Tutto pur di non pagare: tamponi riservati ai detenuti del carcere di Biella venivano usati dagli agenti della penitenziaria, dagli impiegati della struttura, dai parenti e dagli amici che entravano in carcere a farsi tamponare gratuitamente, evitando la farmacia o l’ospedale.

Ad aprire un’inchiesta sui “furbetti del tampone” è stata la Procura di Biella, che ha mandato ieri l’avviso di conclusione delle indagini preliminari a 51 indagati, 37 di questi appartenenti alla polizia penitenziaria. L’indagine è condotta dai carabinieri della polizia giudiziaria che sono partiti da alcuni sospetti emersi consultando i registri dei tamponi della Asl: la principale accusa per gli indagati è quella di peculato.

Ad anticiparlo sulle pagine locali è stato il quotidiano La Stampa: per andare a lavorare o per partire per una vacanza, per i parenti o per gli amici, tutto avveniva senza alcun controllo. Tra gli indagati dai carabinieri ci sarebbero anche il comandante della penitenziaria, il suo vice e la responsabile dell’infermeria del carcere, adesso sospesa dall’incarico.

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