Il Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede un investimento da oltre 1 miliardo complessivo per l'Attrattività dei Borghi. Ma manca una definizione precisa di cosa sia "borgo" e metà dei soldi vengono distribuiti a discrezione delle Regioni. Critiche l'Anci e l'Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani: "Si creano disparità". Il Touring club: "Servivano linee guida precise"
L’italiano è un lingua bellissima, ma talvolta una parola può diventare motivo di scontro invece che di comprensione. Prendiamo “borgo”, per esempio. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede un investimento da oltre 1 miliardo complessivo in quella che viene definita Attrattività dei Borghi: obiettivo, promuovere progetti per la rigenerazione, valorizzazione e gestione del patrimonio di storia, arte, cultura e tradizioni dei piccoli centri italiani, integrando la tutela del patrimonio culturale con le esigenze di rivitalizzazione sociale ed economica, di rilancio occupazionale e di contrasto dello spopolamento. Il bando per distribuire le risorse, pubblicato a fine dicembre dal ministero della Cultura, ha sollevato molte proteste da parte di sindaci ed enti che da sempre si occupano di territori e di turismo proprio perché manca una definizione precisa di quel termine. In più per la “linea A” del bando – quella da 420 milioni dedicata ai progetti pilota per la rigenerazione culturale, sociale ed economica dei borghi a rischio abbandono e abbandonati – la scelta del beneficiario è stata affidata alle Regioni, a loro discrezione.
Il risultato? Il Piemonte, per esempio, ha candidato al bando la Palazzina di caccia di Stupinigi nel comune di Nichelino, parte integrante dell’area metropolitana di Torino, scontentando un miriade di comuni montani che speravano in queste risorse europee per vari interventi di recupero. “Imporre dall’alto uno schema che non ha regole definite né una matrice comune tra le regioni è una scelta poco opportuna. Si possono creare disparità e fare scelte che non sono nello spirito del bando”, commenta Luca Pastorino, sindaco di Bogliasco e presidente della Commissione Turismo dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, che ricorda come “in tempi non sospetti, quando ancora Linea A e Linea B non erano ancora ben definite, in un convegno sul turismo al Senato avevamo segnalato l’inopportunità di un percorso che poteva prevedere l’individuazione dei beneficiari su designazione diretta della regione. Poi questo è avvenuto per la Linea A, che sta dimostrando tutte le sue criticità. Avevamo detto che per questa procedura l’Anci doveva essere consultata, che occorreva un percorso più chiaro possibile, con avvisi pubblici, bandi, come accade per la Linea B”, quella dedicata a Progetti locali per la rigenerazione culturale e sociale, con una dotazione finanziaria di 580 milioni di euro (380 per realizzare progetti in almeno 229 borghi storici e 200 milioni per sostenere, con gestione centralizzata di responsabilità del ministero, le imprese che svolgono attività culturali, turistiche, commerciali, agroalimentari e artigianali).
Molto più tranchant Marco Bussone, presidente nazionale dell’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani, che parla di “lotteria da azzerare”. “Sul Piano dei Borghi sta succedendo di tutto. Tra Regioni che scelgono residenze sabaude o ritagliano centri storici di città con 300mila abitanti. I sindaci sono assediati da proposte di supporto”, scrive in una nota. “E sono tutti contro tutti. Una situazione che il Ministero non sembra capire e bloccare, che è dannosa e pericolosa. Fermiamola. A costo di ripensare completamente il Piano da un miliardo. Evitiamo che i territori siano in balia di acquirenti facili e speculatori. Alla ricerca di denaro, da restituire a Bruxelles, che non siamo certi darà soluzioni vere alle sperequazioni dell’Italia. Palazzo Chigi e i Ministeri ascoltino il grido disperato dei Sindaci dei Comuni”.
Un altro parere contrario arriva da Walter Sandri, console del Touring Club. “Noi abbiamo da anni il progetto delle ‘Bandiere arancioni’ che vanno ai borghi con determinate caratteristiche. Cioè devono avere meno di 10mila abitanti e non essere sul mare: o montani o di pianura. Per ottenere la bandiera arancione il borgo deve anche rispettare determinati paletti. Io sarei per spingere molto sui borghi montani che in questo momento hanno più difficoltà. Il problema è che quando si scrive una legge occorre sempre dare delle linee guida ben precise. Invece le leggi italiane tendono a essere molto interpretabili, consentendo scelte che rischiano di favorire qualcuno a danno degli altri. Un esempio? I cammini. In Spagna sono un grande business: basta pensare a tutto l’indotto che genere quello di Santiago. Anche l’Italia è territorio di cammini, ma non si è data ancora una legge ad hoc, né si è creato il vantaggio sull’indotto. Guarda caso proprio dove i borghi avrebbero un’importanza notevole”.
La questione comunque sta per arrivare in Parlamento in relazione ai criteri utilizzati dalla Regione Campania nell’individuazione dei comuni ritenuti idonei a ricevere i fondi Pnrr. Secondo un gruppo di sindaci del Cilento, proprio quei criteri hanno causato l’esclusione di vari piccoli comuni principalmente nelle aree interne. La deputata del Movimento 5 Stelle Anna Bilotti ha presentato un’interrogazione per “comprendere le ragioni per cui il Bando della Regione ha determinato l’esclusione di una serie di comuni dal caratteristico profilo storico culturale e minacciati dal crescente problema dello spopolamento. Non possiamo permetterci di perdere questa opportunità per scelte legate a criteri non del tutto pertinenti”.