Avallò “le nefaste scelte” di un medico che consigliò tisane e psicoterapia a una paziente per curare un melanoma maligno. Per questo Maria Gloria Alcover Lillo, “mentore” di Germana Durando arrestata lo scorso ottobre per scontare la pena definitiva per omicidio colposo di Marina L., è stata condannata in via definitiva per cooperazione colposa nell’omicidio della paziente. La donna è morta a 53 anni nel 2014 preda di un tumore che nemmeno un intervento chirurgico era riuscito a debellare perché per un cancro era stato trattato contro ogni logica e protocollo scientifico. Ma, questo il ragionamento dei giudici della Cassazione, se quella donna fosse stata “indirizzata subito alla medicina tradizionale, quando ancora non si era manifestato un quadro sintomatologico particolarmente allarmante, con altissima probabilità sarebbe stata ben altra, e migliore, la prognosi di sopravvivenza, oltre che della qualità della sua vita“.

I supremi giudici – con sentenza depositata il 4 febbraio – hanno quindi respinto l’ultimo ricorso della Alcover Lillo rendendo definitiva la sua condanna a tre anni. Durando, omeopata poi radiata seguiva le teorie sviluppate dal tedesco Ryke Geerd Hamer e basate sul presupposto che la malattia sia il prodotto di un conflitto psichico. Teorie da sempre respinte dalla comunità scientifica. La Alcover Lillo, 66 anni, di origini spagnole, iscritta all’ordine dei medici di Modena, era la “mentore” dell’omeopata e la supportò “nelle fallimentari scelte terapeutiche” per trattare la paziente.

Nel maggio del 2012 Alcover Lillo fu chiamata a valutare la situazione di rischio in cui Marina L. (con un neo di 5 millimetri sulla spalla) si trovava e, come ricostruito dai giudici di secondo grado citati nella sentenza della Cassazione, e ne percepì “immediatamente la gravità, visto che definì la formazione cutanea un cancero. Nonostante quindi si fosse di fronte a un tumore maligno l’imputata aderì al consiglio dato dalla Durando alla paziente “di rimandare l’intervento fino a che il tumore non fosse uscito naturalmente dal corpo della paziente, adesione che è connotata da una manifesta attitudine agevolatrice della dissennata condotta dell’allieva Durando“.

Scelte appunto “nefaste” pur “nella consapevolezza della loro contrarietà alla medicina tradizionale e dei pericolosi rischi connessi alla grave situazione di salute in cui versava” la paziente. Che se nel 2012, invece di ricevere il consiglio “di proseguire nella terapia omeopatica”, avesse ricevuto quello “di sottoporsi all’exeresi e poi a cicli di radio o chemioterapia… ” avrebbe avuto una “aspettativa di vita” “certamente più lunga e con sofferenze ben inferiori rispetto a quelle effettivamente patite”. Prognosi di sopravvivenza e qualità della vita sarebbero state diverse.

Per questo e in considerazione “eccezionale gravità della colpa” riconosciuta dai giudici di secondo grado gli ermellini hanno respinto il ricorso anche nel punto in cui la difesa lamentava la non concessione delle attenuanti generiche avendo “cercato di sottrarre la Durando alle proprie responsabilità”; non avendo “fornito alcun contributo ai fini della reale ricostruzione della vicenda”; avendo “posto in essere la sua condotta nonostante la previsione del letale evento, in quanto consapevole della natura tumorale del neo“, avendo “supportato la collega Durando nelle fallimentari scelte terapeutiche assunte, anche a fronte della loro evidente inidoneità e pericolosità per la vita della paziente”.

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