“Chi lo conosce sa che l’accusa di aver mentito è assurda. Si deve distinguere tra commettere un errore e mentire”. Il giorno dopo la pubblicazione della lettera in cui Benedetto XVI ha respinto l’accusa di aver coperto quattro casi di pedofilia del clero quando era arcivescovo di Monaco e Frisinga, dal 1977 al 1981, è la persona a lui più vicina a svelare i retroscena di queste ultime settimane, infuocate per il monastero Mater Ecclesiae (dove il papa emerito vive da nove anni, dopo le dimissioni dell’11 febbraio 2013). Monsignor Georg Gänswein, segretario particolare di Ratzinger dal 2003 e prefetto della Casa Pontificia, non ci sta a far passare Benedetto XVI per un insabbiatore: “Chi gli è stato vicino sa bene che cosa ha detto e ha fatto Ratzinger riguardo a tutta la questione della pedofilia. È stato il primo ad agire da cardinale e poi ha continuato la linea di trasparenza da papa. Già durante il pontificato di Giovanni Paolo II ha cambiato la mentalità corrente e impostato la linea che papa Francesco sta proseguendo. Questa è la realtà ed è molto diversa da quella che circola in molti mass media”. Per il presule “c’è una corrente che vuole distruggerne la persona e l’operato. Non ha mai amato la sua persona, la sua teologia, il suo pontificato. E adesso c’è un’occasione ideale di fare i conti, come la ricerca di una damnatio memoriae. Molti purtroppo si lasciano ingannare da questo attacco vile, c’è tanto fango. Una cosa triste”.
La vicinanza di Francesco – Un’amarezza condivisa anche da Bergoglio, come ha rivelato lo stesso Ratzinger nella sua lettera: “Sono particolarmente grato per la fiducia, l’appoggio e la preghiera che papa Francesco mi ha espresso personalmente”. Aggiungendo: “Ancora una volta posso solo esprimere nei confronti di tutte le vittime di abusi sessuali la mia profonda vergogna, il mio grande dolore e la mia sincera domanda di perdono”. Parole che suonano anche come un testamento spirituale. “Papa Benedetto – ha affermato Francesco – diceva, alcuni giorni fa, parlando di se stesso che “è davanti alla porta oscura della morte”. È bello ringraziare il papa Benedetto che a 95 anni ha la lucidità di dirci questo: “Io sono davanti all’oscurità della morte, alla porta oscura della morte”. Un bel consiglio che ci ha dato”. Il segnale esplicito di una profonda sintonia tra i due anche in questa vicenda dolorosa seguita alla pubblicazione dei risultati dell’indagine sulla pedofilia del clero dell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga (497 vittime e 235 abusatori in un arco temporale di 74 anni, dal 1945 al 2019).
Padre Lombardi: “Ha sempre messo la verità al primo posto” – Ratzinger ha voluto rispondere a chi lo ha accusato di aver negato di proposito la propsia presenza alla riunione nella quale, nel 1980, si affrontò il caso di uno dei preti, risultato solo successivamente pedofilo: “Mi ha profondamente colpito che la svista sia stata utilizzata per dubitare della mia veridicità, e addirittura per presentarmi come bugiardo”. “Credo – ha affermato padre Federico Lombardi, presidente della Fondazione vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI ed ex portavoce del papa emerito – che sia giusto che lui rivendichi la sua veridicità. Perché è una caratteristica della sua personalità e del suo comportamento durante tutta la vita, che io posso anche testimoniare, avendo vissuto vicino a lui come collaboratore per diversi anni: il servizio della verità è stato sempre al primo posto. Non ha mai cercato di nascondere quello che poteva essere doloroso riconoscere per la Chiesa; non ha mai cercato di dare una bella immagine falsa della realtà della Chiesa o di quello che avviene. Quindi io ritengo assolutamente che non si possa dubitare in nessun modo della sua veridicità. E questo lui lo attesta, credo che sia giusto accoglierlo con fiducia e con convinzione”. Gli fa eco Andrea Tornielli, direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione: “Joseph Ratzinger da prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, all’inizio del nuovo millennio, ha ingaggiato una lotta contro gli abusi clericali. Da papa ha promulgato leggi molto dure per combattere questa abominevole piaga. Ma nella sua lettera non ricorda o rivendica nulla di tutto ciò”.
La vittima: “Nega di aver saputo? È una bugia” – Le parole di Benedetto, però, non hanno attenuato il desiderio di giustizia di Wilfried Fesselmann, la vittima che ha avuto il merito di contribuire a sollevare il velo del silenzio sulla pedofilia del clero tedesco. L’uomo, quando aveva 11 anni, è stato abusato nella parrocchia di sant’Andrea di Essen proprio da uno dei quattro preti che secondo l’indagine dell’arcidiocesi fu poi coperto dall’allora cardinale arcivescovo Ratzinger. Fesselmann torna con la mente al 1980, quando il prete pedofilo fu trasferito nell’arcidiocesi che in quel momento era retta dal futuro Papa, e bolla come “bugia” l’affermazione di Benedetto XVI che dice di non aver saputo del motivo di quello spostamento, che in realtà era un insabbiamento, come del resto avveniva fino a pochissimi anni fa.
“La pedofilia nella Chiesa è un sistema” – Per Fesselmann tutta questa vicenda “dimostra solo che quello dei pedofili nella Chiesa è un sistema. È dal 2006 che denuncio il mio caso, e nel 2010 scrissi una lettera a Ratzinger, che allora era papa. Almeno servì a mandare in pensione il prete pedofilo che mi aveva molestato. Quanto alle parole di Ratzinger sul protocollo, posso solo dire questo: quando un prete viene trasferito, il vescovo viene ovviamente informato del motivo. Io penso che i preti pedofili che commettono crimini debbano essere condannati dai tribunali civili. Tutta la storia che io avevo denunciato nella mia lettera al papa è del 2010 e la Chiesa, nel frattempo, non ha fatto nulla. Per me che lo Stato tedesco dia 460 milioni ogni anno alla Chiesa, in queste condizioni, è come dare soldi a un’organizzazione criminale”. E ha concluso: “Aiuterò Andreas Schulz, un famoso avvocato che si occupa di crimini di guerra. Vuole intentare un processo contro Ratzinger e altri cardinali come Marx, Lorenz Wolf, Oberbeck per crimini contro l’umanità”.