Tra gli strali dei balneari e di una parte del centrodestra, il governo per evitare la procedura di infrazione europea ha varato all’unanimità la norma che metterà fine alle proroghe incondizionate delle concessioni sulle spiagge. Senza aspettare gli esiti del tavolo tecnico con i rappresentanti del comparto voluto dai ministri leghisti Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia e partito a inizio gennaio. Palazzo Chigi ha preso atto della sentenza del Consiglio di Stato che ha bocciato la proroga fino al 2034 concessa quattro anni fa ed è corso ai ripari con un provvedimento in due tempi. Dal 2024 – questa norma è destinata a entrare nel ddl concorrenza attraverso un emendamento – scatterà il divieto espresso di proroghe e rinnovi anche non automatici. Il consiglio dei ministri ha poi approvato un ddl delega per il riordino del settore: ci saranno sei mesi per adottare i decreti delegati con l’obiettivo di “riordinare e semplificare la disciplina in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali” nonché “la disciplina in materia di concessioni per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, ivi inclusi i punti d’ormeggio”. Tra i principi da rispettare anche quello di canoni in linea con la redditività. Le gare dovranno comunque valorizzare l’esperienza nel settore, garantire l’accesso ai piccoli operatori e tutelare chi non ha altre fonti di reddito.

Concessioni non superiori al necessario per ammortizzare investimenti – Al netto di eventuali modifiche parlamentari, già ventilate dalla Lega, andrà favorita “la pubblica fruizione” delle spiagge promuovendo “in coerenza con la normativa europea, un maggiore dinamismo concorrenziale nel settore”. La durata della concessione non dovrà essere superiore a quanto necessario per garantire al concessionario “l’ammortamento e l’equa remunerazione degli investimenti autorizzati dall’ente concedente in sede di assegnazione della concessione e comunque da determinarsi in ragione dell’entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare”. Quanto ai canoni, addio a quelli irrisori applicati finora. Il governo dovrà definire “criteri uniformi per la quantificazione di canoni annui concessori che tengano conto del pregio naturale e dell’effettiva redditività delle aree demaniali da affidare in concessione, nonché dell’utilizzo di tali aree per attività sportive, ricreative e legate alle tradizioni locali, svolte in forma singola o associata senza scopo di lucro, ovvero per finalità di interesse pubblico”. Non solo. Toccherà al governo procedere con la “definizione di una quota del canone annuo concessorio da riservare all’ente concedente e da destinare a interventi di difesa delle coste e di miglioramento della fruibilità delle aree demaniali libere”.

Più “punti” a chi ha esperienza e non ha altre fonti di reddito – Una settimana fa il premier Mario Draghi aveva annunciato “una proposta che tuteli il settore“. Per mantenere la promessa, nella delega è prevista la valorizzazione ai fini della scelta del concessionario “dell’esperienza tecnica e professionale già acquisita in relazione all’attività oggetto di concessione o ad analoghe attività di gestione di beni pubblici, secondo criteri di proporzionalità e di adeguatezza e, comunque, in maniera tale da non precludere l’accesso al settore di nuovi operatori” e “della posizione dei soggetti che, nei cinque anni antecedenti l’avvio della procedura selettiva, hanno utilizzato la concessione quale prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare (…) anche tenendo conto della titolarità, alla data di avvio della procedura selettiva, in via diretta o indiretta, di altra concessione o di altre di attività d’impresa o di tipo professionale”. Dovranno poi essere previste “clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato nell’attività del concessionario uscente”. Andranno inoltre definiti “dei presupposti e dei casi per l’eventuale frazionamento in piccoli lotti delle aree demaniali da affidare in concessione, al fine di favorire la massima partecipazione delle microimprese e piccole imprese” oltre agli “enti del terzo settore”.

Indennizzi a chi ha investito e perde la concessione – Nel caso l’attuale titolare che può dimostrare di aver fatto investimenti perda la concessione, poi, avrebbe degli indennizzi. Il testo chiede infatti la “definizione di criteri uniformi per la quantificazione dell’indennizzo da riconoscere al concessionario uscente, posto a carico del concessionario subentrante, in ragione del mancato ammortamento degli investimenti realizzati nel corso del rapporto concessorio e autorizzati dall’ente concedente e della perdita dell’avviamento connesso ad attività commerciali o di interesse turistico”.

Si terrà conto di qualità e condizioni del servizio – La riforma prevede inoltre una spinta agli investimenti futuri collegati al miglioramento del servizio, con un meccanismo per frenare il caro-ombrellone a tutela dei consumatori. Si dovrà tenere in “adeguata considerazione” la “qualità e delle condizioni del servizio offerto agli utenti, alla luce del programma di interventi indicati dall’offerente per migliorare l’accessibilità e la fruibilità del demanio, anche da parte dei soggetti con disabilità, e l’idoneità di tali interventi ad assicurare il minimo impatto sul paesaggio, sull’ambiente e sull’ecosistema, con preferenza del programma di interventi che preveda attrezzature non fisse e completamente amovibili”.

Obbligo di garantire l’accesso gratuito al mare – Nei bandi di gara uno dei requisiti sarà quello di garantire a tutti l’accesso al mare. Una disposizione già prevista per legge ma spesso violata. Tra le regole per le gare andrà quindi prevista “la costante presenza di varchi per il libero e gratuito accesso e transito”, si legge nella bozza, “per il raggiungimento della battigia antistante l’area ricompresa nella concessione anche al fine di balneazione, con la previsione, in caso di ostacoli da parte del titolare della concessione al libero e gratuito accesso e transito alla battigia, delle conseguenze delle relative violazioni“.

Lobby contro le gare. Bonelli: “Finora spiagge svendute” – In attesa del consiglio dei ministri, le lobby del comparto e alcuni enti locali hanno nuovamente gridato allo scandalo. “Con questo atteggiamento non è l’Europa che ci dice di fare qualcosa, ma è il governo italiano che ci sta mandando in pasto all’Europa e sta aprendo le porte agli investitori stranieri”, ha commentato Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari Italia. “Noi siamo estremamente sorpresi circa il modo e l’approccio che si è avuto per gestione della vicenda. Siamo stati convocati dal governo per ben tre volte con tre tavoli dove c’è stato un monologo da parte delle associazioni invitate, ma dall’altra parte non c’è stata nessun tipo di confronto dialettico. Siamo andati a dire quali erano le nostre posizioni, ma è finito tutto lì”. “Siamo allibiti e sconcertati da questo blitz del Consiglio dei Ministri, lo reputiamo assurdo e vogliamo essere fiduciosi che oggi non si approvi alcun documento e si mantenga fede agli impegni di condivisione assunti dal tavolo tecnico”, lamenta tra gli altri Nico Venditti, presidente del Sib Molise, principale sindacato di categoria nella regione. “E’ chiaro che l’ultima parola sull’attuazione della Bolkestein spetta al governo, ma voglio ricordare che era stato preso un impegno formale con la convocazione del tavolo tecnico, avviato solo la settimana scorsa”.

Sul fronte opposto, il co-portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli chiede di non fare concessioni: “Quali sono esattamente gli investimenti da salvaguardare con cui il Governo vorrebbe giustificare una nuova proroga delle concessioni balneari fino alla fine del 2023? Sono 160 milioni i metri cubi di cemento che ingombrano le nostre spiagge: 19,2 milioni di metri quadri di arenili occupati da stabilimenti, villaggi, porti, alberghi e strade”. “Le spiagge italiane – continua – sono state svendute a canoni ridicoli, utilizzate e sfruttate in regime di monopolio, con il consenso di una classe politica interessata unicamente a difendere dei privilegi insostenibili. La spiaggia dell’hotel 5 stelle Cala di Volpe costa all’emiro del Qatar la cifra irrisoria di 520 euro l’anno mentre l’emiro, con i suoi 4 hotel incassa intorno ai 106 milioni di euro; il Twiga, di proprietà di Flavio Briatore e dell’onorevole Daniela Santanchè paga allo Stato 17mila euro a fronte di un fatturato di 4 milioni di euro; il Papeete paga 10 mila euro l’anno ma fattura 3,2 milioni di euro”.

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