La bocciatura da parte della Consulta del referendum sull’eutanasia legale scatena le forze politiche. Il motivo? Le parole di Enrico Letta provocano le reazioni delle associazioni, che hanno raccolto più di un milione e duecentomila firme per promuovere il quesito. Subito dopo la sentenza il segretario del Pd ha scritto su twitter che la decisione della Corte “deve spingere il Parlamento ad approvare la legge sul suicidio assistito, secondo le indicazioni della Corte stessa”. Dichiarazioni simili a quelle di Giuseppe Conte che rilancia il testo sul fine vita in discussione in Parlamento. Eppure la battaglia per l’eutanasia legale è iniziata quasi 40 anni fa: quattro decenni tra proposte di legge, sentenze, appelli che il Parlamento ha lasciato cadere nel vuoto, testi depositati per togliere (anziché dare) libertà ai malati terminali. La politica non è solo rimasta a guardare, ma spesso e volentieri ha remato contro.

E infatti Marco Cappato, promotore della raccolta firme, ricorda che ” i vertici dei partiti sono stati zitti, sperando che la Corte costituzionale togliesse le castagne dal fuoco. Da destra a sinistra, e soprattutto a sinistra, non hanno speso una parola sul referendum. Spero che ora siano in grado di dimostrare di saper fare non una qualunque legge, ma una buona legge. Perché la proposta di legge a prima firma Pd-M5S peggiorerebbe e restringerebbe le libertà che ci sono fino ad esso. Non abbiamo particolare fiducia, speriamo di essere smentiti ma non stiamo fermi”. Amarezza, oltre che dal tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, viene espressa da una nota dei Radicali che parlano di “brutto colpo alla democrazia“. Non è però una resa. “Anzi – continuano i radicali – ripartiamo da qui più convinti che mai: la battaglia prosegue finché il parlamento non si deciderà a fare una legge sul fine vita. Già dalle prossime ore, al fianco di Marco Cappato, Filomena Gallo, Mina Welby e di tutti coloro che si battono per essere liberi fino alla fine, intraprenderemo tutte le iniziative necessarie per arrivare ad affermare questo diritto”.

La notizia dell’inammissibilità raccoglie reazioni anche a destra, seppur di tenore – come prevedibile – diverso. Matteo Salvini si definisce “dispiaciuto“, perché “la bocciatura di un referendum non è mai una buona notizia”. Il leader della Lega, come è noto, è tra i promotori – insieme agli stessi Radicali – di sei quesiti sulla giustizia che saranno esaminati mercoledì dalla corte. Esulta nettamente per la bocciatura del quesito sull’eutanasia, invece, Giorgia Meloni, che definisce la decisione della Consulta come “sacrosanta”. Per la capa di Fratelli d’Italia si trattava di “un quesito inaccettabile ed estremo che avrebbe scardinato il nostro ordinamento giuridico, da sempre orientato alla difesa della vita umana e alla tutela dei più fragili e deboli. Una sentenza di buon senso. C’è ancora spazio nel nostro ordinamento per difendere il valore della vita, come Fratelli d’Italia intende fare con il suo impegno”. Più moderata Mariastella Gelmini, ministra di Forza Italia: “E’ un tema delicato che interroga la coscienza di ciascuno di noi e anche la fede di ciascuno di noi. Io sono cattolica e fatico a pensare alla vita come a un bene nelle disponibilità esclusiva di ciascuno però al tempo stesso credo che si debbano rispettare le sofferenze di tante persone. E’ un tema estremamente difficile sul quale mi auguro che in Parlamento ci sia come spesso è accaduto in passato libertà di coscienza”. Il Parlamento, però, da quasi 40 anni è rimasto fermo. Ecco perché erano state raccolte quasi un milione e duecentomila firme.

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