L'unico indagato è il medico di base con studio a Rosà (Vicenza). È chiamato a rispondere alla morte del 28enne. Secondo i pm, infatti, poteva accorgersi che l'ematoma era il segnale di qualcosa di più grave e, ordinando degli esami del sangue, il cantante avrebbe avuto una possibilità di sopravvivenza tra il 79 e l'87%. Ma emergono “evidenti responsabilità” anche da parte di un altro medico bolognese
Secondo i NAS c’è stata “troppa superficialità” da parte di due medici – uno in Veneto, l’altro in Emilia Romagna – nei confronti di Michele Merlo, il cantante che è stato stroncato da un’ischemia cerebrale dovuta a una lucemia fulminante. Era il 6 giugno scorso, e il cantante di “X Factor” e “Amici” già da un mese aveva cominciato a preoccuparsi. Esattamente un mese prima, il 7 maggio, erano comparse le prime ecchimosi su schiena e avambraccio destro. La più grande, quella sulla gamba sinistra, era comparsa il 16 maggio.
Dieci giorni dopo, Merlo scrive una mail al suo medico di base, Pantaleo Vitaliano, allegando una foto che mostrava la tumefazzione alla gamba sinistra. Risposta: “La mail è unicamente per la richiesta di terapia cronica. Per qualsiasi altro motivo chiamare in segreteria. Inoltre chiediamo di non inviare foto”. Così, qualche ora più tardi Merlo raggiunge il pronto soccorso di Cittadella, ma gli assegnano un codice bianco e, dopo due ore di attesa, raggiunge proprio lo studio di Vitaliano che lo visita e tratta l’ecchimosi come un banale strappo muscolare. Lo invita poi a tornare il 31 maggio, ma Merlo non si presenterà.
Ora la Procura di Vicenza ha aperto un fascicolo d’inchiesta per omicidio colposo. L’unico indagato è proprio Vitaliano, il medico di base con studio a Rosà (Vicenza). È chiamato a rispondere alla morte del 28enne. Secondo i pm, infatti, poteva accorgersi che l’ematoma era il segnale di qualcosa di più grave e, ordinando degli esami del sangue, il cantante avrebbe avuto una possibilità di sopravvivenza tra il 79 e l’87%. Ma emergono “evidenti responsabilità” anche da parte di un altro medico bolognese, che visitò Merlo il 2 giugno, quattro giorni prima della morte, nell’ambulatorio di Continuità assistenziale di Vergato, sull’Appennino bolognese. La diagnosi? Una tonsillite. Tuttavia, nessuna terapia somministrata il 2 giugno avrebbe evitato il decesso, e dunque il medico di Vergato non è stato indagato.
Si avvicina, intanto, l’incidente probatorio: il prossimo 2 marzo i consulenti della difesa potranno ridiscutere le conclusioni della perizia, ma gli investigatori hanno già raccolto un faldone contenente foto, mail, cartelle cliniche, dove si legge che Vitaliano “con elevata probabilità non ha valutato con sufficiente attenzione l’ematoma (…) non sono stati considerati in maniera adeguata i pregressi ematomi (…) Tali errori possono aver determinato un ritardo nella diagnosi”.