Nelle scorse settimane sono scaduti i termini per recepire la direttiva europea sui segnalatori di illeciti: un passaggio fondamentale per integrare la legge del 2017. The good lobby: “Legge essenziale per garantire maggiori tutele contro le ritorsioni. Ma il governo è totalmente disinteressato all’argomento”. Dopo gli allarmi anche di Anac e Transparency international, arrivano anche i dati del Centro studi enti locali: tra 2018 e 2021 calo del 45% delle segnalazioni
La Commissione europea è pronta ad aprire una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per il mancato recepimento della direttiva Ue sul whistleblowing. Un passaggio fondamentale per integrare la legge del 2017 e rafforzare uno strumento chiave nella lotta alla corruzione, che l’esecutivo di Mario Draghi ha ignorato, nonostante i termini siano scaduti già a dicembre. “Il mancato recepimento è una bella figuraccia a livello internazionale”, è il titolo del comunicato di The Good Lobby, l’organizzazione che si occupa di trasparenza, l’unica che denuncia come in settimana l’Italia sia finita nel mirino della Commissione. “Nulla è stato fatto. Non male per un governo che si trova ad affrontare la più importante fetta del Pnrr e che la trasparenza è più capace a predicarla che applicarla”, sottolinea l’organizzazione non governativa. “E spiace notare – commenta Federico Anghelé di The Good Lobby – che il governo italiano, oggi preso a modello da altri paesi e dalla stampa internazionale, risulti totalmente disinteressato all’argomento a differenza di Francia, Spagna e Portogallo”. A evidenziare il ritardo dell’Italia è anche l’ultimo dossier realizzato da Csel (Centro studi enti locali) pubblicato dall’agenzia Adnkronos. L’urgenza di rafforzare lo strumento del whisteblowing e rassicurare chi intenda avvalersene è testimoniata infatti anche dai dati: tra il 2018 e il 2021 c’è stato un preoccupante calo del 45% del numero di segnalazioni di illeciti inviate all’Autorità nazionale anticorruzione.
D’altronde proprio il presidente dell’Anac Giuseppe Busia già a inizio anno aveva denunciato l’inadempienza dell’Italia: “I whistleblower svolgono un ruolo essenziale nel portare alla luce fatti corruttivi o fondati sospetti di illeciti che possono minacciare l’interesse pubblico. In tutti i paesi che riconoscono questo istituto, le segnalazioni hanno permesso la protezione di interessi comuni fondamentali, nonché il recupero di ingenti risorse pubbliche”. La direttiva Ue prevede include nella definizione di whistleblower anche soggetti al di fuori della tradizionale relazione lavorativa, come consulenti, membri dei consigli direttivi, ex dipendenti e candidati a posizioni lavorative. Fornisce protezione anche a coloro che assistono i whistleblower. Inoltre considera irrilevanti le motivazioni che hanno spinto a segnalare e permette ai whistleblower di denunciare illeciti direttamente nel luogo di lavoro oppure alle autorità competenti. Introduce il divieto di ogni tipo di ritorsione e prevede sanzioni per coloro che ostacolano il diritto a segnalare, attuano ritorsioni o non rispettano l’obbligo di mantenere la confidenzialità. Ancora, richiede agli Stati membri di garantire l’accesso a un servizio gratuito, comprensivo e indipendente di assistenza all’interno del settore pubblico, compresa l’assistenza legale e finanziaria. Infine, introduce l’obbligo di prendere in carico le segnalazioni e di mantenere il whistleblower informato entro un tempo ragionevole.
Per questo, già un mese prima della scadenza, The Good Lobby e Transparency International avevano lanciato l’allarme invitando il governo Draghi a porre rimedio. Questa norma “è un tassello fondamentale per evitare che le risorse europee del Recovery Fund finiscano in mano al malaffare”, sottolinea sempre Anghelé. Per il direttore dell’ufficio italiano di The Good Lobby il recepimento della direttiva Ue “è essenziale per garantire maggiori tutele contro le ritorsioni perché permetterà di scegliere fra diversi canali di segnalazione, anche al di fuori della propria azienda o amministrazione. Un aspetto fondamentale che, in futuro, potrebbe prevenire il ripetersi di tragedie come quelle della funivia del Mottarone. Sappiamo infatti che un ex dipendente aveva segnalato internamente il guasto dell’impianto e aveva subito minacce di licenziamento. Se solo la Direttiva europea fosse stata in vigore, avrebbe potuto segnalare anonimamente la mancanza di sicurezza della funivia tramite un canale esterno e si sarebbe potuta evitare una tragedia in cui hanno perso la vita 14 persone”, ricorda Anghelé.
Le denunce di The Good Lobby e Transparency International però sono cadute nel vuoto, hanno trovato come risposta “il solito assordante silenzio cui ci ha abituato questo governo che si guarda bene dal dare una risposta alla società civile“. Eppure, ora anche il Centro studi enti locali sottolinea le stesse criticità. Da una parte infatti, l’indice annuale 2021 del Cpi (Indice di percezione della corruzione), reso noto da Trasparency International Italia, ha evidenziato un balzo in avanti di 3 punti registrato dal nostro Paese, che ha guadagnato dieci posizioni in classifica. Come sottolineato nel report, però, restano delle criticità sui temi del whistleblowing e anche della regolamentazione del lobbying, dal momento che l’Italia non è ancora in linea con le direttive europee. Ritardi che vengono definiti preoccupanti anche dal Csel: “È un adempimento fondamentale per integrare e modificare quanto già previsto con la legge del 30 novembre 2017“.
Le nuove misure previste nella direttiva, si legge nel dossier, “sicuramente contribuirebbero a rendere molto più efficace questo fondamentale strumento”. Ma non solo. Così come nel caso del recepimento della direttiva Ue 2019/37 sul whistleblowing, anche in tema di antiriciclaggio si attendono snodi legislativi ancora al palo. Nello specifico, manca all’appello la pubblicazione del registro dei titolari effettivi, introdotto con la normativa di recepimento della direttiva Ue, alla quale non si è potuto ancora dare seguito in quanto non sono stati ancora emanati i decreti attuativi previsti dalla legge. Infine, la legge sul lobbying, il cui testo è stato approvato, in prima seduta, dalla Camera dei deputati e che è in attesa dell’approvazione da parte del Senato.