La de-escalation è avviata ma ancora non è completa. Vladimir Putin ha dato un segnale di distensione autorizzando l’inizio del ritiro delle truppe dal confine ed assicurando di non volere la guerra, ma la Nato ha espresso dubbi su una reale frenata delle tensioni sul terreno. E anche il presidente Usa Joe Biden ha replicato con massima cautela, affermando che un attacco russo resta ancora una possibilità concreta. La disponibilità del leader del Cremlino a dialogare sulla sicurezza regionale, espressa ricevendo il cancelliere tedesco Olaf Scholz, non ha chiarito come si scioglierà il nodo più intricato della partita: il braccio di ferro sull’ingresso di Kiev nella Nato. Perché Mosca insiste, non dovrà accadere mai; ma gli occidentali non possono accettarlo, almeno formalmente e per iscritto, come vorrebbe il Cremlino.
E Biden ha dato voce ai dubbi degli occidentali ma anche alla loro cauta disponibilità: “Gli Usa sono preparati, a prescindere da quello che accade – ha spiegato in serata dalla Casa Bianca – un attacco all’Ucraina resta sempre possibile“. Per il presidente, gli Stati Uniti “non hanno ancora verificato in questa fase” l’effettivo ritiro dei russi dal confine ucraino, ma ha aggiunto: “Siamo desiderosi di negoziare accordi scritti con la Russia“, di proporre “nuove misure sul controllo degli armamenti e sulla trasparenza…alla diplomazia deve essere data “ogni possibilità di avere successo”. “Non vogliamo destabilizzare la Russia”, ha quindi assicurato.
All’indomani degli annunci sui media americani di un’imminente invasione russa, in mattinata il ministero della Difesa di Mosca aveva fatto sapere che “unità dei distretti militari meridionali e occidentali che hanno completato i loro compiti” nelle esercitazioni alla frontiera hanno iniziato a rientrare nelle basi. Un ritiro “pianificato”, ha chiarito il ministro degli Esteri Serghiei Lavrov, respingendo gli allarmi diffusi come “terrorismo mediatico”, frutto “dell’isteria occidentale”. Per la Nato però “non ci sono segnali sul terreno che la Russia stia riducendo le truppe ai confini dell’Ucraina”, ha affermato il segretario generale Jens Stoltenberg. Che ha chiesto anche il ritiro dei mezzi pesanti e dell’equipaggiamento militare. A rafforzare lo scetticismo occidentale è arrivata la denuncia di Kiev di un cyberattacco ai siti del ministero della Difesa e di due banche pubbliche. Un segnale, se confermato, di un nuovo attacco ibrido con la probabile regia di Mosca.
Al Cremlino nel frattempo è andato in scena l’evento clou della giornata negoziale, con il faccia a faccia tra Vladimir Putin e Olaf Scholz. Il cancelliere tedesco ha teso una mano, sottolineando che la sicurezza dell’Europa “non può essere costruita contro la Russia ma in cooperazione con la Russia”. Putin ha apprezzato, spiegando che ci sono “elementi” su cui è pronto a lavorare e che “ovviamente – ha detto – non voglio la guerra”. Ma gli spunti di ottimismo sono tutti qui. Il leader russo, come di consueto, ha mostrato i muscoli, avvertendo che i colloqui “non possono andare troppo per le lunghe”. E non ha rinunciato ad una tirata contro gli occidentali: “Da 30 anni ci dicono che non allargheranno la Nato verso la Russia ma è sempre successo”, ha accusato, rifiutando la tesi che l’adesione dell’Ucraina non sia al momento in agenda. “Che accadrà domani o dopodomani, per noi sarà lo stesso, la questione va risolta ora”, ha avvertito. Su questo tema “non si negozia”, è stata però la replica di Scholz.
Per superare la crisi le cancellerie puntano ancora sull’applicazione degli accordi di Minsk, che prevedono anche una maggiore autonomia del sud-est ucraino. Da Mosca, tuttavia, sono arrivati segnali che rischiano di far saltare il tavolo. La Duma, la camera bassa del parlamento, ha approvato una richiesta a Putin perché riconosca le autoproclamante repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk. Tra le proteste dell’Ue e della Nato. Intanto, i capi delle diplomazie russa e americana Serghiei Lavrov e Antony Blinken hanno avuto un nuovo colloquio telefonico, Joe Biden ha parlato con Emmanuel Macron della necessità di “verificare” il ritiro delle forze russe. L’Italia ha fatto la sua parte con un colloquio tra il premier Mario Draghi ed il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e con la missione a Kiev del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che giovedì è atteso a Mosca.
Mondo
Ucraina, Biden non crede al ritiro della Russia: “Usa preparati, attacco ancora possibile. Puntiamo a negoziati scritti con Mosca”
Per il presidente, gli Stati Uniti "non hanno ancora verificato in questa fase" l’effettivo ritiro dei russi dal confine ucraino. Al Cremlino nel frattempo è andato in scena l’evento clou della giornata negoziale, con il faccia a faccia tra Vladimir Putin e Olaf Scholz
La de-escalation è avviata ma ancora non è completa. Vladimir Putin ha dato un segnale di distensione autorizzando l’inizio del ritiro delle truppe dal confine ed assicurando di non volere la guerra, ma la Nato ha espresso dubbi su una reale frenata delle tensioni sul terreno. E anche il presidente Usa Joe Biden ha replicato con massima cautela, affermando che un attacco russo resta ancora una possibilità concreta. La disponibilità del leader del Cremlino a dialogare sulla sicurezza regionale, espressa ricevendo il cancelliere tedesco Olaf Scholz, non ha chiarito come si scioglierà il nodo più intricato della partita: il braccio di ferro sull’ingresso di Kiev nella Nato. Perché Mosca insiste, non dovrà accadere mai; ma gli occidentali non possono accettarlo, almeno formalmente e per iscritto, come vorrebbe il Cremlino.
E Biden ha dato voce ai dubbi degli occidentali ma anche alla loro cauta disponibilità: “Gli Usa sono preparati, a prescindere da quello che accade – ha spiegato in serata dalla Casa Bianca – un attacco all’Ucraina resta sempre possibile“. Per il presidente, gli Stati Uniti “non hanno ancora verificato in questa fase” l’effettivo ritiro dei russi dal confine ucraino, ma ha aggiunto: “Siamo desiderosi di negoziare accordi scritti con la Russia“, di proporre “nuove misure sul controllo degli armamenti e sulla trasparenza…alla diplomazia deve essere data “ogni possibilità di avere successo”. “Non vogliamo destabilizzare la Russia”, ha quindi assicurato.
All’indomani degli annunci sui media americani di un’imminente invasione russa, in mattinata il ministero della Difesa di Mosca aveva fatto sapere che “unità dei distretti militari meridionali e occidentali che hanno completato i loro compiti” nelle esercitazioni alla frontiera hanno iniziato a rientrare nelle basi. Un ritiro “pianificato”, ha chiarito il ministro degli Esteri Serghiei Lavrov, respingendo gli allarmi diffusi come “terrorismo mediatico”, frutto “dell’isteria occidentale”. Per la Nato però “non ci sono segnali sul terreno che la Russia stia riducendo le truppe ai confini dell’Ucraina”, ha affermato il segretario generale Jens Stoltenberg. Che ha chiesto anche il ritiro dei mezzi pesanti e dell’equipaggiamento militare. A rafforzare lo scetticismo occidentale è arrivata la denuncia di Kiev di un cyberattacco ai siti del ministero della Difesa e di due banche pubbliche. Un segnale, se confermato, di un nuovo attacco ibrido con la probabile regia di Mosca.
Al Cremlino nel frattempo è andato in scena l’evento clou della giornata negoziale, con il faccia a faccia tra Vladimir Putin e Olaf Scholz. Il cancelliere tedesco ha teso una mano, sottolineando che la sicurezza dell’Europa “non può essere costruita contro la Russia ma in cooperazione con la Russia”. Putin ha apprezzato, spiegando che ci sono “elementi” su cui è pronto a lavorare e che “ovviamente – ha detto – non voglio la guerra”. Ma gli spunti di ottimismo sono tutti qui. Il leader russo, come di consueto, ha mostrato i muscoli, avvertendo che i colloqui “non possono andare troppo per le lunghe”. E non ha rinunciato ad una tirata contro gli occidentali: “Da 30 anni ci dicono che non allargheranno la Nato verso la Russia ma è sempre successo”, ha accusato, rifiutando la tesi che l’adesione dell’Ucraina non sia al momento in agenda. “Che accadrà domani o dopodomani, per noi sarà lo stesso, la questione va risolta ora”, ha avvertito. Su questo tema “non si negozia”, è stata però la replica di Scholz.
Per superare la crisi le cancellerie puntano ancora sull’applicazione degli accordi di Minsk, che prevedono anche una maggiore autonomia del sud-est ucraino. Da Mosca, tuttavia, sono arrivati segnali che rischiano di far saltare il tavolo. La Duma, la camera bassa del parlamento, ha approvato una richiesta a Putin perché riconosca le autoproclamante repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk. Tra le proteste dell’Ue e della Nato. Intanto, i capi delle diplomazie russa e americana Serghiei Lavrov e Antony Blinken hanno avuto un nuovo colloquio telefonico, Joe Biden ha parlato con Emmanuel Macron della necessità di “verificare” il ritiro delle forze russe. L’Italia ha fatto la sua parte con un colloquio tra il premier Mario Draghi ed il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e con la missione a Kiev del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che giovedì è atteso a Mosca.
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Roma, 13 feb. (Adnkronos) - Il Milleproroghe è un provvedimento routinario, in teoria nell'esame tutto doveva andare liscio. Invece l'iter di questo provvedimento è stato un disastro, la maggioranza l'ha gestito in modo circense, dando prova di dilettantismo sconcertante". Lo ha detto la senatrice Alessandra Maiorino, vice presidente del gruppo M5S al Senato, nella dichiarazione di voto sul Milleproroghe.
"Già con l'arrivo degli emendamenti abbiamo visto il panico nel centrodestra. Poi è arrivata la serie di emendamenti dei relatori, o meglio del governo sotto mentite spoglie, a partire da quelli celebri sulla rottamazione delle cartelle. Ovviamente l'unica preoccupazione della maggioranza, a fronte di 100 miliardi di cartelle non pagate, è stata solo quella di aiutare chi non paga. Esattamente come hanno fatto a favore dei no vax, sbeffeggiando chi sotto il Covid ha rispettato le regole. In corso d'opera abbiamo capito che l'idea di mettere tre relatori, uno per ogni partito di maggioranza, serviva a consentire loro di marcarsi a vicenda, di bloccare gli uni gli sgambetti degli altri. Uno scenario surreale! Finale della farsa poi è stato il voto di un emendamento di maggioranza ignoto ai relatori e una ignobile gazzarra notturna scoppiata tra i partiti di maggioranza. Non avevamo mai visto tanto dilettantismo in Parlamento".
Roma, 13 feb. (Adnkronos) - "Il decreto Milleproroghe rappresenta una sfida importante, un provvedimento cui abbiamo dato un significato politico, un’anima. L’azione di questo governo punta a mettere in campo riforme e norme strutturali ma esistono anche pilastri meno visibili che hanno comunque l’obiettivo finale della crescita delle imprese e della nostra economia, di sostenere il sistema Italia nel suo complesso. Ecco perché col decreto Milleproroghe abbiamo provveduto ad estendere o a sospendere l’efficacia di alcuni provvedimenti con lo scopo di semplificare e rendere più snella la nostra burocrazia, sempre con l’obiettivo dichiarato della crescita. Fra questi norme sulle Forze dell’ordine e sui Vigili del Fuoco, sostegno ai Comuni e all’edilizia, nel campo sociale e sanitario come in quello dell’industria e della pesca e sul contrasto all’evasione fiscale. Più di 300 emendamenti approvati, tra cui anche quelli dell’opposizione, al fine di perseguire, con questo esecutivo, la finalità di fornire alla nostra Nazione gli strumenti per crescere e per questo il voto di Fratelli d’Italia è convintamente a favore”. Lo dichiara in aula il senatore di Fratelli d’Italia Andrea De Priamo.
Roma, 13 feb. (Adnkronos) - "Dico al ministro Crosetto che l’aumento delle spese per armamenti, addirittura fino al 3%, ruba il futuro ai nostri figli. Ruba risorse alla sanità, alla scuola, ai trasporti. L’aumento delle spese per le armi non ci renderà più sicuri, ma alimenterà conflitti e guerre, come la storia dimostra”. Così Angelo Bonelli, deputato di AVS e co-portavoce di Europa Verde, in merito alle dichiarazioni di Crosetto sull'aumento delle spese militari.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - "Il problema della situazione carceraria nel Paese è un problema che ogni giorno ci tocca da vicino, stiamo gia' predisponendo le dovute soluzioni. Abbiamo gia' definito il piano carceri e il commissario straordinario". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in video collegamento di ritorno dalla Turchia alla "Giornata dell'Orgoglio dell'appartenenza all'avvocatura e dell'accoglienza dei giovani" istituita dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - "Criticità nel disegno di legge costituzionale non ve ne sono tali da alterare il testo, ma sarà seguito da una serie di leggi ordinarie. Per esempio, manca nella disegno di legge costituzionale la riserva per le quote cosiddette rosa, ma questo lo metteremo nelle leggi di attuazione che saranno leggi ordinarie. Anche il sistema del sorteggio potrà essere meglio definito. Ma una cosa e' certa: questa legge costituzionale non si modifica". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in video collegamento di ritorno dalla Turchia alla "Giornata dell'Orgoglio dell'appartenenza all'avvocatura e dell'accoglienza dei giovani" istituita dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo, parlando delle dichiarazioni del vicepresidente del Csm Fabio Pinelli che ieri, aveva parlato dei "punti di criticità della riforma del Csm" sui quali si e' appuntata anche l'attenzione della Commissione Ue, aveva sottolineato la necessita' di "un'approfondita riflessione.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - "Oggi in Turchia, parlando con il mio omologo, il ministro di giustizia turco, quando ho detto che probabilmente i magistrati italiani faranno uno sciopero, lui è rimasto sorpreso e mi ha domandato 'ma è legale?'. Se i magistrati vogliono fare lo sciopero che lo facciano, ma quello che è certo e che, senza alcun dubbio, noi andremo avanti perché e' un nostro impegno verso gli elettori". Lo ha detto il ministro della Giustizia Carlo Nordio intervenendo in vdieocollegamento di ritorno dalla Turchia alla Giornata dell'orgoglio dell'appartenenza degli avvocati a Palermo.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - La separazione delle carriere dei magistrati "è un dovere verso elettorato perché lo avevamo promesso nel nostro programma e questo faremo. Il nostro e' un vincolo politico verso l'elettorato". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in video collegamento, di ritorno dalla Turchia, alla "Giornata dell'Orgoglio dell'appartenenza all'avvocatura e dell'accoglienza dei giovani" istituita dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo. "Io sto girando un po' dappertutto per redigere protocolli - ha proseguito il ministro -, e ogni qualvolta parliamo di separazione carriere ci guardano con un occhio perplesso perché in tutti gli ordinamenti del mondo questo è normale".