Ayedi è morto a novembre scorso dopo aver aspettato per 4 ore un’ambulanza. Viveva in strada. In tutto, dall’inizio dell’inverno a Roma, si sono registrati una decina di decessi per freddo tra i senza fissa dimora: un numero inferiore rispetto agli scorsi anni, complici anche le temperature meno rigide e l’inverno che non è ancora finito. Per lo più si tratta di stranieri: un 30enne nordafricano a Termini, un 52enne polacco sotto un cavalcavia alla Laurentina, un 53enne romeno in un parco.
I posti per l’accoglienza offerti dai servizi comunali nella Capitale sono poco più di 400, erano 95 fino a qualche mese fa. Un salto in avanti, ma comunque insufficiente a fronte di una stima di circa 16mila persone senza fissa dimora. Sono quasi il doppio gli homeless, infatti, rispetto a quanto ipotizzato dall’Istat nel 2015, anno dell’ultima rilevazione, quando né Roma né il mondo conoscevano il Covid e la crisi economica che ne è derivata. I 16mila che vivono ai bordi delle strade, nei sottopassi delle stazioni, in accampamenti informali sotto i cavalcavia di periferia ma anche negli anfratti delle mura nel centro storico della città spesso vengono chiamati “gli invisibili”. Non lo sono davvero, però, agli occhi di turisti e passanti, così per ripristinare il decoro in aree di pregio e di passaggio, come le stazioni e le grandi piazze, vengono allontanati con misure “repressive e che non risolvono”, afferma la presidente della commissione Politiche sociali del Campidoglio, Nella Converti del Pd, che ha raccolto la denuncia dell’associazione Nonna Roma.
IL RAPPORTO – Nel rapporto Rhomeless di Nonna Roma, che fotografa lo stato della povertà nella Capitale, i numeri e i metodi sono chiari. Si va dal getto d’acqua sull’asfalto alla sera, in piazza dei Cinquecento davanti alla stazione Termini, che impedisce a chi non ha una casa di accamparsi in strada, alle reti metalliche di protezione: ne è spuntata una attorno alle mura a Castro Pretorio, a pochi chilometri da Termini. Ma soprattutto ci sono i Daspo, i divieti di avvicinamento comminati dalla polizia locale come previsto dal regolamento vigente.
Alla stazione Termini c’è un uomo bengalese che sui Daspo detiene il primato: 187 in un anno. In tutto il territorio, da febbraio 2017 a oggi, sono stati comminati 5.836 divieti a 2.536 persone senza fissa dimora, una media di più di 2,3 a testa. In pole position, però, ci sono quattro persone che in totale, insieme, hanno ricevuto 630 ordini di allontanamento, tutti nella zona della stazione Termini di Roma. E il lockdown, che ha portato chi viveva già sul confine della povertà a vivere in strada, non ha mancato di far sentire i suoi effetti: il report di Nonna Roma ha conteggiato, incrociando più fonti, 320 Daspo ai danni di 103 homeless nei mesi più duri delle restrizioni. “Criminalizzare la povertà e la fragilità sociale non porta a nulla. È ovvio che le persone non devono dormire per strada, non vogliamo che dormano in strada, ma dobbiamo trovare soluzioni che siano durature e che le portino dall’essere escluse a essere incluse nella società: le multe e i getti d’acqua non risolvono il problema”, spiega Converti.
Tra l’altro, ironia della sorte, la maggior parte dei senza fissa dimora sta nell’area del Municipio I, quello che abbraccia il prestigioso centro storico, forse anche per la presenza di noti spazi d’accoglienza come quelli della Caritas e della Comunità di Sant’Egidio. Subito dietro, per numero di presenze, ci sono i territori del Municipio II, che da Porta Pia si estende fino a San Lorenzo e ai Parioli, e del Municipio XIII, che confina con piazza San Pietro e il Vaticano e arriva fino a Boccea e Casalotti. Questo lo scenario registrato nel 2014 e che oggi, per numero di accessi ai servizi sociali, appare più o meno lo stesso.
L’associazione Nonna Roma ha chiesto a Palazzo Senatorio di “modificare il regolamento della polizia urbana e di superare l’idea della stagionalità. La povertà non si esaurisce con la fine dell’inverno”, spiega Ilaria Manti. “Bisogna ampliare l’accoglienza, ma soprattutto il Campidoglio deve garantire agli homeless l’accesso alla residenza fittizia anche tramite le associazioni abbattendo così i tempi e permettendo a queste persone di accedere a diritti basilari, come i servizi sanitari”, aggiunge.
L’obiettivo del Campidoglio è “rafforzare la collaborazione, sia istituzionale che operativa tra servizi differenti: sociale, sanitario, politiche educative, del lavoro, abitative”, spiega l’assessora alle Politiche sociali, Barbara Funari. “Vogliamo promuovere nuove e durature alleanze tra servizi e terzo settore, che vadano oltre il singolo intervento o la singola iniziativa”, conclude.