Cronaca

Truffa sul carburante agricolo ai danni della Regione Calabria: 11 misure cautelari, coinvolti anche tre funzionari pubblici

Nel mirino degli inquirenti è finita una società di Cirò Marina attiva nella distribuzione di carburanti che avrebbe operato con la collaborazione di tre funzionari regionali: sette di loro sono ora agli arresti domiciliari, mentre le altre persone coinvolte sono state raggiunte un’ordinanza di obbligo di firma e tre interdizioni temporanee dal pubblico ufficio

Avrebbero incassato contributi pubblici dalla Regione Calabria per fondi agricoli che in realtà non esistevano e che, nelle carte catastali, risultavano spiagge o, addirittura, la pista dell’aeroporto di Crotone.È quanto emerso dall’inchiesta, coordinata dalla Procura di Catanzaro, che ha portato a 11 ordinanze di misure cautelari e a un decreto di sequestro di beni per oltre 600mila euro. Le indagini sono state condotte dai carabinieri della sezione di polizia giudiziaria, guidati dal tenente colonnello Gerardo Lardieri, e da quelli del Nucleo Operativo Ecologico diretti dal generale Valerio Giardina.

Associazione a delinquere finalizzata alla commissione di truffe per il conseguimento di erogazioni pubbliche, per delitti di falso e di accesso abusivo ai sistemi informatici della Regione Calabria. Sono questi i reati che il procuratore Nicola Gratteri, l’aggiunto Giulia Pantano e il sostituto Francesco Bordonali contestano, a vario titolo, agli indagati. Sette di loro sono finiti agli arresti domiciliari. Tra questi c’è Roberto De Fazio, ritenuto la figura centrale dell’inchiesta e promotore dell’associazione a delinquere. Grazie ad accessi abusivi al Sian (il Sistema informatico agricolo nazionale), infatti, De Fazio avrebbe provveduto a produrre la documentazione contenente dati fittizi che poi sarebbe servita agli altri indagati per ottenere l’erogazione di gasolio agricolo da parte del Dipartimento Agricoltura e Risorse alimentari della Regione Calabria.

Il gip Paola Ciriaco ha disposto i domiciliari anche per Alessandro Bianco, Francesco Ranieri, Saverio Flotta, Mariantonia Capasso, Graziano Vulcano e Antonio De Meco. Obbligo di dimora, invece, per Giuseppe Giancotti mentre per tre dipendenti della Regione Calabria è stata disposta la sospensione dal lavoro. Si tratta di Ottone Cesario, Angelo Lonetti e Natale Pacenza. Quest’ultimo oggi è in pensione ma anche lui, secondo i carabinieri, faceva parte dell’associazione a delinquere che operava in provincia di Crotone.

Attraverso la fattiva collaborazione dei tre funzionari regionali e grazie alle false dichiarazioni che attestavano il possesso dei requisiti di legge, il sodalizio criminale riusciva a ottenere indebite percezioni di carburante agricolo a prezzo agevolato. Carburante che, quindi, era gravato da un’accisa ridotta e che, successivamente, veniva immesso sul mercato nero a prezzo chiaramente concorrenziale (circa la metà del costo standard), per scopi diversi dall’utilizzo in agricoltura. Per portare a termine la truffa, gli indagati avrebbero dichiarato di essere in possesso di mezzi agricoli che servivano per la coltivazione. Mezzi che in realtà non avevano così come era inesistente la gestione di aree agricole. Terreni che, in alcuni casi, risultavano invece di proprietà del demanio dello Stato e marittimo. Complessivamente sono 21 gli indagati nell’inchiesta nell’ambito della quale il gip ha disposto anche il sequestro della società “Kermissa carburanti di Saverio Flotta e Graziano Vulcano snc”.

Gli uomini del tenente colonnello Lardieri e del generale Giardina hanno fatto i conti con fabbricati e terreni di dimensioni ridotte rispetto a quelle dichiarate. In alcuni casi erano addirittura inesistenti, se non sulla carta, ma comunque utili agli indagati per rastrellare soldi pubblici. Il sistema era semplice: l’associazione a delinquere si appropriava indebitamente di carburante agricolo a prezzo agevolato pur non disponendo dei requisiti previsti dalla legge e con il coinvolgimento dei titolari di imprese operanti nel settore della distribuzione del carburante agricolo. Gasolio che poi finiva sui mezzi da strada. Un contributo alla truffa lo avrebbero dato anche i funzionari della Regione che, secondo gli inquirenti, avrebbero compiuto accessi abusivi al sistema “Utenti motori agricoli” dell’Arcea, l’Agenzia regionale Calabria per l’erogazione agricoltura. In questo modo, gli altri indagati riuscivano a gestire illecitamente le pratiche di assegnazione del carburante a prezzo agevolato ad aziende agricole fittizie.

Ecco quindi che la pista dell’aeroporto di Crotone, che si trova nel Comune di Isola Capo Rizzuto, risultava sulla carta coltivata a piselli. Il tutto grazie pure a una convenzione “datata 30 maggio 2019 stipulata tra l’aeroporto ‘Sant’Anna’, in persona dell’amministratore delegato dott. Michele Proto, e l’azienda agricola Ranieri Francesco”. Un accordo scritto con cui “sostanzialmente la società aeroportuale – è scritto nella richiesta di arresto – concedeva alla ditta Ranieri il servizio di sfalcio erba e la manutenzione delle aree erbose ricadenti all’interno del sedime aeroportuale”. Peccato che la Sacal, dal 2017 società di gestione dell’aeroporto, non ne sapesse nulla, e che il dottor Michele Proto sia deceduto nel 2016, tre anni prima della stipula della convenzione che gli indagati avrebbero depositato all’Agenzia delle Entrate dove hanno registrato pure falsi contratti d’affitto “attestando perfino l’utilizzo di fondi agricoli di proprietà del demanio marittimo (spiagge)”.

“In alcuni casi – scrivono i pm – sono state dichiarate superfici di terreni con estensioni superiori a quelli riportati nel catasto, nonché variazioni di destinazione d’uso degli stessi, al fine di acquisire maggiore gasolio”. “L’erogazione dei contributi, nonché del carburante, – si legge sempre nelle carte dell’inchiesta – varia in proporzione al terreno coltivato ed ai mezzi utilizzati per tale scopo. È evidente che maggiore è l’estensione dei terreni ed il numero dei mezzi agricoli, maggiore è l’erogazione del gasolio e dei contributi”. Così tutto è stato possibile agli indagati alcuni dei quali, “pur non essendo proprietari di alcun terreno e non avendo mai svolto alcuna attività nel settore agricolo” hanno dichiarato “di condurre in fitto alcuni poderi, utilizzando in molti casi falsi contratti di affitto, regolarmente registrati, senza che gli effettivi proprietari ne fossero a conoscenza”.