“Il referendum non era sull’eutanasia ma sull’omicidio del consenziente”. Così il presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, in conferenza stampa spiegando le ragioni che hanno portato la Consulta a dichiarare inammissibile il quesito referendario sull’eutanasia legale, analizzato il 15 febbraio. “Nella sorpresa e anche amarezza che ha destato in molti la decisione di ieri ha giocato un ruolo determinate l’uso che è stato generalizzato ‘Referendum sull’eutanasia’ – ha detto ancora Amato – Perché referendum sull’eutanasia desta nelle persone che leggono o ascoltano la legittima aspettativa che si tratti di un referendum che ha ad oggetto le persone che stanno soffrendo, che sono malate, che sono magari incurabili”.

Nello specificare che il referendum si rivolgeva a coloro che “non sono in grado di fare da soli l’ultima mossa”, e che è “spaventosamente ingiusto” dire “che è inammissibile che si trovi il modo di occuparsi di loro”, Amato ha spiegato: “Peccato che il referendum non fosse sull’eutanasia ma fosse sull’omicidio del consenziente e che arrivare a un voto che, aspettandosi che sia sull’eutanasia, poi legittima l’omicidio del consenziente, finisce per legittimare l’omicidio del consenziente ben al di là dei casi per i quali ci si aspetta che l’eutanasia possa aver luogo”.

“Leggere o sentire che chi ha preso la decisione non sa cosa è la sofferenza ci ha ferito ingiustamente”, ha detto Amato, ribadendo che “il referendum non era sull’eutanasia ma sull’omicidio del consenziente”. “L’omicidio del consenziente sarebbe stato lecito in casi ben più numerosi e diversi da quelli dell’eutanasia”, ha concluso.

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