di Enzo Marzo

Devo per correttezza una confessione ai lettori. Più trascorre il tempo e più mi scopro nostalgico. Non si scandalizzino: la parola è demonizzata, anche a me fa una certa fatica scriverla. Però si tranquillizzino: la mia non è certo nostalgia per quel regime criminale che fu il fascismo, anzi proprio non capisco come ci si possa provare a darne una versione edulcorata senza precipitare nella vergogna (“però ha fatto anche cose buone”, vedi Tajani, da presidente del Parlamento europeo). Perché il fascismo è stato dittatura, assassinio – ripeto: assassinio – carcere esilio confinamento deportazione degli avversari politici, fine d’ogni libertà, disonore massimo e imperituro della nostra civiltà grazie alle leggi razziali e all’effettiva viltà del popolo italiano acquiescente. E infine è stato la spinta dell’intero paese nel precipizio avendone legato i destini a un alleato infame.

La mia non è neppure nostalgia per buona parte della Prima repubblica, quando lo Stato quasi si sdoppiò rendendo la nostra democrazia sempre più opaca e vuota forma. Ma allora nostalgia di che? (…)

Nostalgia del rigore intellettuale di maestri di ogni tendenza, ridotti ora a “prodigi” lontani, perlopiù dimenticati, traditi, ininfluenti, sostituiti da una generalizzata prostituzione intellettuale, dedita all’esibizione da avanspettacolo e al volteggiare trasformistico secondo come muta il potere. (…)

Nostalgia della Politica legata a idee di rinnovamento o di conservazione, frutto di culture politiche e di interessi legittimi, progetti anche aspramente conflittuali, condizionati da valori e da idealità. La politica – come è stato detto – è anche “sangue e merda” in cui sguazza la “corte di nani e ballerine”, oggi però appare soltanto “merda” e “corte di nani e ballerine”. E tanta demagogia. (…)

Nostalgia delle distinzioni. Soprattutto in politica. I cittadini, e non solo quelli giovani, vengono truffati da chi cancella del tutto la lunga storia delle dottrine politiche e, nella confusione generale, cucina una minestra indigeribile che spaccia come “liberale” tutto e il contrario di tutto. E quindi distrugge il liberalismo. Oggi si dichiarano “liberali” gli ultrà liberisti, i socialisti di Arcore, i democristiani di lungo corso, i leghisti del Papeete, i fascisti in doppiopetto, i conservatori, i clericali, i liberaloidi berlusconiani, i tatarelliani post missini, i moderati di ogni specie, i qualunquisti, i professori scalatori di cattedre, gli editorialisti tanto al pezzo, e via dicendo. Vien voglia irresistibile di riprendere il vecchio motto gobettiano: “Che ho a che fare io con gli schiavi?”. E non dichiararsi più liberali, se non superato il confine di Chiasso. (…)

Nostalgia del partito politico. In Italia siamo sempre stati cattivi utilizzatori di quest’unico strumento di partecipazione politica e di collegamento tra il singolo cittadino e le istituzioni. Non ne conosco altri, credo che non ci siano. Esperimenti che sono stati fatti sono falliti perché solo demagogici e truffaldini. Anche qui abbiamo violato la Costituzione non applicandola. Ho nostalgia del partito politico che fa riferimento al territorio, che è canale di educazione delle masse, che ascolta la società civile perché ci sta dentro, che si riunisce ogni anno per discutere la linea politica, si divide in mozioni contrapposte, addirittura elegge gli organi dirigenti. Pubblicamente, trasparentemente.

Certo, le distorsioni sono state evidenti e numerose. La tentazione di farsi Stato si è notata, di farsi solo strumento di potere anche, ma la degenerazione attualmente è avvilente, nonché sfacciatamente antidemocratica. Il Segretario è stato sostituito dal Capo, i gruppi dirigenti dai “cerchi magici”, le maggioranze da schiere di devoti che sospirano la “nomina” dall’alto, i congressi (quando va bene) da primarie senza controllo o da “convention” del Capo. Le “correnti” sono diventate tribù autoreferenziali, sovente portatrici di politiche più simili a quelle dei partiti avversi. I “cespugli” non son altro che bande che hanno “rubato” le loro poltrone a questa o a quella lista in cui si sono fatte eleggere per mettersi poi a disposizione di qualche Avventuriero che le porta a passeggio qua e là nelle aule parlamentari. (…)

Nostalgia della Sinistra e della Destra. (…) Così dalla fine catastrofica della sinistra marxista, che per un “breve” secolo ha preteso di monopolizzare la categoria “sinistra”, è potuto nascere un vero mostro, la “Sinistra di destra” che, appunto, ha fatto sue le politiche economiche e persino i valori propri della Destra. (…) Sono nostalgico (…) ancor di più di una Sinistra liberale, moderna, individualista ed egualitaria che affonda le sue radici nel valore della libertà, nel valore del conflitto, del movimento, del pluralismo, dello spirito critico.

Nostalgia del “posto fisso”. Nello scorso dicembre l’80% dell’aumento occupazionale è dovuto a contratti a termine. Intere generazioni sono maciullate dalla precarietà e quindi non hanno un futuro, né possono pensare a una famiglia (solo un Papa ipocrita e futile può predicare che non si fanno figli perché si amano di più cani e gatti), a una casa, a una vecchiaia non miseranda.

Nostalgia di un’informazione libera e autorevole. Va bene, avete ragione, non posso davvero rimpiangere il sistema informatico della precedente generazione. Quella di “Comprati e venduti” di Pansa. E a maggior ragione proprio io che ho fatto indigestione di editori assai impuri, di direttori con la schiena genuflessa, di giornalisti col grembiulino massonico, di politici vanitosi e invadenti. Ma ora il disastro è strutturale (…).

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