Ambiente & Veleni

Test cosmetici sugli animali, anche Paul McCartney scende in campo contro Bruxelles

Si sono mobilitate le associazioni animaliste, i parlamentari, le persone di buona volontà dei 27 paesi Ue, marchi come The Body Shop e Dove. E oggi a sorpresa, è sceso in campo anche lui, Sir Paul McCartney, per chiedere a Bruxelles di non buttare nel cestino una legge che era il nostro vanto, l’orgoglio di una generazione: “Pensavamo che i test animali per produrre i cosmetici fossero acqua passata, ma ci siamo sbagliati” ha dichiarato l’ex Beatle a Euronews, il potente network televisivo che trasmette in 15 lingue e in Europa conta 21 milioni di followers sui social media. Per dire no, per bloccare questa deriva – che porta la firma delle principali autorità Ue – bisogna essere in tanti, almeno un milione, meglio ancora il doppio o il triplo: “Andate su savecrueltyfree.eu e firmate la petizione dei cittadini europei per mantenere il divieto di sperimentare sugli animali” è l’invito dell’ex Beatle, da molti anni testimonial della più grande e straordinaria associazione di protezione animali del mondo, la Peta.

Se Paul McCartney ha prestato la sua voce alla protesta, vuol dire che la situazione è grave. E infatti lo è: la favola bella è finita. Nell’implacabile luce artificiale degli stabulari, per un rossetto in più, per un mascara all’avanguardia, i conigli continuano a essere accecati e i topi avvelenati nel più turpe dei modi. Nel 2013 – qualcuno di voi lo ricorderà – migliaia di attivisti erano scesi nelle piazze di tutta Europa per festeggiare ciò che da oltre un decennio inseguivano: il Regolamento che metteva fine agli esperimenti animali per i cosmetici. Fu una gioia immensa. Fu un tripudio, una ubriacatura di entusiasmo: in profumeria, in farmacia, sugli scaffali dei supermercati e nelle case di noi tutti avrebbero campeggiato di lì in poi solo creme, rossetti, mascara, make up e creme solari cruelty-free. Le donne e gli uomini erano riusciti a darsi una regola semplice all’altezza dei tempi: non accecare, non torturare, non avvilire la vita – milioni di esistenze inermi – per cambiare colore ai capelli o abbronzarsi più in fretta. C’era tutto quel che serviva in quel Regolamento Cosmetici: una nuova morale e una novità politica, il fatto che l’Europa si piazzava di colpo all’avanguardia del mondo intero. La bellezza era diventata proprio bella.

Ma poi non è andata così. Di quell’euforia, adesso, nel 2022, poco o niente rimane: tra un sottinteso e l’altro, tra mezze denunce, alzate di spalle e strizzate d’occhio, la verità si è fatta strada, dietro i colori e l’abbagliante luccichio dei cosmetici emerge un mondo diverso, un inquietante lato oscuro. Quella legge del 2013 era aggirabile e quindi l’hanno aggirata. Quel divieto era fragile, e quindi ne hanno fatto carta straccia. Epperò adesso non sono (solo) gli sperimentatori, non sono (solo) le aziende produttrici a volerlo, anzi: sempre più spesso è l’Echa, l’Agenzia Europea che coordina lo studio delle sostanze chimiche in commercio, a esigere che per ogni sostanza analizzata – anche se destinata ai soli cosmetici, anche se da decenni comprovatamente innocua – vengano presi topi ratti conigli, e che si proceda nel solito modo.

Questo ‘solito modo’ di fare i test che l’Echa esige (appigliandosi a un altro Regolamento europeo, il Reach) consiste in un ventaglio di pratiche penosamente cupe e obsolete. Si traduce in studi ciascuno dei quali si potrebbe sostituire con pratiche diverse e non cruente, basate sulla biologia umana.

Nel cosiddetto “studio di tossicità riproduttiva esteso su una generazione” si comincia infilando la sostanza da testare con una sonda gastrica nell’esofago dei topi, che in quel preciso momento si avviano su un percorso mortale, un’ordalia che può durare poche ore o giorni o settimane, anche mesi: se il sondino è troppo corto la sostanza inserita finisce nei polmoni, se è troppo lungo lacera lo stomaco o l’intestino, in entrambi i casi l’animale muore. Se sopravvive, sarà costretto a ingoiare tramite sondino la sostanza chimica prescritta, ogni giorno, per dieci settimane; gli toccherà poi accoppiarsi, e se è maschio verrà soppresso mentre se è femmina porterà a termine la gravidanza (attaccata al sondino una volta al giorno), allatterà i suoi piccoli (bocca aperta e sondino tutti i giorni) e verrà quindi uccisa, lasciando che siano i nuovi nati (tutti col loro sondino quotidiano) a darle il cambio. A ogni tappa, vivi o moribondi o morti che siano, il ricercatore scrupoloso eseguirà molti esami sui topi e dentro i topi: osserverà il peso e l’aspetto dell’animale, la morfologia dell’utero e degli altri organi, la consistenza delle costole, delle urine, del sangue. Guarderà se vive o se muore o se sta a mezza via tra l’una e l’altra possibilità.

Risultato? 500-600 pagine di un report pieno di tabelle, che sarà costato la vita a 3.200 topi e fino a un milione di euro a chi lo fa eseguire. Dose massima inserita tutti i giorni? Un grammo per chilo. Si immagini ad esempio una donna che prima e durante la gravidanza, e poi anche mentre allatta sia costretta a ingoiare ogni giorno, tramite sondino, una saponetta o poco meno (65 grammi), e lo stesso trattamento sia poi riservato al suo bambino: le farà bene? Farà bene al neonato? Certo che no! Vi dirà forse se la saponetta è tossica oppure innocua oppure una via di mezzo tra i due? Neppure. Qual è allora l’utilità di studi come questo? Nessuna.

“Quello che potevamo scoprire studiando gli animali lo abbiamo imparato da tempo” spiega Costanza Rovida (Scientific Officer presso Caat, il Centro per le alternative alla sperimentazione animale della Johns Hopkins University di Baltimora, che in Europa ha sede a Costanza, in Germania). “Conosciamo alla perfezione le somiglianze macroscopiche e di funzionamento organico che ci accomunano a un topo, a un ratto, a un coniglio, a un maiale. Sappiamo poco o niente, invece, degli effetti più specifici e sottili che molte delle nuove sostanze chimiche in circolazione hanno sul nostro organismo. Non li conosciamo e mai li conosceremo se ci ostiniamo a sperimentarne gli effetti sulla fisiologia degli animali. Non siamo topi di 70 kg! L’aspirina che ha salvato milioni di vite umane, per molti animali è tossica. Lo stesso vale per le cipolle, il caffè, il cioccolato e molto altro”.

La pensa come Rovida un numero crescente di ricercatori in tutto il mondo: per scoprire se le sostanze chimiche che l’uomo immette sul mercato sono pericolose bisogna farla finita con gli esperimenti sugli animali, bisogna usare tecnologie più efficaci e sicure. Molte ci sono già e altrettante sono in via di sviluppo. Solo i nostri politici non sembrano accorgersene.

Se Bruxelles resta ancorata al vecchio sistema di credenze, abitudini, interessi costituiti; se neppure per i cosmetici riesce a scrollarsi di dosso la muffa di decenni e si rimangia la parola data; se la buona scienza non la tenta, se l’etica non fa per lei; se tace, esita, tentenna; se dorme facendosi forte del nostro silenzio, diamole la sveglia. Diciamole che noi ci siamo: cominciamo con una firma.