È quasi un’insurrezione quella dei grossi operatori italiani dell’energia contro l’ipotesi di mettere a gara le concessioni per gli impianti idroelettrici, le tante dighe che disseminano valli e monti del paese, per lo più al Nord. La norma è inclusa nel Ddl concorrenza sui cui si stanno svolgendo le audizioni in Senato. Il timore, oltre a quello di dover pagare di più, è che la norma apra le porte all’ingresso di colossi stranieri. Dall’idroelettrico proviene il 16% della nostra produzione nazionale. Quattro i grandi operatori, in ordine di energia prodotta Enel, A2a, Iren ed Edison, quest’ultima è già in mano straniere, controllata al 100% da Électricité de France. A farsi portavoce dei malumori del settore è stata innanzitutto Paolo Taglioli, direttore di Assoidroelettrica che ha affermato oggi: “Pensare di fare gare nel settore idroelettrico è quanto di più sbagliato si possa commettere”. “Siamo in mezzo a una crisi energetica del post pandemia e per far riprendere l’economia e garantire posti di lavoro a italiani energia è al primo posto” e anche per questo “pensare che la messa a gara di impianti idroelettrici possa vedere la scalata ostile di gruppi gruppi stranieri è impensabile” ha aggiunto. Poiché “solamente mantenendo il pieno controllo dei nostri asset di produzione di energia saremo in grado di tutelare appieno la nostra industria”. Le vicende di questi mesi hanno ricordato, se mai ce ne fosse bisogno, quanto sia strategico disporre di un’autonoma capacità di generazione di energia.

“Abrogare l’articolo 5 del Ddl Concorrenza” che apre le porte delle concessioni per gli impianti idroelettrici in Italia ai grandi operatori esteri e “non ci consente di fare viceversa“, ha affermato il direttore Italia di Enel Nicola Lanzetta. Ha osservato che va bene la concorrenza “ma deve essere uguale per tutti. Fino a che questo non avviene la soluzione è il prosieguo delle concessioni attuali. Oggi – ha ribadito – un grande estero può partecipare a gare per il rinnovo di concessioni in Italia mentre noi non possiamo fare altrettanto. Oggi quindi stiamo giocando una partita con regole differenti”.

“Ripensare integralmente la normativa che regola il settore idroelettrico” suggerisce l’amministratore delegato di A2a Renato Mazzoncini ha sottolineato in particolare l’importanza di privilegiare “lo sblocco immediato di rilevanti investimenti con risorse dei gestori, assicurando una cornice omogenea per la riassegnazione mediante gara di quegli impianti o concessioni per i quali gli operatori uscenti non propongano investimenti migliorativi e prevedendo la possibilità per i concessionari uscenti di ottenere una rimodulazione delle scadenze a fronte di investimenti utili e migliorativi per il territorio, da attuarsi con tempistiche rapide, secondo criteri di proporzionalità tra entità dell’investimento ed estensione della concessione”. Mazzoncini ha anche stroncato l’idea di Confindustria di aumentare la produzione di gas dai giacimenti italiani (con riserve per 40 miliardi di metri cubi, un millesimo di quelle russe). Un aumento della produzione nazionale di gas “non è risolutivo” per contenere i costi delle bollette, ha affermato il manager sottolineando che “le quantità che possiamo estrarre sono sempre limitate rispetto alle necessità e poi il mercato è interconnesso e una maggiore estrazione finirebbe sul mercato”. In sostanza aumentare la quantità di gas estratto conviene a chi lo estrae, verosimilmente associato a Condindustria, non alla collettività.

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