Il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri ha lanciato il sasso, minacciando la disdetta del Patto per la Fabbrica perché occorre recuperare potere d’acquisto dei salari a fronte dell‘inflazione galoppante. La difficoltà di tenuta dei salari rispetto al costo della vita è emersa anche dagli ultimi dati Istat: nel 2021 la crescita delle retribuzioni contrattuali orarie si è fermata allo 0,6% annuo. Contro la corsa dell’inflazione che nell’anno alle spalle ha toccato una media dell’1,9%. Ma gli altri sindacati non l’hanno seguito su una strada che, se dal punto di vista dei lavoratori è doveroso seguire, potrebbe moltiplicare l’impulso all’aumento dei prezzi. La Cgil non ha preso posizione ufficiale e la Cisl non sembra disposta a rompere l’intesa faticosamente raggiunta nel 2018 con le imprese.
L’accordo con Confindustria siglato quatto anni fa, con l’inflazione all’1%, identificava come punto di riferimento a cui ancorare il rinnovo dei contratti l‘indice dei prezzi al consumo Ipca, depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati. Tradotto: un indicatore che non tiene conto dei fortissimi rincari del gas registrati negli ultimi mesi. Per Bombardieri “ora quel patto non esiste più, perché con una inflazione al 5% e un costo energia di questa portata chiediamo da subito che ci sia un riconoscimento per dare una risposta a chi perde potere reale d’acquisto”. Di qui la richiesta non solo di tener conto della nuova situazione in sede di rinnovo dei contratti scaduti, ma anche di mettere sul piatto una sorta di indennità di vacanza contrattuale, che già esiste nel pubblico impiego. Oggi ci sono oltre 6 milioni di lavoratrici e lavoratori con il contratto scaduto: “Se i contratti si rinnovano fra un anno o sei mesi è necessaria una risposta immediata”, insiste il segretario Uil. Si tratta di mettere in piedi un meccanismo nuovo, “nessuno richiama la scala mobile” e neppure “il salario minimo che con l’inflazione non ci azzecca nulla”.
Il leader della Cisl Luigi Sbarra però non ci sta e rilancia invece sulla necessità di un nuovo accordo sulla politica dei redditi da concordare con il governo per “promuovere e diffondere la contrattazione di secondo livello per alzare e incrementare la produttività e redistribuirla aumentando i salari, ridurre il cuneo fiscale, detassare gli aumenti contrattuali e la piena defiscalizzazione dei premi di risultato”. Da notare che due mesi fa i partiti hanno avuto la chance di intervenire sul cuneo fiscale, ma la maggioranza ha invece scelto di usare gli 8 miliardi a disposizione per intervenire sulle aliquote Irpef. Conbenefici, in termini assoluti, soprattutto per i redditi medio alti.