Non c’è pace per Saipem. E nemmeno per le tasche dei contribuenti che potrebbero ben presto essere chiamati a partecipare, sia pure indirettamente, ad un nuovo salvataggio del gruppo guidato da Francesco Caio. In che modo? Via Cassa depositi e prestiti, che è socio di Saipem con una quota pari al 12,55% del capitale. Il braccio finanziario dello Stato, guidato da Dario Scannapieco, rischia infatti di dover mettere mano al portafoglio sborsando circa 187 milioni nell’ambito di una ricapitalizzazione da 1,5 miliardi. A tanto infatti ammonterebbe la cifra che Cdp dovrà versare nel caso di un aumento di capitale in cui la Cassa non voglia ridurre la propria partecipazione in Saipem, società specializzata nella realizzazione di infrastrutture e servizi per il settore petrolifero e per le rinnovabili. Eni, invece, che è proprietaria di poco più del 30% ed è a sua volta controllata dal Tesoro al 30%, dovrà mettere una fiche da 450 milioni.

Ma il conto per le casse pubbliche è decisamente più elevato: Cdp ha comprato il 12,5% di Saipem nel 2015 togliendo le castagne dal fuoco all’Eni, all’epoca in difficoltà per via del ribasso del prezzo del petrolio. Lo pagò 463 milioni, ma oggi in Borsa ne vale poco meno di 148 milioni. Detta in altri termini, da allora sono già andati in fumo più di 300 milioni. Così, a conti fatti, se ci sarà la ricapitalizzazione, fra le due operazioni di salvataggio Cassa Depositi e Prestiti avrà tirato fuori circa 650 milioni, di cui poco meno della metà sono già svaniti. Seguì poi una riorganizzazione del gruppo con tanto di contestazioni Consob sui conti alla base dell’ingresso di Cdp nell’azionariato della società. Una questione che è ancora sospesa davanti al Consiglio di Stato cui Saipem ha fatto ricorso dopo la bocciatura del ricorso davanti al Tribunale amministrativo.

La situazione stava tornando lentamente e faticosamente alla normalità. Ma poi la pandemia, l’aumento dei costi delle materie prime e della logistica, ha portato in dote un deterioramento dei margini economici di una serie di progetti. Il risultato è che alla fine gennaio Saipem si è vista costretta ad annunciare il venir meno di un miliardo di ricavi consolidati solo nel secondo semestre 2021 e un rosso superiore ad un terzo del capitale. “Al riguardo, Saipem ha avviato contatti preliminari con tali contoparti bancarie al fine di curare in via anticipata i potenziali effetti sui contratti di finanziamento conseguenti al verificarsi della fattispecie di cui all’art. 2446 del codice civile – ha spiegato una nota della società del 31 gennaio 2022. Saipem ha inoltre avviato contatti preliminari con gli azionisti che esercitano il controllo congiunto sulla Società, Eni Spa e Cdp Industria spa, al fine di verificare anche la loro disponibilità a partecipare a una tempestiva e adeguata manovra finanziaria”. Risultato: in un mese il titolo ha ceduto circa il 40% in Borsa. Di qui poi sono scattate una serie di ipotesi di lavoro per il salvataggio dell’azienda. Fra queste una ricapitalizzazione sostanzialmente “obbligata” nei termini del codice civile, nonché quella di nozze con Maire Tecnimont. Che però ha smentito ogni coinvolgimento.

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