Pubblicato il documento del ministero per la Transizione ecologica per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, il Pitesai con cui individua le aree dove sarà possibile riavviare prospezioni ed estrazioni di idrocarburi sospendendo di fatto la moratoria del 2019. Allo studio del governo ci sarebbe un piano per aumentare le estrazioni dai giacimenti esistenti e avviarne di nuovi. Eppure sul palcoscenico internazionale l'Italia sostiene la linea che vorrebbe imporre a paesi come Cina ed India di lasciare sotto terra i combustibili fossili che posseggono nell'ambito dell'impegno per l'abbattimento delle emissioni di Co2
Ci salverà il nostro gas. Non è vero ma a governo e Confindustria piace crederlo e farlo credere. Di fronte all’impennata dei prezzi palazzo Chigi sembra voler scommettere anche sull’aumento della produzione. Che è davvero poca cosa. I giacimenti, per lo più nell’Adriatico, contengono tra i 40 e i 50 miliardi di metri cubi di gas. Altri 30 miliardi di metri cubi sono ritenuti “probabili”. Largheggiamo e ipotizziamo che si arrivi ai 90 miliardi. Estratti tutti, è quanto basta per alimentare i consumi italiani di un solo anno. È un millesimo delle riserve russe. Eppure oggi il ministero per la Transizione ecologica guidato da Roberto Cingolani ha dato via libera al Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, il Pitesai con cui individua le aree dove sarà possibile riavviare prospezioni ed estrazioni di idrocarburi sospendendo di fatto la moratoria del 2019.
In teoria viene detto che l’intento è quello di razionalizzare e concentrare le attività di estrazione su poche concessioni attive. Il via libera infatti riguarda solo le attività le cui domande sono state presentate dopo il primo gennaio del 2010 (secoli fa se si considera come è avanzato nel frattempo il dibattito sui cambiamenti climatici). Troppo poco attente ai criteri ambientali – è questa la considerazione fatta a monte della decisione – quelle antecedenti. Scopo del piano infatti, viene precisato, è individuare “un quadro di riferimento delle aree, a terra e a mare, ove è consentito lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, stabilendone la “compatibilità” con il territorio interessato, “secondo valutazioni di sostenibilità ambientale, sociale ed economica”. Non è un caso che Confindustria legga il piano come un intralcio più che come un assist.
Vale però la pena ricordare che sul palcoscenico internazionale l’Italia sostiene la linea che vorrebbe imporre a paesi come Cina ed India di lasciare sotto terra i combustibili fossili che posseggono nell’ambito dell’impegno per l’abbattimento delle emissioni di Co2. Insomma “voi non potete ma noi sì”. Forse perché il nostro gas è così poco che non se ne accorge nessuno. “Lo stop alla moratoria delle trivellazioni in mare è un passo avanti, ma non basta. A breve, se vogliamo aumentare la produzione, saremo costretti a fare un nuovo provvedimento”, ha commentato il sindaco di Ravenna Michele De Pascale. Ravenna si batte da anni per riprendere le estrazioni: la città e il suo porto sono l’hub per il giacimento dell’Alto Adriatico, che si estende dal Veneto all’Abruzzo e che da solo vale ben oltre la metà del metano estratto in Italia.
Tre giorni fa Roberto Mazzoncini il presidente di A2a, uno dei principali operatori energetici del paese, lo ha spiegato al Parlamento. Aumentare l’estrazione non avrà alcun effetto sulle bollette poiché il gas è comunque poco e viene immesso sul mercato internazionale. Le attuali quotazioni di mercato insomma assicurerebbero grandi profitti per chi nei giacimenti italiani già opera, anche grazie ad un costo delle concessioni irrisorio. Per i cittadini e le imprese non cambierebbe nulla. Bene inteso di gas ce n’è tanto più o meno dappertutto. Ma in alcuni casi servono tecniche di estrazioni con costi totalmente fuori mercato tanto che queste disponibilità teoriche non vengono neppure prese in considerazione. Per intenderci le riserve globali “provate” ammontano a 215mila miliardi di metri cubi, le cosiddette “riserve tecniche” a 800mila miliardi. Trivella trivella qualcosa trovi, ma che senso ha spendere 100 (probabilmente inquinando molto) per estrarre se posso importare il gas a 10?
Eppure, secondo quanto riporta il quotidiano Il Foglio esisterebbe un piano del governo per contenere il caro energia che pesa sulle bollette che prevede di “autorizzare una maggiore estrazione di gas naturale” e punta a “raddoppiare la produzione” ipotizzando poi di vendere a pezzi calmierati. Chissà se Eni è d’accordo. L’obiettivo è arrivare a estrarre circa 7 miliardi di metri cubi di gas. Secondo il quotidiano “per avviare le attività necessarie, al Mef si ragiona già sui luoghi, sui volumi, sulle autorizzazioni e sugli aspetti finanziari“. Tra i progetti più importanti per estrarre di più dai giacimenti già in produzione “c’è quello di Argo e Cassiopea di Eni e Energean, che può portare oltre 1,6 miliardi di metri cubi all’anno”, “un’altra zona al largo delle nostre coste” ma c’è anche “l’Alto Adriatico che bagna le coste venete ma lì dal 2008 vige il divieto di esplorazione”. L’obiettivo è “estrarre di più dai giacimenti già in produzione”, ma anche “valutare l’avvio di nuovi progetti”.