Credevamo che la camorra fosse un’organizzazione tribale, arcaica, familistica e invece, attraverso la narrazione di Roberto Saviano, scopriamo che è dotata di un sistema di welfare più avanzato di quello della società legale e riconosce coppie di fatto e pensione di reversibilità. La prima puntata della preziosa trasmissione Insider dello storico (non certo più solo scrittore) Roberto Saviano conferma tutto quello che, da farmacoeconomista di ruolo presso uno dei più prestigiosi Istituti di Ricerca sul cancro di Italia, scrivo inascoltato da anni: il farmaco è oggi la principale risorsa economica su cui costruire non solo la migliore Sanità ma anche il welfare del terzo millennio per i paesi produttori come l’Italia, mentre al momento, per interessi esclusivamente privati e lobbistici, rappresenta solo un costo sempre più insostenibile per il nostro Ssn.

Roberto Saviano ha il merito prezioso e non riconosciuto di procedere a una lettura storica della realtà, non solo campana ma mondiale, attraverso la principale fonte di rivoluzione sociale ed economica del terzo millennio: la droga “farmaco generico psicoattivo” come risorsa economica infinita, paragonabile soltanto alla autentica rivoluzione che è stata, alla fine del Medioevo, la nascita e la crescita delle Banche nei Comuni. Nessuno storico istituzionale è riuscito sino a oggi a leggere al meglio, come Roberto Saviano, la nostra realtà socio-economica almeno degli ultimi 50 anni con il filtro dell’unica ed eccezionale “rivoluzione industriale” iniziata alla fine del XIX secolo con la scomparsa della Medicina Galenica e officinale e la nascita dell’industria farmaceutica mondiale, che oggi, principio del XXI secolo, governa di fatto il mondo, sia nella sua forma socialmente e legalmente accettata (Big Pharma) sia nella sua forma illegale, più nota come narcomafia.

L’industria farmaceutica soprattutto negli ultimi cinquant’anni rappresenta la principale fonte di reddito cash della industria manifatturiera mondiale e condiziona i Governi di tutto il mondo. Abbiamo soltanto da imparare dal welfare sociale ormai istituzionale, efficientissimo e perfettamente regolato gerarchicamente e con i medesimi principi di mutuo soccorso e persino di reversibilità creato dalla camorra con lo spaccio della droga, ormai considerato un lavoro “normale” i cui “lavoratori” devono avere quelle garanzie anche previdenziali che invece chi lavora nello stato ha da tempo perduto.

Ho già scritto che sono stato testimone oculare della confessione di una “vedetta” della camorra che, accompagnandomi in pronto soccorso per un malore come non facevano i vigili urbani, mi aveva confessato candidamente di avere uno stipendio, quale ultima ruota del carro, di 1500 euro al mese più motorino, cellulare e bancarella di falsi cd come “fringe benefit”. Da quel giorno mi martella il pensiero che il mio Istituto di Ricerca sul Cancro Irccs spende oltre 63 milioni di euro l’anno solo per farmaci e beni sanitari e meno di 61 per gli stipendi di tutti i suoi operatori, ma non è minimamente in grado, né ci pensa neppure, di garantire non già ad una misera “vedetta” della camorra ma ai suoi migliori ricercatori (che lo hanno dimostrato anche durante la pandemia di Covid-19), un minimo di certezza non solo sulla precarietà del proprio posto di lavoro ma anche sulla dovuta assistenza previdenziale.

Io sono stato borsista precario a fare il ricercatore senza previdenza per lo Stato italiano per oltre 11 anni. Oggi i miei giovani colleghi subiscono una media di precariato di circa 14 anni. Abbiamo inventato una “meritocratica” piramide della ricerca in Italia che, negli Irccs pubblici, rende ragione a oggi della presenza di circa 1600 giovani ricercatori precari, il meglio della nostra ex gioventù, formatisi a fare ricerca per interesse più di ditte farmaceutiche private per farmaci innovativi sotto brevetto che, per esempio, per ricerche epidemiologiche sulle Terre dei Fuochi.
La legge n. 205 del 27 dicembre 2017, nota come “piramide del ricercatore”, che avrebbe, secondo il documento, posto fine al precariato consentendo un futuro stabile al ricercatore Irccs e Izs, riconosciuto come il motore della ricerca pubblica italiana consentendo la “sinergia tra i diritti del lavoratore e la flessibilità e la mobilità proprie del settore della ricerca”, come al solito è stato sino a oggi solo l’ennesimo boomerang contro la dignità del lavoro dei ricercatori.

“Allo stato attuale delle cose, la piramide del ricercatore ha creato negli Irccs pubblici un ulteriore vulnus, la coabitazione tra ricercatori che, pur avendo lo stesso percorso di studi, negli anni sono stati assunti nella dirigenza e altri, soprattutto giovani, assunti nel comparto con evidenti disparità di ruolo e di retribuzione. In secondo luogo l’inquadramento economico: le fasce di retribuzione sono ben lungi dall’attrarre “cervelli”, come dichiarato dai legislatori, e anche nella fascia più alta sono molto lontane dai livelli di retribuzione dei colleghi della assistenza, di fatto incentivando i ricercatori alla fuga, nel privato o all’estero, avviando gli Istituti verso un graduale declino anche in considerazione del fatto che si parla di persone (ex) giovani che ne costituiscono il futuro di ricerca” (Anaao-Assomed).

In sintesi, mentre la imprenditoria casalese, detta camorristica “miope”, ha compreso da decenni che la prima cosa da fare con i soldi infiniti dei farmaci-droga era creare un “welfare” sociale di base, lo stato italiano da un lato obbliga, per avere risorse per la ricerca, a fare quasi esclusivamente ricerca a favore delle ditte farmaceutiche private e dei loro farmaci innovativi sotto brevetto, dall’altro alla “meglio ex gioventù” italiana che dedica i migliori anni della propria vita alla ricerca farmaceutica, specie in oncologia, garantisce la precarietà lavorativa a vita e, alla fine, una totale assenza di copertura previdenziale pensionistica.

E’ giunta l’ora che anche lo stato italiano cambi non solo i propri rapporti con le ditte farmaceutiche private passando anche nel Ssn come per tutto il resto del comparto Sanità a forme di collaborazione pubblico-privato a favore del Ssn (si pensi ai vergognosi licenziamenti Pfizer a Catania!) ma soprattutto che cominci a pensare che assicurare la meritocrazia nella ricerca deve garantire comunque la dignità e la previdenza, per il lavoro di eccellenza prestato, a tutti coloro che non potranno restare nella piramide dei ricercatori per diventare ricercatori a tempo indeterminato.

Il costo? Per i circa 1600 “piramidati” ricercatori italiani negli Irccs, da eliminare poi uno per volta quando non servono più alle ditte farmaceutiche private, servirebbero circa 70 milioni di euro l’anno: sono l’equivalente di soli sette giorni di denaro cash per droga a Milano! Il farmaco deve essere risorsa, non solo costo, per il Ssn, cosi come lo è già da decenni per la camorra!

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