A tre mesi dall'appello lanciato a Mario Draghi durante l'assemblea di Parma, il presidente Decaro torna a suonare l'allarme. Sullo sfondo c'è la polemica Nord-Sud rilanciata dal botta e risposta tra Beppe Sala e la ministra del Mezzogiorno Carfagna. Il vincolo di destinazione del 40% delle risorse alle Regioni del Sud sta creando una serie di problemi e paradossi segnalati in un rapporto dell'Ufficio parlamentare di bilancio
Nell’anno che prevede un record di 100 obiettivi e target da rispettare, la strada per l’attuazione del Recovery plan è in salita. A preoccupare non è lo stato di avanzamento dei progetti in mano ai ministeri, ma la “messa a terra” che in molti casi passa per il coinvolgimento degli enti locali. “Noi abbiamo la certezza che i soldi non riusciremo a spenderli tutti entro il 2026, con queste procedure. Servono ulteriori semplificazioni, è inutile prenderci in giro”, ha scandito parlando su Rai3 Antonio Decaro, presidente dell’Associazione nazionale dei comuni italiani, a tre mesi dall’appello lanciato a Mario Draghi durante l’assemblea di Parma torna a suonare l’allarme sul rischio flop del Recovery plan. Non che da allora non sia stato fatto nulla per venire in aiuto agli enti, visto che a dicembre è stato siglato l’accordo sulle assunzioni a termine di professionisti ed esperti. Ma gli iter attuativi restano evidentemente troppo lenti: non a caso il governo sta mettendo a punto un terzo decreto Semplificazioni per accelerare. Sullo sfondo c’è la polemica Nord-Sud rilanciata dal botta e risposta tra il sindaco di Milano Beppe Sala e la ministra del Mezzogiorno Mara Carfagna. Al di là degli interessi di parte, il vincolo di destinazione del 40% delle risorse di ogni bando alle Regioni del Sud sta creando una serie di paradossi segnalati di recente in un rapporto dell‘Ufficio parlamentare di bilancio: a seconda del metodo utilizzato si oscilla tra il rischio di finanziare progetti traballanti e quello di non raggiungere gli obiettivi finali promessi a Bruxelles.
Per Decaro “il tema non è nemmeno Nord-Sud perché ci sono differenze territoriali anche con i Comuni piccoli del Centro Italia, le cosiddette aree interne, con i Comuni montani del Piemonte…”. E se “l’impegno nostro deve essere quello di spendere le risorse il più possibile”, nell’anno che prevede un record di 100 obiettivi e target da rispettare ancora non ci siamo. Nei giorni scorsi, in contemporanea con il fuori onda Sala-Fontana, la Conferenza delle Regioni in audizione ha espresso preoccupazione lamentando il mancato coinvolgimento nell’istruttoria su bandi e piani operativi. La Cabina di regia prevista dalla governance del piano è stata convocata soltanto una volta e a fine dicembre e senza “un’adeguata informazione preventiva sui temi all’ordine del giorno e una condivisione della relazione presentata”. Senza condivisione, è il timore, “si potrebbero generare non solo rischi di mancato raggiungimento dei target di spesa, ma anche indesiderabili effetti di traslazione verso l’esterno dei territori e del Paese dell’impatto economico dello straordinario incremento di domanda pubblica per investimenti”.
Giovedì è stata annunciata la creazione di un ennesimo tavolo di lavoro coordinato dal Dipartimento della Funzione pubblica e da quello degli Affari regionali e le Autonomie, con rappresentanti di Regioni, Province e Comuni, per “monitorare attentamente le modalità di funzionamento degli strumenti introdotti a sostegno degli enti locali, l’efficacia della loro attuazione e le eventuali ulteriori necessità che dovessero emergere sui territori”. Il presidente Anci ha apprezzato perché in questo modo, ha detto, “potremo affrontare e risolvere i problemi che riscontreremo, in particolare rispetto al tema delle assunzioni necessarie nella fase esecutiva dei progetti”.
E di problemi ce ne sono già diversi, come dimostra la preoccupazione del sindaco di Roma Roberto Gualtieri secondo cui “il paradosso è che le nuove figure arrivano dopo, mentre è adesso il momento in cui si devono fare i progetti”. E la stessa ministra Carfagna ha ammesso di essere “la prima ad essere preoccupata” che la clausola del 40% degli investimenti del Pnrr destinati al Mezzogiorno “non resti sulla carta. Averla rivendicata e averla ottenuta è stato sicuramente un successo ma anche un’assunzione di responsabilità che impone al Ministero per il Sud un’azione di monitoraggio e di affiancamento costante, ma impone anche da parte di tutte le Amministrazioni titolari di interventi l’impegno a rispettare questa clausola e a non eluderla“.