La lettera è stata depositata dalla procura di Firenze nel processo che vede imputati i genitori dell'ex presidente del consiglio per la bancarotta di alcune cooperative. Risale al 2017, ai tempi in cui era deflagrata l'inchiesta Consip (per la quale Renzi senior è oggi a giudizio). Le polemiche politiche sul deposito dell'atto: ecco i motivi possibili
Attacca Marco Carrai: “Non si deve mai più far vedere da me, uomo falso“. E poi la “banda bassotti“. A chi si riferisce? “Bianchi, Bonifazi, Boschi che hanno davvero lucrato senza ritegno dalla posizione di accoliti tuoi io sono stato quello che è passato per ladro prendendolo nel c.”. Si esprimeva in questo modo Tiziano Renzi, in una lettera indirizzata al figlio Matteo il 5 marzo del 2017, cioè esattamente due settimane dopo le dimissioni da segretario del Pd, successive a quelle da presidente del consiglio, dopo la sconfitta al referendum costituzionale.
La lettera è stata depositata dalla procura di Firenze nel processo che vede imputati i genitori di Renzi per la bancarotta di alcune cooperative. Sequestrata dalla Guardia di Finanza nell’ottobre del 2019 nel computer di Renzi senior, la missiva è stata oggetto di un’istanza della difesa, che chiedeva di non ammetterla agli atti del procedimento. Secondo gli avvocati del padre del leader d’Italia viva, infatti, il sequestro viola le guarentigie dei parlamentari di cui gode Renzi. Per il tribunale, però, al testo non sono applicabili le regole per i sequestri di corrispondenza ma “la disciplina ordinaria in materia di sequestro, con riferimento a lettere o pieghi non ancora avviati dal mittente al destinatario o già ricevuti da quest’ultimo, poiché tali oggetti non costituiscono corrispondenza, implicando tale nozione un’attività di spedizione in corso o comunque avviata dal mittente mediante consegna del plico a terzi per il recapito”.
Lo scritto, digitato su file, risale al 5 marzo del 2017, data dell’ultima modifica del documento. Nel febbraio di quell’anno Renzi si era dimesso da segretario del Pd ma solo con l’obiettivo di ricandidarsi alle primarie. Poi, nei primi giorni di marzo, deflagra l’inchiesta sulla Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione: per quella vicenda Tiziano Renzi è oggi a giudizio per traffico d’influenze. Risale a quel periodo – e precisamente al 2 marzo – l’ormai nota telefonata – intercettata – tra Matteo e Tiziano Renzi, che nei giorni successivi era stato convocato dai magistrati della procura di Roma: “Babbo devi dire tutta la verità ai magistrati… è una cosa molto seria”, diceva l’ex presidente del consiglio, intimando al genitore: “Devi ricordarti tutti gli incontri e i luoghi, non è più la questione della Madonnina e del giro di merda di Firenze per Medjugorje”.
“La banda bassotti Bianchi Bonifazi e Boschi”
Tre giorni dopo, invece, è la data alla quale risalgono le ultime modifiche della missiva depositata dalla procura. Una lettera in cui Renzi senior usa un tono risentito col figlio. “È dal tempo della provincia che non sono stato messo in condizione di fare un ragionamento completo con te. In questi anni ho avuto la netta percezione, anzi la certezza, di essere considerato un ostacolo e comunque un fastidio. Come sai gli ultimi colloqui erano conditi di rimproveri e di sfiducie preventive”, esordisce il genitore dell’ex segretario dei dem. Che poi attacca, a uno a uno, tutti i petali del cosiddetto Giglio magico: da Marco Carrai, l’imprenditore indagato nell’inchiesta su Open (definito “uomo falso”), alla “banda Bassotti”, come definisce Alberto Bianchi, il presidente della ex fondazione renziana, fino a parlamentari Maria Elena Boschi e Francesco Bonifazi. Evidentemente in quei giorni i rapporti tra i due Renzi sono tesi: “Riguardo il tuo auspicio che vada in pensione – scrive il figlio al padre – devo con forza affermare che in pensione, dopo una vita vissuta all’avventura, mi ci manda il buon Dio non te, una volta mi hai detto con cattiveria che cercavo visibilità, ti sbagliavi io volevo lavorare e lottare per recuperare un’immagine realistica e vera che poteva e doveva servire a te non a me. Io non ho niente da chiedere alla vita di più di ciò che ho”.
Renzi senior prosegue la sua missiva, con un tono che appare colmo di rancore, anche a causa dell’inchiesta Consip: “Questa vicenda mi ha tolto la capacità di relazione, tutti quelli che hanno avuto rapporti con me sono stati attenzionati solo per questo fatto, sono il Re Mida della merda, concimo tutti, stanno interrogando tutti, dipendenti e amici è folle, devo nascondermi senza aver fatto niente di male”. E ancora, continua il genitore all’ex premier: “Ora tu hai l’immunità, non esiste più il rischio che tramite me arrivino a te. Spero che inizi una nuova stagione di lotta per i valori che hanno animato la nostra vita”.
Nel pomeriggio la difesa di Tiziano si scaglia in una nota contro la diffusione della missiva: “Un uomo in difficoltà, che ‘vive nel terrore da un anno’, provato, indagato e perquisito, si sfoga in un file di insulti al figlio e agli amici più cari del figlio. Questo documento compare improvvisamente oggi a distanza di cinque anni dal momento in cui viene redatto ed è privo di qualsiasi valore penale. Ma viene ugualmente fatto circolare per tentare di alimentare sui media un processo che stenta in tribunale. L’ennesima conferma di un modus operandi degli inquirenti fiorentini che si commenta da solo e che in assenza di violazioni del codice penale si concentra sulle difficoltà di rapporto tra padre e figlio. Nel merito l’ennesima dimostrazione del fatto che Matteo Renzi non ha mai agevolato suo padre nelle sue attività professionali. Nel metodo l’ennesimo schiaffo alla civiltà giuridica, alla vita delle persone e alla privacy di una famiglia colpita da una pervicace campagna mediatica senza precedenti”.
Le polemiche politiche sul deposito dell’atto: ecco i motivi possibili
Anche diversi esponenti politici hanno espresso solidarietà a Renzi, in particolare quelli di Italia Viva (da Ettore Rosato a Teresa Bellanova), ma anche il leader di Azione Carlo Calenda e il fondatore di Fratelli d’Italia Guido Crosetto. “Acquisire agli atti di un processo, e pubblicare la lettera di un padre a un figlio è un nuovo record di ignominia. Complimenti” scrive Calenda. “Sul caso Open ne abbiamo viste di tutti i colori, e per quanto mi riguarda ho sempre più dubbi – twitta Andrea Marcucci del Pd – La pubblicazione delle lettere private tra padre e figlio sui media va oggettivamente oltre. Il silenzio di molti su derive del genere preoccupa”. Per Alessia Morani, anche lei democratica, “si è superato ogni limite: che fine ha fatto lo Stato di diritto?”. Secondo Crosetto “nella lettera non c’è nulla di rilevante penalmente ma solo gossip e cioè il giudizio che Renzi padre dava di alcune persone. Chiaramente è stata allegata agli atti in modo da renderla pubblica”.
La Procura non ha spiegato pubblicamente perché quell’atto è stato depositato nel fascicolo del processo. Si può ipotizzare, però, che la valenza processuale sia legata tra le altre cose ai riferimenti che Tiziano Renzi fa a Mariano Massone, imprenditore ligure che era coindagato con i genitori dell’ex premier nel filone processuale di Genova e che nel frattempo ha patteggiato una pena a 6 mesi di reclusione per bancarotta fraudolenta. “E’ una persona che a Genova ha accettato il patteggiamento senza lottare – scrive Tiziano Renzi – rinviando e traccheggiando come la legge gli avrebbe consentito, magari coinvolgendomi, sapendo che non aveva la condizionale. Io ho un debito di riconoscenza nei suoi confronti a prescindere”. Ma in quella lettera Renzi senior riferisce anche delle sue attività imprenditoriali. “Per l’azienda stiamo cercando di diversificare quando ci vediamo se credi ne parliamo – scrive – Per togliere i fari dall’azienda (o per tentare) ho trasformato l’azienda fatta per la Sicilia in azienda di solo food. Mi sono tolto dalla Eventi6 e mi sono nominato amministratore della Vip srl. La missione è esportare la qualità dei nostri prodotti all’estero. Ho preso due contatti con importatori a Miami ed a Toronto. C’è spazio. Ci sto lavorando”. E Tiziano Renzi è tra i 15 imputati del processo per bancarotta fraudolenta e fatturazioni false relativo a cooperative di servizi in affari con la società di famiglia, proprio la Eventi 6.