“Basta la parola!” esclamava una volta il cavalier Tino Scotti alla fine di un celebre Carosello, dopo aver spiegato agli italiani come non confondere termini dal suono simile ma ben diversi nel significato. La parola che “bastava” era quella del prodotto reclamizzato dal Carosello, il noto lassativo Falqui. Il fatto era che una parola come lassativo in tv non si poteva dire, ritenuta troppo esplicita, un po’ volgare. I tempi erano quelli.

Ora che in tv si possono dire cose ben più imbarazzanti di un banale lassativo, c’è un’altra parola che suscita scandalo e reazioni indignate: è “giornaloni”. Me ne sono accorto l’altra sera seguendo come sempre l’ottimo talk Otto e mezzo condotto da Lilli Gruber. A pronunciare la parola proibita è stato Giuseppe Conte. Opponendosi all’interpretazione di Giannini secondo cui “i 5 stelle non toccano palla in parlamento”, ha ricordato che la felice e celebratissima soluzione del Mattarella bis è stata promossa proprio dai 5 stelle, mentre non era né appoggiata né prevista dai “giornaloni”.

Apriti cielo! E’ bastata la parola per far balzare sulla sedia, infastiditi, Giannini e Gruber, la quale ha espresso il suo disappunto con un rimprovero che mi ha sempre colpito per la sua gentile durezza: “Ma per favore, questo non è da Lei!”, tanto da indurre Conte a tradurre con un po’ di ironia il termine in “i maggiori organi di informazione”.

Insomma, dire ”giornaloni” in tv non è bello, è inopportuno, forse un po’ volgare, come parlare di lassativo nell’atmosfera gioiosa di Carosello. Ora, come è noto a chi ha studiato bene l’italiano, “giornaloni” non è neppure un dispregiativo ma un semplice accrescitivo. Fa riferimento alla grandezza dell’oggetto in questione. Una grandezza che non riguarda certo il formato cartaceo che tutti hanno rimpicciolito né il numero di copie vendute, in generale diminuzione, ma evidentemente le dimensioni economiche dell’impresa a cui a cui le testate appartengono e la quantità di uomini e mezzi di cui dispongono.

Il che non implica affatto un giudizio negativo, un disprezzo per la loro struttura aziendale né tanto meno per la qualità e la libertà del lavoro dei giornalisti che vi operano. Non ci sarebbe alcun motivo di risentirsi – a meno che qualcuno non abbia la coda di paglia.

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