E' quanto emerge dall'ultimo rapporto dell'organizzazione no profit britannica ShareAct che analizza i flussi finanziari delle 25 banche più importanti d'Europa diretti verso l'industria dei combustibili fossili. Negli ultimi 5 anni la somma degli investimenti bancari europei in petrolio e gas è stata pari a 406 miliardi di euro. In testa le inglesi Hsbc e Barclays seguite dalla francese Bnp Paribas
Nelle pubblicità è tutto un fiorire di impegni per la riduzione delle emissioni, per una finanza al servizio del pianeta e per scelte climaticamente responsabili. Nella realtà le cose vanno un po’ diversamente. O almeno questo è quanto emerge dall‘ultimo rapporto dell’organizzazione no profit britannica ShareAct che analizza i flussi finanziari delle 25 banche più importanti d’Europa diretti verso l’industria dei combustibili fossili. Il dato complessivo è in deciso calo rispetto al record del 2020. Si scende da 106 a 55 miliardi di dollari (49 miliardi di euro) ma va detto che il 2020 è stato un anno fuori scala, anche da questo punto di vista. Negli anni precedenti la somma complessiva degli investimenti annuali è stata di 49 miliardi nel 2017, di 48 miliardi nel 2018, 83 miliardi nel 2019. Tra i pochi istituti che lo scorso anno hanno addirittura aumentato rispetto al 2020 i finanziamenti a petrolio e gas c’è l’italiana Intesa Sanpaolo che li ha alzati da 1,3 a 1,9 miliardi di euro L’altra banca italiana in lista, Unicredit, li ha invece ridotti da 4,3 a 1,5 miliardi nel 2021 nell’arco del quinquennio sopravanza Intesa Sanpaolo.
In vetta alla classifica c’è il gruppo inglese Hsbc che investito 8,6 miliardi di dollari per lo più nella statunitense Exxon Mobil e nel colosso saudita Saudi Aramco. In seconda posizione c’è la francese Bnp Paribas, banca di lunghissima tradizione nel settore delle commodities: 7 miliardi tra Exxon, Shell e Saudi Aramco. E poi la tedesca Deutsche Bank che ha puntato 5,7 miliardi su Shell, Exxon Mobil e Qatar Petroleum. Va detto che questi sono solo gli investimenti aggiuntivi effettuati nel 2021. Se si esaminano gli ultimi 5 anni Hsbc ha investito in società petrolifere 60 miliardi di euro, Bnp 46 miliardi, Deutsche Bank 28 miliardi, Unicredit 13,6 miliardi, Intesa Sanpaolo 11,8 miliardi. Cifre simili anche per Barclays (48 miliardi), Crédit Agricole (34 miliardi), Socièté Générale (34 miliardi), Santander (23 miliardi) e Credit Suisse (18 miliardi). Deutsche Bank, Credit Suisse e Commerzbank si distinguono anche per essere gli istituti con limiti meno restrittivi agli investimenti in petrolio “non convenzionale” ovvero ottenuto da sabbie bituminose, rocce di scisto, giacimenti nell’artico e da pozzi ultra profondi, produzioni a maggiore impatto ambientale rispetto a quelle convenzionali. Alcuni mesi fa l’Agenzia internazionale dell’energia (espressione dei paesi Ocse) ha affermato che per raggiungere gli obiettivi di contenimento dell’aumento della temperatura globale entro gli 1,5 gradi è necessario interrompere immediatamente gli investimenti per lo sviluppo della produzione di combustibili fossili. I paesi occidentali, inclusa l’Italia che ora valuta un aumento delle estrazioni dai piccoli giacimenti nell’Adriatico, hanno chiesto a Cina e India di lasciare i loro fossili sottoterra.