La pandemia ha portato i club europei a dover affrontare una crisi senza precedenti: la tredicesima edizione del report sottolinea il crollo dei ricavi commerciali dagli stadi e dal botteghino, ma anche la flessione dei diritti televisivi. Nel frattempo, però, gli stipendi dei calciatori e le commissioni ai loro agenti stanno aumentando, con un duplice pericolo per la stabilità delle società
I numeri tratteggiano il ritratto di una crisi senza precedenti. Nelle ultime due annate i club europei hanno visto andare in fumo quasi 7 miliardi di euro. Un’enormità. La colpa sarebbe della pandemia legata al Covid-19 che, in maniera drastica ma democratica, avrebbe diminuito i ricavi di tutte le società del Vecchio Continente. O almeno questo è quanto emerge dalla tredicesima edizione del “Rapporto Uefa sull’analisi comparativa delle licenze per club”, il tradizionale studio pubblicato qualche giorno fa dai padroni del vapore del calcio europeo.
In proporzione, a pagare il prezzo più alto sono stati i club che possiedono un proprio stadio. Perché la pandemia ha trasformato il fiume dei ricavi commerciali in un torrente secco. Tutte le entrate che non sono legate ai giorni delle partite sono precipitate, facendo registrare un -27% nel 2020 e un ulteriore calo del 69% nel 2021. In più i club si sono trovati senza la possibilità di vendere biglietti per i tour negli stadi o per le lucrative amichevoli internazionali (pre e post stagione) con una riduzione degli introiti del 17% nell’anno fiscale 2020 e un ulteriore calo del 51% nel 2021. Un buco a bilancio che può essere stimato intorno a 1.7 miliardi di euro. Le perdite sono state solo parzialmente compensate da alcune entrate non commerciali, prevalentemente eccezionali e ad hoc (come sussidi, sovvenzioni, donazioni, compensazioni salariali per il Covid, misure di sostegno), che sono aumentate del 20% per un totale di 75 milioni di euro. Anche le sovvenzioni da parte delle Ferdercalcio locali sono cresciute significativamente: dai 111 milioni del 2019 fino ai 294 fatti registrare nel 2020. Un dato che però è quasi interamente riferito al campionato francese, dove i club sono stati indennizzati per la fine anticipata della stagione.
La parte più interessante dello studio della Uefa, tuttavia, riguarda le altre cause di perdita economica dei club. Più della metà del deficit deriva dai mancati incassi al botteghino (partite disputate a porte chiuse o, comunque, con riduzione del pubblico), che avrebbe provocato circa 4.4 miliardi di euro di perdite. Il problema, ipotizza la Uefa, potrebbe però avere problemi sul lungo periodo, modificando le abitudini dei tifosi, che potrebbero decidere di diluire il numero di partite seguite dallo stadio a favore delle pay-tv. Proprio la rinegoziazione dei diritti televisivi dopo che si è deciso di posporre o cancellare la stagione 2019/2020 ha prodotto una perdita di 0.9 miliardi di euro. E anche qui le prospettive non sono poi così rosee, visto che fra il 2022 e il 2024 il segno meno potrebbe aumentare di altri 300 milioni. Basta fare una semplice addizione per capire che fra il 2019/2020 e il 2020/2021 i club europei dovrebbero avere perso circa 7 miliardi di euro totali (anche se la cifra sembra destinata ad aumentare nel 2022). Il problema, però, è anche un altro. Mentre le entrate diminuiscono, gli stipendi dei calciatori aumentano.
I 20 club della Premier League hanno fatto registrare un aumento dei salari del 4%. Senza contare che la “massa salariale aggregata” dei calciatori che giocano in Inghilterra è più alta del 59% rispetto ai club della Liga e più del doppio rispetto al dato aggregato per la Bundesliga. Il costo dei salari ha una tendenza contraddittoria: è aumentata fra i club tedeschi (+1%), francesi (+2%), olandesi (+9%) e belgi (+21%), ma è scesa in Spagna (-3%), Russia (-7%), Turchia (-8%) e Italia (-12%). Non una buona notizia, visto che secondo il report della Uefa il 91% dei ricavi dei club viene fagocitato dai salari dei calciatori (che pesano per il 56% sui ricavi), dai costi netti di trasferimento (18%) e dai salari del personale tecnico e amministrativo (17% dei ricavi). In pratica l’aumento degli stipendi di calciatori, così come le commissioni sempre più alte pagate agli agenti durante il mercato trasferimenti.
La tendenza appare preoccupante, anche perché stanno aumentando vertiginosamente i trasferimenti a parametro zero, che se da un lato impiombano il monte ingaggi del club che acquista (per attrarre un calciatore svincolato bisogna offrire salari che a volte vanno anche oltre il suo effettivo lavoro), dall’altra privano i club degli introiti del calciomercato, fondamentali per programmare la stagione e far quadrare i conti. E proprio il boom dei parametri zero rischia di trasformarsi nella Kryptonite di un sistema calcio sempre più in difficoltà.