La pandemia che dura oramai da due anni offre vari spunti di riflessione che riguardano in sostanza il rapporto tra tutela della salute, diritti dei singoli e della collettività e ruolo della scienza. Una serie di interrogativi si appuntano, anzitutto, sul ruolo dei vaccini, a proposito dei quali sembra che essi costituiscano oggi un mezzo indispensabile, anche se non l’unico, per affrontare in modo efficace la pandemia da Covid, limitando in modo sostanziale le più gravi manifestazioni del virus. Importanti voci scientifiche chiamano tuttavia in causa il limite di tali mezzi e la temporaneità della protezione da essi offerti. Più in generale occorre dire che la mentalità critica è conditio sine qua non di ogni pensiero che si voglia dire effettivamente scientifico.
In tale contesto occorre riconoscere che l’atteggiamento dei cosiddetti no vax trae alcune delle sue motivazioni dal contesto fortemente criticabile nel quale, a livello nazionale e internazionale, si sta procedendo da ormai quasi due anni per dare una risposta alla pandemia, soprattutto nell’Occidente capitalistico.
In primo luogo occorre sottolineare come gli stati occidentali, tra i quali il nostro, si siano in sostanza affidati all’industria privata, cui hanno delegato la ricerca e la produzione dei vaccini, erogandole notevoli sovvenzioni e consentendole l’accumulazione di enormi profitti. Se in una prima fase l’emergenza potrebbe avere giustificato in certa misura tale affidamento, oggi, a quasi due anni dall’inizio della pandemia, occorre cambiare decisamente rotta, subordinando aspettative, interessi e visioni del privato, per definizione autoreferenziale, a quello pubblico. In altri termini è venuto il momento di sottrarre a Big Pharma il potere decisionale in ordine alle strategie da adottare per contrastare il virus mediante ogni mezzo necessario, compresi ovviamente i vaccini.
La seconda criticità che si è manifestata riguarda l’insufficiente sviluppo della cooperazione internazionale in materia. Anche qui il ruolo degli interessi privati è stato chiaramente di ostacolo. Basti citare la vicenda dei brevetti a cui difesa si sono arroccate le potenze occidentali, quali soprattutto l’Unione europea ma anche, sia pure in misura paradossalmente minore, gli Stati Uniti. Ma un ulteriore ostacolo è stato costituito dall’uso della pandemia come strumento per giustificare la dominazione geopolitica. A questo secondo aspetto sono riconducibili ad esempio il ritardo dell’Oms nell’approvazione dei vaccini cubani, che costituiscono invece un grande successo, incontestabilmente dimostrato dai risultati delle ampie campagne di vaccinazione svoltesi a Cuba.
Dovrebbero costituire un esempio e un punto di riferimento per il resto del mondo, a partire dai paesi poveri ancora sprovvisti di idonea copertura vaccinale ma per includere anche paesi, come il nostro, ricchi economicamente ma assoggettati al giogo delle multinazionali. Più in generale, gli interessi di potere, e soprattutto quelli della potenza statunitense in rapido declino, hanno purtroppo costituito una remora al dispiegamento della necessaria cooperazione internazionale nel campo della ricerca scientifica in materia e in quello del concreto allestimento dei presidi sanitari, si tratti di vaccini o di mezzi terapeutici.
Come abbiamo scritto in un appello che stiamo facendo circolare con altri colleghi impegnati nel mondo della ricerca, “la sfida della pandemia Covid può essere vinta ma solo apportando le modifiche necessarie a rendere le nostre società e le nostre economie effettivamente resilienti, nella piena consapevolezza che solo una cooperazione a 360 gradi tra tutti gli Stati potrà debellare il tremendo flagello”. E’ inoltre necessario garantire la massima trasparenza dei risultati delle ricerche e delle somministrazioni di vaccini e medicinali raccolti che emergono dalle sperimentazioni cliniche.
Occorre inoltre rilanciare ai massimi livelli la cooperazione scientifica e sanitaria tra Italia e Cuba, verificando la possibilità di avviare al più presto la produzione in Italia del vaccino cubano Soberana, che ha dato ottimi risultati a Cuba e in altri Paesi del mondo, come attestato tra l’altro da un recente servizio informativo della rubrica televisiva Report. Al riguardo è già in atto da tempo un’importante cooperazione, relativa per il momento alla sperimentazione clinica, tra Cuba e autorità sanitarie torinesi, in particolare l’ospedale “Amedeo di Savoia”. Ma è necessario a questo punto ampliare e rilanciare la cooperazione tra Italia e Cuba a livello nazionale e non è ammissibile che le scelte del nostro paese su questioni di primordiale importanza quali la tutela della salute di tutti coloro che vivono sul territorio italiano siano condizionate da vincoli di fedeltà atlantica o simili bassi interessi di natura geopolitica.
In questo come altri campi il punto di vista da affermare deve essere quello dell’umanità nel suo complesso. Un’elementare verità da affermare oggi contro venti e maree, sovrastando l’eco sinistra dei tamburi di guerra che proviene dalle terre ucraine, con l’affermazione delle ragioni della pace e della cooperazione internazionale.