Dopo la bocciatura da parte della Consulta del referendum sulla depenalizzazione della cannabis, è scontro tra il comitato promotore e il presidente della Corte costituzionale, Giuliano Amato. “Il primo sotto quesito prevede che scompare tra le attività penalmente punite la coltivazione delle sostanze stupefacenti di cui alle tabelle 1 e 3, che non includono la cannabis”, aveva spiegato nel corso di una conferenza il presidente della Consulta. Ma è stato Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, a replicare: “Errore sulle tabelle? No, il clamoroso errore è di Giuliano Amato. Ha affermato il falso. Non sono stati nemmeno in grado di connettere correttamente i commi della legge sulle droghe. Un errore materiale che cancella il referendum“. E poi ha aggiunto: “Non è stato letto correttamente il combinato disposto degli articoli che invece secondo noi riguarda esattamente la cannabis”. Una ricostruzione confermata anche da Antonella Soldo di Meglio Legale: “Non abbiamo fatto alcun errore nella formulazione del quesito considerato che quelle condotte non fanno riferimento solo alla tabella 1, ma anche alle 2 e 4. A seguito della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 4-bis, D.L. 30 dicembre 2005, n. 272”, ha spiegato. E ancora: “Il probabile errore di interpretazione, non nostro, è di non considerare il rimando tra questi due commi”, ha concluso. “La Corte costituzionale formula giudizi non appellabili. Anche per questo sarebbe stato più saggio e prudente, far sì che l’ammissibilità fosse la regola e non seguire un metodo che ha tolto di mezzo referendum sui quali si sarebbe poi potuto dibattere in campagna elettorale. Noi andremo avanti con la disobbedienza civile”, ha aggiunto Cappato. Prima di attaccare: “Il danno vero è inferto alla credibilità delle istituzioni democratiche”.