di Luciana Apicella, giornalista, Sara Gandini, epidemiologa/biostatistica
È di pochi giorni fa la decisione del governo della Baviera di abolire l’obbligo vaccinale per il personale sanitario che sarebbe dovuto entrare in vigore in tempi stretti. Cadono inoltre le regole di accesso ai negozi con il 2G, equivalente del nostro green pass rafforzato, ossia quello che era stato definito dai media nostrani il “lockdown dei non vaccinati”, ignorando forse che mai in Germania ci sono state misure che impedissero a chicchessia di lasciare la propria abitazione se non con un certificato cartaceo, nemmeno durante la prima ondata pandemica.
Si torna dunque in tutti i negozi, al museo, nelle biblioteche e negli impianti sportivi senza l’esibizione di alcuna certificazione, che resta per i servizi alla persona (con tampone si può accedere, come da noi, a saloni di estetista e parrucchiere) e per teatri, cinema e ristoranti (in cui, come in Italia, si accede solo con attestato di vaccinazione o guarigione). Stessa direzione per i governi regionali del Baden Württemberg, Schlewig Holstein, Saarland e Renania. I partiti di opposizione del governo centrale, ossia Cdu e Csu, invocano la sospensione dell’obbligo vaccinale per i lavoratori della sanità che dovrebbe entrare in vigore il 15 marzo e che allo stato attuale risulta di difficile applicazione.
La Svezia, dopo Danimarca, Uk e Spagna, revoca in queste ore tutte le restrizioni, come i limiti di capienza per gli eventi pubblici: via il distanziamento nei ristoranti, pub e caffè, via le mascherine su bus e treni, una raccomandazione a mantenere alcune misure di precauzione per chi non sia vaccinato. Questo perché gli anziani sono stati per la stragrande maggioranza vaccinati e la Omicron mostra una minore letalità della malattia. Inoltre stop ai tamponi massivi, che saranno riservati (gratuitamente) solo ai soggetti fragili. Per chi dovesse presentare sintomi la raccomandazione è quella di restare a casa: i tamponi rapidi restano acquistabili in farmacia, ma si smontano tutti i presidi allestiti sul territorio, dai tendoni ai drive-through.
Ultimo, ma non in ordine di importanza, la Svezia dice no alla vaccinazione della fascia 5-12 anni: l’Agenzia Sanitaria ha affermato che, allo stato attuale delle conoscenze, non c’è alcun chiaro vantaggio nel vaccinare i bambini sani, aggiungendo che la decisione potrebbe comunque essere rivista qualora si producessero evidenze differenti o emergessero nuovi scenari. I bambini a rischio ovviamente possono ricevere il vaccino.
Anche Uk annuncia lo stop all’isolamento dei positivi. La Francia si prepara all’addio al super green pass. New York dice addio alle mascherine al chiuso ovunque. In Italia, che è al terzo posto per vaccinazioni in Europa, dopo l’estensione del green pass e super green pass pressoché a qualsiasi ambito dell’esistenza, viene concessa la deroga agli stranieri che dovessero visitare il nostro paese. Tradotto: un inglese, dopo cinque giorni di isolamento fiduciario all’arrivo, potrà soggiornare in un albergo italiano anche se non vaccinato, previa presentazione di un tampone negativo; un italiano no. Attendiamo di conoscere la ratio sanitaria di tale provvedimento: siamo sicuri che esista, anche se ad oggi fatichiamo a scorgerla. Perché se è vero che un tampone fotografa la situazione del momento, è altrettanto vero che un vaccinato potrebbe essere contagiato e asintomatico, ma perfettamente legittimato al soggiorno.
Viene inoltre approvata a stragrande maggioranza dalla conferenza dei capigruppo della Camera dei Deputati la proposta del presidente Roberto Fico di estendere l’obbligo del super green pass anche alla Camera, che dovrebbe entrare in vigore dal 15 febbraio: la norma che prevede l’accesso in Parlamento dei soli vaccinati era già realtà in Senato con l’obbligo per gli over 50. Da oggi dunque i parlamentari che abbiano scelto legittimamente di non vaccinarsi non potranno esercitare le loro funzioni, né, se esiste la proprietà transitiva, essere eletti domani. Attendiamo il momento in cui l’esercizio del diritto di voto sarà subordinato a una vaccinazione facoltativa, che si è dimostrata del tutto insufficiente a fermare il contagio: d’altra parte di mantenere il green pass ben oltre la data del 31 marzo in quanto meccanismo “premiante” aveva già parlato nei giorni scorsi il coordinatore del Cts e Presidente del Consiglio Superiore di Sanità Franco Locatelli, rivelandoci dunque che il Qr Code non è strumento sanitario ma l’equivalente della caramella ai bambini dopo la vaccinazione. E il sottosegretario alla Salute Sileri parla di “rimodulazione” del green pass, non pronunciando mai la parola “eliminazione”.
È desolante che non si intravedano nemmeno lontanamente i rischi della deriva di strumenti del genere, che un domani potrebbero rappresentare una ghiotta occasione per chiunque volesse approfittare dell’impalcatura giuridica e tecnologica per i più fantasiosi abusi. Perfettamente legittimati. Un rischio che è stato magistralmente espresso dal grande epidemiologo John Ioannidis in un recente articolo dal titolo Salviamo la democrazia dalla pandemia: “Il modo peggiore per gestire i rischi della pandemia è insistere nel tentativo di dismettere valori concreti come libertà e uguaglianza in cambio di sicurezza e salute, sotto le mentite spoglie della ‘scienza’ e di un bene superiore. Nessuna persona ragionevole metterebbe in dubbio che tutti questi valori e obiettivi siano degni di ogni sforzo. Ma quando si contrappongono (o vengono descritti come in contrapposizione), le società democratiche devono prendere decisioni su quali di queste siano prioritarie. E una volta che la libertà individuale fosse declassata nella scala delle priorità, è difficile tornare indietro“.