Analizzando i dati di bilancio pubblicati da quattro principali comprensori della Valle d’Aosta (Pila, Monterosa, Cervino e Courmayeur), è stato calcolato in un range da 9 a 19 kilowatt/ore pro-capite il consumo energetico a giornata di ciascuno sciatore. Un calcolo che esclude comunque viaggio, albergo e altri consumi, ma che si limita a spalmare sul numero medio di biglietti paganti il consumo di energia per gli impianti e l’innevamento artificiale. E se venisse aggiunto almeno anche il gasolio degli spazzaneve fa lo stesso: basta questo calcolo approssimativo, che indica nel valore energivoro di circa dodici cicli di routine di una lavatrice il consumo medio di ogni singolo sciatore, a rendere bene l’idea del problema.
In queste settimane, dopo l’impennata dei costi dell’energia, tra i primi a battere cassa sono stati gli impiantisti, già provati dalla crisi del turismo legata alla pandemia e da un inverno particolarmente povero di precipitazioni naturali. Se ne preoccupava tanto Matteo Salvini, anche durante i giorni dell’elezione del presidente della Repubblica, citando i dati di Madonna di Campiglio, dove il leader leghista è di casa: “Un impianto di questa ski-area è passato dai 250mila euro di costo energetico del 2018-19 ai 400mila del 2021. La stangata rischia di essere mortale e vogliamo dare voce a famiglie, artigiani e imprese: servono almeno 30 miliardi per fronteggiare i rincari”.
Spostando il focus verso le località di turismo invernale meno alte, l’impennata dei costi sembra ancor maggiore. il Resto del Carlino ha pubblicato i primi dati relativi ai costi di Cerreto Laghi (1355 metri slm), il comprensorio appenninico dell’Emilia Romagna, e parlano da soli: 19mila euro di bolletta per due giorni d’innevamento artificiale a fine novembre, 90mila per i primi venti giorni di dicembre e via crescendo.
In questi giorni il governo, che ha promesso di trovare una montagna di soldi per aiutare ‘famiglie, artigiani e imprese’ ad affrontare ‘la stangata’ energetica, sta mettendo a punto anche un nuovo provvedimento di incentivi a pioggia per il settore dell’automobile. Nessuno discute che, soprattutto per via della pandemia, sia venuto il tempo del dare, come disse Draghi stesso, da parte dei bilanci pubblici: ma quando arriverà il costo dell’avere, a chi sarà imputato? Forse nessuno se ne rende conto, ma oltre a quello che già paghiamo in più anche solo per via dell’inflazione, tra qualche anno ‘pagheremo caro, pagheremo tutto’, con qualche stangata fiscale straordinaria che non colpirà ovviamente le grandi fortune post-capitaliste, riparatesi per tempo nei paradisi fiscali, e nemmeno l’universo complesso e variegato dei no-tax.
E poi: non era arrivata anche la stagione della transizione ecologica? La svolta green con i soldi pubblici che finiscono di procrastinare lo status quo anti-ecologico nell’automotive o negli impianti da sci è uno spettacolo francamente desolante. A tal proposito, altro che Conte-Di Maio e piattaforma Rousseau e statuti vari: i 5stelle dovranno rispondere anche dell’operato del nuovo dicastero con il ministro-manager Roberto Cingolani, che hanno sventolato come bandiera per stare nella nuova maggioranza e si ritrovano oggi come primo bersaglio degli ecologisti.
E, al di là del giudizio sulle azioni dimostrative degli Extinction Rebellion come i blocchi stradali, il mail-bombing o l’imbrattamento di qualche muro del ministero con la vernice rossa, non può essere un bello spettacolo per Grillo e compagni accettare la chiusura a riccio di Cingolani e la dura repressione dei militanti di XRItaly o altri movimenti ecologisti.
Di certo, tra crisi del turismo e climate-change, sarebbe almeno ora di fare una riflessione di fondo sulla riconversione di un settore quanto mai energivoro come lo sci alpino, che peraltro è già adesso in gran parte sulle spalle dei bilanci pubblici locali e quindi di tutti noi. Alla vigilia della cerimonia inaugurale delle nuove Olimpiadi invernali di Pechino, sono stati resi noti altri dati inequivocabili: per allestire questo appuntamento propagandistico mondiale, che soltanto Soros ha avuto il coraggio di paragonare alle Olimpiadi di Berlino del 1936, la dittatura comunista-ipercapitalista cinese ha messo in campo qualcosa come novanta milioni di dollari dichiarati e due miliardi di litri d’acqua, oltre che risorse naturali quali 1100 ettari di vegetazione, tagliando il 25 per cento del patrimonio boschivo di un parco.
Del resto, di tutte le sedi olimpiche invernali, Cortina compresa – che per i giochi del 2026 sta già costando un esborso colossale di denaro pubblico – forse oggi la sola Albertville in Francia, dove gli impianti si sviluppano oltre i duemila metri di quota, potrebbe ospitare ancora le varie gare senza bisogno di fare un colossale danno ecologico.
Quando pagheremo nuovi balzelli sulla casa e sui redditi fissi, o quando peggio ancora rimanderemo alle prossime generazioni il problema di sanare i nostri debiti e di affrontare pure la rovina dell’ecosistema che stiamo loro regalando, sarà strano ma vero chiedersi se valeva la pena anche di buttare tanti soldi per le Olimpiadi invernali e di lasciar ancora consumare l’energia di dodici lavatrici al giorno per ogni sciatore a quel due percentile di fortunati abbienti in grado di poter frequentare le piste di Madonna di Campiglio, di Cerreto Laghi e della Valle d’Aosta.