Il Consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità la riforma del Consiglio superiore della magistratura e della legge sull’ordinamento giudiziario, la terza del “pacchetto giustizia” dopo quelle del processo civile e penale. Il nodo centrale da sciogliere era la norma sulle cosiddette “porte girevoli“, cioè il ritorno alle funzioni giudiziarie dei magistrati che entrano in politica: la soluzione definitiva è addirittura più stringente di quella del ddl Bonafede, il testo base a firma dell’ex ministro grillino in discussione alla Camera dal 2020. “I magistrati che hanno ricoperto cariche elettive di qualunque tipo o incarichi di governo (nazionale, regionale o locale) al termine del mandato, non possono più tornare a svolgere alcuna funzione giurisdizionale”, si legge. Ieri sia Movimento 5 Stelle che Lega e Forza Italia avevano chiesto che restasse in vigore l’impianto del testo base, mentre nelle indiscrezioni diffuse nei giorni scorsi il divieto non valeva per chi ricopre incarichi politici ma non elettivi, come ministri, sottosegretari e assessori.
“La riforma del Csm portata in Cdm ritorna al testo dell’ex ministro Bonafede e contiene quel fondamentale principio che abbiamo sempre sostenuto: lo stop alle porte girevoli fra politica e magistratura senza eccezioni. Esamineremo il testo in Parlamento, con l’auspicio di approvarla definitivamente prima del rinnovo delle cariche al Csm, ma intanto possiamo dirci soddisfatti”, esultano fonti M5S. E lo stesso Bonafede scrive sui social: “Tanto lavoro continua a dare i suoi frutti. A un anno e mezzo dall’approvazione della riforma del Csm nel Governo Conte 2, oggi il governo conferma il blocco definitivo delle ”porte girevoli” tra magistratura e politica: il magistrato che entra in politica non può più tornare alle funzioni giurisdizionali. È una svolta storica. Adesso tocca al Parlamento”.
“È stata una discussione ricchissima e anche molto condivisa grazie alle numerose interlocuzioni con le forze politiche”, ha detto il premier Draghi in conferenza stampa insieme alla ministra della Giustizia Marta Cartabia. “Era necessario approvare la riforma in tempo utile per le prossime elezioni del Csm (in programma a luglio, ndr). C’è stato l’impegno corale di tutti i ministri a sostenere con i propri partiti la legge in Parlamento, senza bisogno di porre la fiducia. È stato possibile modificare marginalmente il testo su un punto su cui c’era l’accordo da parte di tutti”, ha detto. Secondo Cartabia, la riforma “era ineludibile per la scadenza del Csm attualmente in carica, ma anche per stare a fianco della magistratura nel percorso di recupero della fiducia e della credibilità, su cui ancora pochi giorni fa il presidente della Repubblica ha insistito nel proprio messaggio alle Camere. Era dovuta ai tantissimi magistrati che lavorano silenziosamente ogni giorno e lo dobbiamo ai cittadini, che hanno diritto a recuperare la piena fiducia nei loro confronti. Norme più adeguate e più rigorose possono sostenere la magistratura in questo percorso”.
Anche Forza Italia rivendica lo stop alle porte girevoli come una vittoria: “Abbiamo ottenuto il no alle porte girevoli esteso anche a ministri, sottosegretari e assessori, una stretta sui fuori ruolo e il voto degli avvocati sugli avanzamenti di carriera dei magistrati”, fanno sapere fonti azzurre. Secondo le ricostruzioni, la delegazione azzurra è arrivata nella sala del Mappamondo a Cdm iniziato. Poco prima i ministri hanno partecipato a una riunione nella sede del partito con il coordinatore nazionale Antonio Tajani, che aveva sentito al telefono Silvio Berlusconi (ad Arcore) per confrontarsi con lui sulle richieste di modifica al testo di riforma in materia di giustizia. La seduta è iniziata con quasi tre ore di ritardo dopo che i partiti hanno espresso perplessità e resistenze, chiedendo più tempo per la discussione sul testo. Dopo un vertice tecnico di preconsiglio, la situazione si è sbloccata durante la riunione convocata dal premier Mario Draghi con la ministra Marta Cartabia, i capidelegazione delle forze di maggioranza e il capo di gabinetto Antonio Funiciello. Intorno alle 13 si è quindi riunito il Cdm e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli ha chiesto di non partecipare ai lavori per “sensibilità istituzionale”, anche se le nuove regole non avranno valore retroattivo: come ricostruito dal Fatto Quotidiano, infatti, il braccio destro del premier resta consigliere di Stato (cioè magistrato amministrativo) seppur fuori ruolo.
Le norme sulle porte girevoli (per politici e tecnici)
“I magistrati che hanno ricoperto cariche elettive di qualunque tipo o incarichi di governo (nazionale, regionale o locale) al termine del mandato, non possono più tornare a svolgere alcuna funzione giurisdizionale“, si legge nel testo diffuso dal ministero. “I magistrati ordinari vengono collocati fuori ruolo presso il ministero di appartenenza. I magistrati amministrativi e contabili vengono collocati fuori ruolo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri o l’Avvocatura dello Stato. Resta la possibilità di assumere altri incarichi fuori ruolo presso altre amministrazioni e di assumere funzioni non giurisdizionali presso le sezioni consultive del Consiglio di Stato, le sezioni di controllo della Corte dei Conti e l’Ufficio del massimario della Corte di Cassazione”. Per i magistrati che hanno svolto incarichi apicali presso i ministeri, la Presidenza del Consiglio, i Consigli o le giunte regionali – capi di gabinetto, segretari generali o capi dipartimento – è invece fissato un “periodo di raffreddamento” pari a tre anni da passare svolgendo “attività non direttamente giurisdizionali, né giudicanti né requirenti, che saranno individuate dai rispettivi organi di autogoverno”. Nel testo Bonafede sul punto si prevedeva soltanto che i magistrati, dopo il rientro, non potessero accedere a incarichi direttivi per un periodo di due anni.
Stop al cumulo di cariche: mai più “casi Maresca”
Nella riforma c’è il “divieto di esercitare in contemporanea funzioni giurisdizionali e ricoprire incarichi elettivi e governativi, come invece possibile oggi”. Un’esigenza che ha messo d’accordo tutte le forze politiche per evitare il ripetersi di casi come quello di Catello Maresca, consigliere comunale a Napoli (dopo la sconfitta nella corsa a sindaco) e in contemporanea giudice di Corte d’Appello a Campobasso. Il divieto, spiegano dal ministero, “vale sia per cariche elettive nazionali e locali, sia per gli incarichi di governo nazionali/regionali e locali”. È previsto l’obbligo di collocarsi in aspettativa senza assegni per l’assunzione dell’incarico, mentre oggi – almeno in alcuni casi – è possibile il cumulo di indennità con stipendio del magistrato.
Le regole sulle candidature
All’atto dell’accettazione di una candidatura politica i magistrati devono essere posti in aspettativa senza assegni, obbligatoria per l’intero periodo di svolgimento del mandato, con diritto alla conservazione del posto e computo a soli fini pensionistici del periodo trascorso in aspettativa. Sarà anche vietato candidarsi nelle regioni in cui, nei tre anni precedenti alle elezioni, si sono esercitate le funzioni. Per chi si candida ma non viene eletto, lo stop al rientro nei tribunali durerà tre anni.
Il sistema elettorale per i membri togati del Csm
Nella riforma viene rivisto anche il sistema di elezione dei membri togati del Csm, cioè quelli scelti dalla magistratura nelle proprie file. Si prevede “un sistema elettorale misto, basato su collegi binominali, che eleggono cioè ciascuno due componenti del Csm”, ma con “una distribuzione proporzionale di cinque seggi a livello nazionale. Non sono previste liste, ma candidature individuali”. I componenti del Csm tornano, come in passato, a trenta: venti togati (dai 16 attuali) e dieci laici (dagli 8 attuali). Inoltre “nel sistema elettorale misto previsto per il Csm trova spazio anche il sorteggio. Servirà ad assicurare che in ogni collegio binominale sia raggiunto il minimo previsto di 6 candidati e per riequilibrare le candidature del genere meno rappresentato”. L’ipotesi dei collegi binominali era stata criticata da molti addetti ai lavori: secondo i consiglieri Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo “sarebbe il trionfo del correntismo e del bipolarismo, che provocherà ulteriori spaccature e conflitti“. Al progetto di riforma è contraria anche la grande maggioranza delle toghe, che in un referendum interno convocato dall’Associazione nazionale magistrati ha espresso la preferenza per un sistema di tipo proporzionale (che ha ottenuto 3189 voti contro i 745 per il maggioritario).
Riduzione dei magistrati fuori ruolo
Viene poi introdotta una stretta sui magistrati fuori ruolo, quelli cioè distaccati nei ministeri o nelle istituzioni. La bozza della riforma del Csm prevede la riduzione del numero massimo, oggi fissato in 200. Saranno i decreti attuativi a stabilire il nuovo tetto. La durata massima del collocamento fuori ruolo è fissata in 10 anni, così come si richiedono 10 anni di effettivo esercizio delle funzioni giurisdizionali prima di poter chiedere di essere “prestati” a ministeri e istituzioni.
Stop alle nomine a pacchetto
Per l’assegnazione incarichi direttivi da parte del Consiglio superiore della magistratura la bozza di riforma prevede la pubblicità degli atti (sul sito intranet del Csm, nel rispetto dei dati sensibili); definizione dei procedimenti, per l’assegnazione degli incarichi direttivi, in base all’ordine temporale di vacanza, salvo deroghe per gravi e giustificati motivi e ad eccezione dei posti di primo presidente e procuratore generale della Cassazione, di carattere prioritario. L’obiettivo dell’intervento è quello di impedire le nomine “a pacchetto“, cioè calendarizzate insieme per favorire gli scambi tra correnti. Previsti anche la selezione di una rosa di candidati sulla base dei curricula seguita da una audizione obbligatoria dei candidati selezionati; il diritto di voto per avvocatura nei consigli giudiziari sulla base di una delibera del consiglio dell’ordine; l’obbligo di partecipazione a specifici corsi organizzati dalla Scuola Superiore della Magistratura, della durata minima di tre settimane anche non consecutive, quale requisito per l’ammissione alla procedura funzionale all’acquisizione di competente organizzative; l’individuazione di un contenuto minimo di criteri di valutazione, per verificare tra l’altro anche le capacità organizzative. L’anzianità sarà considerata un criterio residuale, e si introduce la valorizzazione delle pari opportunità a parità di merito.
Incompatibilità tra sezioni disciplinari e alcune commissioni
Incompatibilità, per i membri effettivi della sezione disciplinare, a partecipare alle commissioni I, III, IV e V, quelle che decidono su incarichi direttivi e semidirettivi, trasferimenti di ufficio e valutazioni di professionalità. Prevista la conferma dell’attribuzione al presidente della Repubblica, quale presidente del Csm, su proposta del Comitato di Presidenza, della formazione delle commissioni previste dalla legge. Ogni commissione resta in carica due anni. Per segreteria e ufficio studi: apertura alla composizione di componenti esterni (avvocati, professori universitari, dirigenti amministrativi) previo superamento di un concorso. Al momento, sono composti solo da magistrati.
Voto avvocati sulla professionalità dei giudici
La bozza di riforma introduce anche il voto degli avvocati nei consigli giudiziari sulle valutazioni di professionalità dei magistrati ma solo in un caso: quando cioè il Consiglio dell’Ordine abbia fatto una segnalazione formale di comportamenti scorretti da parte del magistrato che si deve valutare. In questi casi il voto degli avvocati presenti nei Consigli giudiziari sarà unitario. Dalle valutazioni di professionalità dipendono gli avanzamenti di carriera dei magistrati. E oggi l’ esito può essere solo positivo o negativo. La bozza invece introduce un giudizio articolato sulla capacità di organizzazione del lavoro, che in caso positivo potrà essere discreto, buono o ottimo. Nell’esame del magistrato si valorizzerà la “tenuta dei provvedimenti giurisdizionali”, con l’acquisizione a campione della documentazione necessaria per accertare l’esito dei procedimenti nelle successive fasi di giudizio.