Ci voleva Roberto Benigni per far comprendere, ai credenti prima che ai non credenti, che la Bibbia contiene un testo erotico. L’interpretazione maggiormente accettata dagli esegeti è quella di applicare il Cantico dei cantici alle relazioni di Gesù Cristo con la sua sposa, ovvero la Chiesa, o con ciascuno dei singoli credenti. Benedetto XVI volle dedicare all’amore la sua prima enciclica, Deus caritas est, soffermandosi a lungo sulle differenze tra l’eros e l’agape. Non c’è nulla di cui scandalizzarsi se si pensa che l’amore è il fondamento del cristianesimo. Così come “all’inizio dell’essere cristiano – scrive Ratzinger – non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”. La persona ovviamente di Gesù.
Uno scenario, quello tracciato sapientemente dall’autore, rivisto alla luce delle trasformazioni relazionali imposte dalla pandemia. “La solitudine costretta delle lunghe serate nell’isolamento da Covid-19 – scrive monsignor Mensuali – ha suscitato un desiderio di amore fedele e presente, di legami che sappiano durare per affrontare anche i giorni duri quando il male si illude di vincere su tutto, anche sulla speranza. Ogni mondo ferito si ricostruisce con il dono di figli. Siamo troppi, più di sette miliardi? Non mi pare proprio che in Europa manchino reparti di maternità, scuole e strade e chiese e monumenti e teatri per accogliere giovani generazioni”.
È indubbio che la pandemia ha radicalmente inciso sulle relazioni, amicali e affettive, ed è assurdo e banale pensare semplicemente a un ritorno indietro quando il virus sarà definitivamente tramontato in tutto il globo. Il dopo sarà inevitabilmente diverso dal prima. Imprevedibile ora, come ha ripetuto più volte Papa Francesco, ipotizzare se sarà migliore o peggiore. Ma l’amore, quello autentico, è sopravvissuto, anzi si è rafforzato durante questi due anni di pandemia. Un tema ineludibile per i cristiani. “Non è un caso – ricorda monsignor Mensuali – che il Papa abbia convocato due Sinodi sulla famiglia, abbia scritto un testo sulla gioia dell’amore e abbia dedicato un anno intero di catechesi alla vita familiare. L’amore è sorto, agli albori dell’umano, per questo. È nato per cominciare, per ricominciare, per costruire e ricostruire; donne e uomini feriti da una catastrofe sentono, avvertono inconsciamente ciò che è bene e giusto sentire e avvertire: per ricostruire bisogna usare l’amore e il suo fine, i figli”.
L’autore ricorda che “è in una famiglia in cui ci si prende cura dei figli e dei nonni che si impara come è l’umano. Se ne fa esperienza. Difficile, seppur non impossibile alla cattiveria umana, non voler bene ai bambini dopo aver amato il nostro. Difficile abbandonare i vecchi a morire da soli, se si è imparato ad amarne uno, di vecchio: il nostro. Quello cui assomigliamo così tanto, soprattutto da una certa età in poi. Troppo spesso il destino che tocca l’amore tutto intero, quello che dura e sa arrivare alla fine, è un destino di incomprensione. Non lo conosciamo. Lo identifichiamo col, pur prezioso, colpo di fulmine”.
Monsignor Mensuali ricorda, infine, che “l’obiezione moderna alla possibilità di una fedele e duratura convivenza si concentra nel definire che, ormai, la famiglia avrebbe dato di sé un ben triste spettacolo. Scarsa armonia, invidie, gelosie, violenza, oppressione e tradimenti. Non mantiene ciò che promette. Come l’amore, pare. La risposta più acuta a questa obiezione ce la dà Chesterton: ‘Naturalmente la famiglia è una bella istituzione proprio perché non è armoniosa. È sana proprio perché contiene così tante discrepanze e diversità. Come dicono i sentimentalisti, è come un piccolo regno e, come quasi tutti gli altri piccoli regni, si trova solitamente in uno stato simile all’anarchia’”.