Diritti

Suicidio assistito, l’Associazione Coscioni: “Il testo di legge Pd-M5s è un passo indietro rispetto ai diritti sul fine vita”

Il giorno dopo la bocciatura del quesito referendario da parte della Corte costituzionale, il comitato promotore torna a farsi sentire e ribadisce la sua contrarietà sulla legge attualmente in discussione in Parlamento

Dopo la bocciatura del quesito referendario per l’eutanasia legale e mentre i leader politici spingono perché ora si apra la discussione in Parlamento, a far sentire la sua voce è il comitato promotore della consultazione. Che mette in guardia dal rischio che i partiti, con la fretta di piantare una bandierina sul tema, approvino una legge che viene considerata un “passo indietro”. Intanto oggi ha parlato il presidente della Camera Roberto Fico: “Si deve andare fino in fondo perché il Parlamento ha il dovere morale e politico di approvare una legge che il Paese attende”, ha scritto su Twitter.

A ribadire il concetto, come già denunciato nelle scorse settimane, è stata l’associazione Luca Coscioni: “Il testo di legge in discussione sul suicidio medicalmente assistito, frutto di un accordo di maggioranza (relatori Bazoli PD e Provenza M5s), risulta essere peggiorativo rispetto ai diritti ad oggi conquistati nei Tribunali ed in generale rispetto all’attuale assetto costituzionale”, si legge in un comunicato diffuso oggi. A dirlo è la presidente del comitato e segretaria dell’associazione Filomena Gallo: “Sarebbe davvero grave arrivare, dopo anni di attese e rinvii, ad una legge che invece di prevedere una disciplina organica, coerente e completa sul fine vita introduce restrizioni e ulteriori condizioni per accedere alla morte volontaria. Non solo la legge sta perdendo la preziosa occasione, preclusa anche al Referendum per l’eutanasia legale con la bocciatura da parte della Corte costituzionale, di colmare il vuoto di tutela rispetto a quei malati che oggi non rientrano nelle condizioni stabilite dalla Corte costituzionale in materia di suicidio assistito (caso Cappato/Antoniani), come i malati che non sono dipendenti da trattamenti di sostegno vitale o quelli che non sono materialmente in grado di autosomministrarsi il farmaco letale, legalizzando l’eutanasia, ma inserisce condizioni ancora più restrittive che rendono l’accesso al percorso del fine vita molto più complesso e incompatibile con le sofferenze intollerabili di alcuni malati”.

E non solo, secondo Gallo: “Il diritto sancito dalla Corte costituzionale e recentemente applicato dal Tribunale di Ancona ,che ha ordinato all’azienda sanitaria delle Marche di procedere alla verifica delle condizioni di Mario, il quarantatreenne tetraplegico a seguito di un incidente stradale, sarebbe irragionevolmente ridimensionato alla luce dei requisiti che la legge sul suicidio assistito in discussione ha introdotto”. Secondo il testo in discussione infatti, “le sofferenze intollerabili devono essere necessariamente sia di natura fisica che psicologica. Il servizio sanitario nazionale, in sede di verifica delle sue condizioni, aveva riscontrato la presenza di intollerabili sofferenze fisiche, che secondo il diritto oggi vigente devono essere alternative e non concorrenti a quelle psicologiche. Infatti, è stato anche riconosciuto come Mario sia pienamente lucido e determinato rispetto alle sue scelte di fine vita. Le restrizioni introdotte dal Parlamento, incluso l’obbligo di sottoporsi ad un percorso di cure palliative, spesso inconciliabile con l’urgenza delle richieste dei malati, determinerebbero un irragionevole arretramento dei diritti oggi faticosamente conquistati grazie a chi ha deciso di rendere pubblica la propria storia”. E si chiude: “L’unico passaggio davvero utile che la legge avrebbe potuto prevedere allo scopo di impedire il prolungarsi indeterminato delle sofferenze del malato – conclude – sarebbe stato quello di inserire precisi limiti temporali entro i quali il SSN sarebbe dovuto intervenire. Invece, anche su questo aspetto la legge tace e pare non vi siano le intenzioni di lavorare per migliorare un testo che se approvato determinerebbe un passo indietro rispetto ai diritti sul fine vita”.