Un ragazzo di 16 anni, Giuseppe Lenoci, è morto in un incidente stradale nelle Marche: si trovava a bordo di un furgone di una ditta di termo-idraulica in cui stava facendo uno stage nell’ambito di un corso professionale finanziato dalla Regione Marche. Il mezzo è finito fuori strada contro un albero a Serra de’ Conti, in provincia di Ancona, in orario di lavoro. L’adolescente, originario di Monte Urano (Fermo), viaggiava al posto del passeggero – che ha subito il maggiore impatto contro l’albero – ed è morto sul colpo. Avrebbe compiuto 17 anni a maggio. Il conducente, un operaio di 37 anni originario del fermano, è stato sbalzato via dall’abitacolo finendo a a vari metri di distanza dal mezzo: è in gravi condizioni all’ospedale di Torrette di Ancona. Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi dopo aver espresso “profondo dolore e vicinanza alla famiglia” ha detto che “la sicurezza sul lavoro deve essere sempre garantita, a maggior ragione quando sono coinvolti dei ragazzi in formazione. Su questo abbiamo già avviato un confronto con il Ministro del Lavoro Orlando e messo a ragionare i nostri tecnici. Credo sia urgente ritrovarci anche insieme alle Regioni per un percorso che porti a una maggiore sicurezza in tutti i percorsi di formazione dove sono previsti contatti dei nostri giovani con il mondo del lavoro”.
L’incidente mortale ha ovviamente riaperto le polemiche sull’alternanza scuola-lavoro, oggetto della mobilitazione studentesca delle ultime settimane seguita alla morte di Lorenzo Parelli, lo studente schiacciato il 21 gennaio scorso da una trave d’acciaio in una fabbrica in Friuli, dove stava svolgendo un periodo di apprendistato. L’Unione degli studenti scrive in una nota: “Vogliamo sicurezza dentro e fuori le scuole, vogliamo che l’alternanza scuola-lavoro e gli stage vadano aboliti a favore dell’istruzione integrata che metta in critica il sistema produttivo attuale per costruire dai luoghi della formazione un modello diverso di società”. A pochi giorni dalla morte di Lorenzo Parelli, lo studente di 18 anni deceduto per un incidente in azienda nell’ultimo giorno di stage, dice il coordinatore nazionale dell’Uds Luca Redolfi, “ci troviamo di fronte ad un’altra morte in un luogo di lavoro, dove uno studente non dovrebbe stare”. “Ci chiediamo – conclude – quanti altri studenti e giovani debbano morire prima l’idea di un sistema unicamente volto al profitto e allo sfruttamento, cambi, una volta per tutte”.
“I corsi di formazione professionale hanno ucciso per la seconda volta in meno di un mese, scrive invece il sindacato Usb in una nota definendo “inutili” le “chiacchiere che a valanga hanno seguito la morte” di Lorenzo Parelli, “comprese le tardive esternazioni del ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi sul superamento dell’alternanza scuola lavoro e dei modelli collegati”. E il sindacato chiede “la fine dell’alternanza scuola lavoro, della scuola azienda, e la revisione totale dei modelli della formazione professionale, questa specie di serie B dell’ingresso nel mondo del lavoro riservata ai ragazzi che alle medie ricevono il bollino “scarso”, il 6 o giù di lì, e per questo vengono gettati nel calderone del lavoro non qualificato”. Un calderone, conclude l’Unione sindacale di base, in cui “sguazzano le aziende che piegano la formazione alle loro esigenze, con tutto quel che ne consegue per la sicurezza e la salute dei giovani”.
“In questo momento bisogna fermarsi e riflettere”, è l’invito della sindaca di Monte Urano Moira Canigola. “Prima di parlare bisogna conoscere e attediamo di avere più elementi a disposizione, intanto mi sento di esprimere le condoglianza ai familiari per questa immane tragedia a nome mio, dell’amministrazione e d tutta la cittadinanza”. “L’ennesima vittima di un Paese dove morire di lavoro non suscita più nemmeno le attenzioni della politica, dove solo quando è troppo tardi ci si domanda come sia potuto accadere”, scrive su Facebook il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni. “Uno studente che muore durante un percorso formativo in azienda è un profondo fallimento dello Stato e della collettività che hanno permesso ciò. Perché a 16, 17 o 18 anni non devi essere in fabbrica, in azienda o in ufficio. Devi poterti dedicare liberamente allo studio, fare le tue esperienze, crescere come persona. E il compito dello Stato è costruire le condizioni per permetterlo”.