è previsto fino al 15 giugno, mentre per tutti gli altri c’è una decisione da prendere entro i prossimi 50 giorni.