Il collegio, presieduto da Alessandra Clemente, ha ratificato il patteggiamento, concordato tra accusa e difesa, stabilendo per l'imputato anche l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni e il risarcimento per le spese legali per decine di parti civili
Arriva la prima sentenza nel processo per il disastro ferroviario di Pioltello, nel Milanese, nel quale il 25 gennaio 2018 morirono 3 persone e un centinaio rimasero ferite a seguito del deragliamento di un treno regionale della tratta Cremona-Milano Porta Garibaldi. Davanti alla quinta sezione penale di Milano ha patteggiato 4 anni di pena Ernesto Salvatore, allora responsabile del Nucleo Manutentivo Lavori di Treviglio di Rete ferroviaria italiana, tra i 10 imputati per disastro ferroviario colposo, omicidio colposo, lesioni colpose e solo per alcuni “rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro”. Il processo per gli altri prosegue il 22 febbraio.
Il collegio, presieduto da Alessandra Clemente, ha ratificato il patteggiamento, concordato tra accusa e difesa, riconoscendo all’imputato le attenuanti generiche, perché incensurato, equivalenti alle aggravanti e stabilendo per lui (presente in aula) anche l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. E il risarcimento per le spese legali per decine di parti civili. Una precedente proposta di patteggiamento a 3 anni e mezzo per Salvatore era stata respinta, per incongruità della pena, dal giudice per l’udienza preliminare Anna Magelli.
Per gli altri imputati, tra cui, oltre a Rfi anche responsabile civile, figurano l’ex ad Maurizio Gentile, ora commissario straordinario per la messa in sicurezza della A24 e A25, e altri ex dirigenti, dipendenti e tecnici, il processo, scaturito dall’inchiesta dei pm Maura Ripamonti e Leonardo Lesti, proseguirà il 22 febbraio sempre davanti alla quinta penale, presieduta da Luisa Savoia. Per la Procura quello di Pioltello fu un incidente causato da una lunga serie di “omissioni” nella “manutenzione” e nella “sicurezza”, messe in atto solo per risparmiare.
Già la maxi relazione dei consulenti dei pm aveva stabilito che si verificò a causa dello “spezzone di rotaia” di 23 centimetri che si fratturò nel cosiddetto “punto zero”, all’altezza di un giunto deteriorato, per “un danneggiamento ciclico irreversibile generato da condizioni di insufficiente manutenzione”. Come risulta dagli atti, i dirigenti di Rfi non avrebbero messo “a disposizione dei lavoratori di Trenord srl e di tutti i viaggiatori dei treni” di quella linea “attrezzature idonee ai fini della sicurezza”, senza garantire così “che l’infrastruttura fosse mantenuta in buono stato di efficienza per la sicura circolazione”.