La Russia annuncia il ritiro delle truppe, l’Occidente resta diffidente. La de-escalation della crisi in Ucraina prosegue seguendo lo stesso schema: questa mattina Mosca ha comunicato la fine delle esercitazioni militari nella Crimea annessa, dove il dispiegamento di truppe aveva alimentato i timori di un’invasione. I soldati, ha reso noto il ministero della Difesa in un comunicato, stanno tornando alle loro guarnigioni: la notizia segue appunto un primo ritiro delle truppe russe dai confini dell’Ucraina di martedì. Intanto, anche il ministro degli Esteri della Bielorussia, Vladimir Makei, ripreso dall’agenzia Ria Novosti, ha dichiarato che dopo la fine delle esercitazioni tutti i militari russi lasceranno il suo Paese. Dall’altra parte, però, in serata il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato che la Russia non sta ritirando le sue truppe dai confini dell’Ucraina, ma sta solo effettuando alcuni avvicendamenti tra i contingenti. “Credo che la diplomazia non ha abbia detto l’ultima parola ma ora dobbiamo vedere i fatti oltre alla parole”, ha commentato però la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen alla plenaria di Strasburgo. “La Nato non ha ancora visto segni chiari di ritiro“, ha aggiunto. Parole confermate anche dal segretario generale del Patto Atlantico, Jens Stoltenberg. Sabato, i ministri degli Esteri del G7 terranno una riunione sulla situazione in Ucraina. Proprio Stoltenberg ha invece denunciato che i ministri della Difesa della Nato “hanno valutato che l’ammassamento militare” da parte della Russia nei dintorni dell’Ucraina continua. “Non vediamo alcun segno di de-escalation sul terreno, tutto questo deve cambiare. C’è un gran numero di forze pronte ad attaccare“. E per questo i ministri hanno “incaricato” l’Alleanza di “valutare la presenza di nuove truppe nell’Europa centrale e orientale”.
“Le unità del distretto militare meridionale, dopo aver completato la loro partecipazione alle esercitazioni tattiche, si stanno spostando verso i loro punti di schieramento permanente”, ha affermato il ministero della Difesa russo in un comunicato. Allo stesso tempo, la tv di Stato di Mosca ha trasmesso le immagini di unità militari che attraversavano un ponte che collega la penisola controllata dalla Russia alla terraferma. È positivo che Biden voglia proseguire i colloqui, ha poi fatto sapere il Cremlino in merito alle parole del presidente Usa: “Puntiamo a negoziati scritti con Mosca”. E frena sulla richiesta della Duma di riconoscere le repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk: Putin ha “preso nota” della richiesta, ma un’iniziativa del genere non rispetterebbe gli accordi di Minsk, ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.
Nonostante le parole di Zelensky, un rapporto dell’intelligence di Kiev torna comunque a ribadire che “il contingente militare russo vicino al confine ucraino non è sufficiente per portare a termine con successo un’aggressione armata su larga scala contro l’Ucraina”. Il numero totale delle forze russe, sostengono, è aumentato a oltre 148mila, di cui oltre 126mila soldati di terra. Secondo la nuova valutazione dell’intelligence di Kiev, ci sono attualmente 87 gruppi tattici del battaglione russo in costante allerta intorno all’Ucraina, 53 in più rispetto a quelli normalmente basati nell’area. Il rapporto afferma poi che la Russia al momento “si concentra sulla destabilizzazione della situazione interna dell’Ucraina”, anche con l’uso di strumenti economici ed energetici, oltre agli attacchi informatici.
La Nato ha “sentito” le aperture della Russia verso un’uscita diplomatica dalla crisi Ucraina, ma “finora non abbiamo visto alcuna de-escalation sul terreno. Al contrario, vediamo un accumulo di truppe” e “non abbiamo ricevuto risposte al documento scritto” che è stato mandato a Mosca. Lo sottolinea il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. “Finora – prosegue – non vediamo alcuna de-escalation: stiamo monitorando. Se inizieranno davvero a ritirare truppe, la cosa sarà benvenuta. Hanno sempre spostato le truppe avanti e indietro, ma l’equipaggiamento” resta sul posto e “la tendenza nelle ultime settimane e mesi è di un aumento” della presenza militare ai confini con l’Ucraina. “La Russia conserva la capacità di condurre una vera e propria invasione dell’Ucraina, senza alcun preavviso”, è la posizione Nato. “Quello che vediamo – aggiunge Stoltenberg – è una presenza militare molto forte, ma anche un’occasione per la diplomazia“.
Lo scetticismo è condiviso a Bruxelles. Anche il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, ha espresso cautela questa mattina di fronte all’annuncio del ritiro delle forze russe dalla Crimea, sottolineando che è necessario prima “verificarlo“. Commentando la notizia ai microfoni di radio France Inter, l’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera ha detto che il ritiro, “se fosse vero, senza dubbio” sarebbe un segnale di distensione. Tuttavia ha aggiunto: “Bisogna sempre controllare“. “La Russia ha cercato di ignorare l’esistenza dell’Ue mandando il messaggio che ritiene che l’Ue non sia un interlocutore importante per la sicurezza in Europa. Per dividere il fronte europeo il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov infatti ha mandato lettere alle 27 capitali, sperando di riceve 27 risposte diverse ma ne ha ricevuta una sola a nome di tutti”, ha poi detto Borrell nel suo intervento al Parlamento europeo.
Alla plenaria di Strasburgo ha parlato appunto anche von der Leyen: “Abbiamo esaminato tutte le possibili perturbazioni se la Russia sceglie di usare l’energia come leva di pressione e posso dire che per questo inverno siamo al sicuro“, ha detto la presidente della Commissione Ue. “Con gli stati membri abbiamo messo a punto misure di emergenze che possiamo mettere in campo se si arriva a una crisi totale: oltre 200 navi di Gnl sono in arrivo in Europa”, ha detto. “Ma dobbiamo anche investire per liberarci dalla dipendenza dalla Russia per il gas”. Riguardo alle sanzioni europee in caso di guerra in Ucraina, von der Leyen ha spiegato: “Colpiremo gli interessi strategici differenziando la nostra economia, noi siamo leader nel mondo di componenti high-tech per cui la Russia dipende completamente da noi, le nostre sanzioni possono davvero lasciare il segno e il Cremlino lo sa bene”. La capa di Palazzo Berlaymont ha inoltre reso noto di aver avuto un colloquio telefonico col presidente del Consiglio, Mario Draghi: “Ho avuto uno scambio con il premier Draghi sulla situazione attuale della sicurezza. Una de-escalation sarebbe benvenuta ma mancano segnali concreti da parte della Russia. Abbiamo anche parlato della prontezza nella risposta sulla sicurezza delle forniture energetiche, a beneficio dell’Ue dell’Italia”.
Nuovi spiragli per l’avvio di un dialogo tra i due presidenti russo e ucraino vengono aperti nuovamente dalla Turchia. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha infatti annunciato che Zelensky si è detto disponibile a incontrare il capo di Stato di Mosca ad Ankara o a Istanbul. “Durante il nostro incontro” a Kiev il 3 febbraio “Zelensky ha detto che è aperto rispetto a un vertice trilaterale tra Putin, Zelensky ed Erdogan” ha affermato il leader turco, come riporta l’agenzia Anadolu, parlando con i giornalisti durante un viaggio di ritorno dagli Emirati Arabi Uniti alla Turchia.
Intanto, la Russia ha schierato nelle ultime ore bombardieri a lungo raggio con capacità nucleari e jet da combattimento che trasportano missili ipersonici nella sua base aerea in Siria. I velivoli prendono parte a massicce esercitazioni navali e aeree nel mar Mediterraneo orientale, annunciate il mese scorso.
Mondo
Ucraina, la Russia annuncia la fine delle esercitazioni militari. Zelensky: “Non è un ritiro di truppe ma un avvicendamento”
La de-escalation della crisi in Ucraina prosegue seguendo lo stesso schema: Mosca comunica il ritiro delle truppe, l'occidente resta cauto. La presidente della Commissione Ue: "Messo a punto misure di emergenze che possiamo mettere in campo se si arriva a una crisi totale". Intanto Mosca frena sulla richiesta della Duma di riconoscere le repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk: "Non rispetterebbe gli accordi di Minsk"
La Russia annuncia il ritiro delle truppe, l’Occidente resta diffidente. La de-escalation della crisi in Ucraina prosegue seguendo lo stesso schema: questa mattina Mosca ha comunicato la fine delle esercitazioni militari nella Crimea annessa, dove il dispiegamento di truppe aveva alimentato i timori di un’invasione. I soldati, ha reso noto il ministero della Difesa in un comunicato, stanno tornando alle loro guarnigioni: la notizia segue appunto un primo ritiro delle truppe russe dai confini dell’Ucraina di martedì. Intanto, anche il ministro degli Esteri della Bielorussia, Vladimir Makei, ripreso dall’agenzia Ria Novosti, ha dichiarato che dopo la fine delle esercitazioni tutti i militari russi lasceranno il suo Paese. Dall’altra parte, però, in serata il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato che la Russia non sta ritirando le sue truppe dai confini dell’Ucraina, ma sta solo effettuando alcuni avvicendamenti tra i contingenti. “Credo che la diplomazia non ha abbia detto l’ultima parola ma ora dobbiamo vedere i fatti oltre alla parole”, ha commentato però la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen alla plenaria di Strasburgo. “La Nato non ha ancora visto segni chiari di ritiro“, ha aggiunto. Parole confermate anche dal segretario generale del Patto Atlantico, Jens Stoltenberg. Sabato, i ministri degli Esteri del G7 terranno una riunione sulla situazione in Ucraina. Proprio Stoltenberg ha invece denunciato che i ministri della Difesa della Nato “hanno valutato che l’ammassamento militare” da parte della Russia nei dintorni dell’Ucraina continua. “Non vediamo alcun segno di de-escalation sul terreno, tutto questo deve cambiare. C’è un gran numero di forze pronte ad attaccare“. E per questo i ministri hanno “incaricato” l’Alleanza di “valutare la presenza di nuove truppe nell’Europa centrale e orientale”.
“Le unità del distretto militare meridionale, dopo aver completato la loro partecipazione alle esercitazioni tattiche, si stanno spostando verso i loro punti di schieramento permanente”, ha affermato il ministero della Difesa russo in un comunicato. Allo stesso tempo, la tv di Stato di Mosca ha trasmesso le immagini di unità militari che attraversavano un ponte che collega la penisola controllata dalla Russia alla terraferma. È positivo che Biden voglia proseguire i colloqui, ha poi fatto sapere il Cremlino in merito alle parole del presidente Usa: “Puntiamo a negoziati scritti con Mosca”. E frena sulla richiesta della Duma di riconoscere le repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk: Putin ha “preso nota” della richiesta, ma un’iniziativa del genere non rispetterebbe gli accordi di Minsk, ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.
Nonostante le parole di Zelensky, un rapporto dell’intelligence di Kiev torna comunque a ribadire che “il contingente militare russo vicino al confine ucraino non è sufficiente per portare a termine con successo un’aggressione armata su larga scala contro l’Ucraina”. Il numero totale delle forze russe, sostengono, è aumentato a oltre 148mila, di cui oltre 126mila soldati di terra. Secondo la nuova valutazione dell’intelligence di Kiev, ci sono attualmente 87 gruppi tattici del battaglione russo in costante allerta intorno all’Ucraina, 53 in più rispetto a quelli normalmente basati nell’area. Il rapporto afferma poi che la Russia al momento “si concentra sulla destabilizzazione della situazione interna dell’Ucraina”, anche con l’uso di strumenti economici ed energetici, oltre agli attacchi informatici.
La Nato ha “sentito” le aperture della Russia verso un’uscita diplomatica dalla crisi Ucraina, ma “finora non abbiamo visto alcuna de-escalation sul terreno. Al contrario, vediamo un accumulo di truppe” e “non abbiamo ricevuto risposte al documento scritto” che è stato mandato a Mosca. Lo sottolinea il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. “Finora – prosegue – non vediamo alcuna de-escalation: stiamo monitorando. Se inizieranno davvero a ritirare truppe, la cosa sarà benvenuta. Hanno sempre spostato le truppe avanti e indietro, ma l’equipaggiamento” resta sul posto e “la tendenza nelle ultime settimane e mesi è di un aumento” della presenza militare ai confini con l’Ucraina. “La Russia conserva la capacità di condurre una vera e propria invasione dell’Ucraina, senza alcun preavviso”, è la posizione Nato. “Quello che vediamo – aggiunge Stoltenberg – è una presenza militare molto forte, ma anche un’occasione per la diplomazia“.
Lo scetticismo è condiviso a Bruxelles. Anche il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, ha espresso cautela questa mattina di fronte all’annuncio del ritiro delle forze russe dalla Crimea, sottolineando che è necessario prima “verificarlo“. Commentando la notizia ai microfoni di radio France Inter, l’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera ha detto che il ritiro, “se fosse vero, senza dubbio” sarebbe un segnale di distensione. Tuttavia ha aggiunto: “Bisogna sempre controllare“. “La Russia ha cercato di ignorare l’esistenza dell’Ue mandando il messaggio che ritiene che l’Ue non sia un interlocutore importante per la sicurezza in Europa. Per dividere il fronte europeo il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov infatti ha mandato lettere alle 27 capitali, sperando di riceve 27 risposte diverse ma ne ha ricevuta una sola a nome di tutti”, ha poi detto Borrell nel suo intervento al Parlamento europeo.
Alla plenaria di Strasburgo ha parlato appunto anche von der Leyen: “Abbiamo esaminato tutte le possibili perturbazioni se la Russia sceglie di usare l’energia come leva di pressione e posso dire che per questo inverno siamo al sicuro“, ha detto la presidente della Commissione Ue. “Con gli stati membri abbiamo messo a punto misure di emergenze che possiamo mettere in campo se si arriva a una crisi totale: oltre 200 navi di Gnl sono in arrivo in Europa”, ha detto. “Ma dobbiamo anche investire per liberarci dalla dipendenza dalla Russia per il gas”. Riguardo alle sanzioni europee in caso di guerra in Ucraina, von der Leyen ha spiegato: “Colpiremo gli interessi strategici differenziando la nostra economia, noi siamo leader nel mondo di componenti high-tech per cui la Russia dipende completamente da noi, le nostre sanzioni possono davvero lasciare il segno e il Cremlino lo sa bene”. La capa di Palazzo Berlaymont ha inoltre reso noto di aver avuto un colloquio telefonico col presidente del Consiglio, Mario Draghi: “Ho avuto uno scambio con il premier Draghi sulla situazione attuale della sicurezza. Una de-escalation sarebbe benvenuta ma mancano segnali concreti da parte della Russia. Abbiamo anche parlato della prontezza nella risposta sulla sicurezza delle forniture energetiche, a beneficio dell’Ue dell’Italia”.
Nuovi spiragli per l’avvio di un dialogo tra i due presidenti russo e ucraino vengono aperti nuovamente dalla Turchia. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha infatti annunciato che Zelensky si è detto disponibile a incontrare il capo di Stato di Mosca ad Ankara o a Istanbul. “Durante il nostro incontro” a Kiev il 3 febbraio “Zelensky ha detto che è aperto rispetto a un vertice trilaterale tra Putin, Zelensky ed Erdogan” ha affermato il leader turco, come riporta l’agenzia Anadolu, parlando con i giornalisti durante un viaggio di ritorno dagli Emirati Arabi Uniti alla Turchia.
Intanto, la Russia ha schierato nelle ultime ore bombardieri a lungo raggio con capacità nucleari e jet da combattimento che trasportano missili ipersonici nella sua base aerea in Siria. I velivoli prendono parte a massicce esercitazioni navali e aeree nel mar Mediterraneo orientale, annunciate il mese scorso.
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Roma, 13 mar. (Adnkronos) - Il governo è "determinato" a contrastare l'evasione fiscale e allo stesso tempo alleggerire la pressione sui contribuenti onesti. Per il taglio delle tasse al ceto medio bisognerà aspettare gli esiti a fine marzo della verifica della commissione tecnica sullo stock dei debiti fiscali da 1.275 miliardi di euro. Il nuovo corso del governo per le verifiche ex ante, intanto, sta portando i primi frutti con un calo del 19% dei contenziosi nei primi due mesi dell'anno. Nel suo intervento alla cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario tributario 2025 alla Camera il viceministro al Mef Maurizio Leo si è soffermato su punti fermi e benefici attesi dalla riforma fiscale.
"Il tema dell'evasione fiscale è sotto gli occhi di tutti, abbiamo un tax gap che oscilla tra 80 e 100 miliardi e dobbiamo assolutamente contrastarlo, come pure la pressione fiscale su cui il governo si è mosso con determinazione, riducendo aliquote da 4 a 3 e rendendo strutturale questa misura cui si aggiunge il taglio del cuneo", ha sottolineato Leo. Accanto a questi due pilastri della lotta all'evasione e della riduzione della pressione fiscale, anche quello della semplificazione e della certezza del diritto, pilastro fondamentale quest'ultimo per "contrastare fenomeni illeciti, ma al tempo stesso attrarre capitali da estero", ha aggiunto.
Il tutto rafforzando 'l'arsenale' ex ante per indirizzare su un percorso di collaborazione i rapporti tra Stato e contribuente. In questa cornice il concordato preventivo biennale e della cooperative compliance stanno portando i primi frutti: nei primi due mesi del 2025 rispetto ai primi due mesi del 2024 c'è stata "una contrazione del contenzioso tributario" con un calo "del 19% dei nuovi giudizio incardinati", ha detto Leo, rilevando che "in alcune corti del Sud il calo si attesta addirittura al 50%".
Si attende per fine mese l'esito della requisitoria tecnica sullo stock dei crediti non riscossi dall'amministrazione fiscale. La Commissione tecnica, istituita presso il Mef sul riordino della riscossione e l'analisi del magazzino in carico all'Agenzia delle entrate-Riscossione "sta facendo la ricognizione e all'esito di questo faremo le opportune valutazioni, penso che entro fine mese avremo dei riscontri", ha detto Leo.
La verifica sui carichi renderà più chiaro il quadro su quanti possono essere abbandonati, quanti gestiti in modo differente e quanti possono, eventualmente, essere oggetto di una rottamazione. Considerando che la montagna dello stock ammonta a 1.275 miliardi e che circa tre quarti sono debito sotto i mille euro si aprirebbero ampie chances di recupero. Ma la prudenza è d'obbligo, visto che molte appartengono a soggetti defunti o falliti.
Dalle risorse eventualmente disponibili si capirà se possibile procedere al taglio Irpef per i redditi fino a 50-60mila euro. "Vediamo le risorse e come si può fare", ha risposto Leo interpellato sulla questione. Al momento il governo può contare sugli 1,6 miliardi del gettito del concordato preventivo biennale che si è chiuso a dicembre scorso a cui andrebbero aggiunti gli incassi del ravvedimento speciale che scade il 31 marzo prossimo.
Roma, 13 mar. (Adnkronos) - Il governo è "determinato" a contrastare l'evasione fiscale e allo stesso tempo alleggerire la pressione sui contribuenti onesti. Per il taglio delle tasse al ceto medio bisognerà aspettare gli esiti a fine marzo della verifica della commissione tecnica sullo stock dei debiti fiscali da 1.275 miliardi di euro. Il nuovo corso del governo per le verifiche ex ante, intanto, sta portando i primi frutti con un calo del 19% dei contenziosi nei primi due mesi dell'anno. Nel suo intervento alla cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario tributario 2025 alla Camera il viceministro al Mef Maurizio Leo si è soffermato su punti fermi e benefici attesi dalla riforma fiscale.
"Il tema dell'evasione fiscale è sotto gli occhi di tutti, abbiamo un tax gap che oscilla tra 80 e 100 miliardi e dobbiamo assolutamente contrastarlo, come pure la pressione fiscale su cui il governo si è mosso con determinazione, riducendo aliquote da 4 a 3 e rendendo strutturale questa misura cui si aggiunge il taglio del cuneo", ha sottolineato Leo. Accanto a questi due pilastri della lotta all'evasione e della riduzione della pressione fiscale, anche quello della semplificazione e della certezza del diritto, pilastro fondamentale quest'ultimo per "contrastare fenomeni illeciti, ma al tempo stesso attrarre capitali da estero", ha aggiunto.
Il tutto rafforzando 'l'arsenale' ex ante per indirizzare su un percorso di collaborazione i rapporti tra Stato e contribuente. In questa cornice il concordato preventivo biennale e della cooperative compliance stanno portando i primi frutti: nei primi due mesi del 2025 rispetto ai primi due mesi del 2024 c'è stata "una contrazione del contenzioso tributario" con un calo "del 19% dei nuovi giudizio incardinati", ha detto Leo, rilevando che "in alcune corti del Sud il calo si attesta addirittura al 50%".
Si attende per fine mese l'esito della requisitoria tecnica sullo stock dei crediti non riscossi dall'amministrazione fiscale. La Commissione tecnica, istituita presso il Mef sul riordino della riscossione e l'analisi del magazzino in carico all'Agenzia delle entrate-Riscossione "sta facendo la ricognizione e all'esito di questo faremo le opportune valutazioni, penso che entro fine mese avremo dei riscontri", ha detto Leo.
La verifica sui carichi renderà più chiaro il quadro su quanti possono essere abbandonati, quanti gestiti in modo differente e quanti possono, eventualmente, essere oggetto di una rottamazione. Considerando che la montagna dello stock ammonta a 1.275 miliardi e che circa tre quarti sono debito sotto i mille euro si aprirebbero ampie chances di recupero. Ma la prudenza è d'obbligo, visto che molte appartengono a soggetti defunti o falliti.
Dalle risorse eventualmente disponibili si capirà se possibile procedere al taglio Irpef per i redditi fino a 50-60mila euro. "Vediamo le risorse e come si può fare", ha risposto Leo interpellato sulla questione. Al momento il governo può contare sugli 1,6 miliardi del gettito del concordato preventivo biennale che si è chiuso a dicembre scorso a cui andrebbero aggiunti gli incassi del ravvedimento speciale che scade il 31 marzo prossimo.
Palermo, 13 mar. (Adnkronos) - All'alba di oggi i Carabinieri del Comando Provinciale di Messina e i Finanzieri dei Comandi Provinciali di Catania e Messina hanno effettuato una vasta operazione nelle Province di Messina e Catania, con l’esecuzione di misure cautelari emesse dai Gip dei Tribunali del capoluogo peloritano e di quello etneo, su richiesta delle rispettive Procure, nei confronti 39 persone, a vario titolo indagate, per associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al narcotraffico, numerosi episodi di spaccio di stupefacenti, estorsione, rapina, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti - tutti reati aggravati ai sensi dell’art. 416-bis.1 del codice penale "poiché commessi con metodo mafioso o con il fine di agevolare il clan Cappello-Cintorino' e trasferimento fraudolento di valori.
Le due ordinanze sono il risultato dello stretto coordinamento investigativo attuato tra gli Uffici Giudiziari di Catania e di Messina, sotto la supervisione della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, al fine di monitorare più efficacemente le persistenti attività, anche di sfruttamento economico del territorio, proprie dei citati clan per effetto delle cointeressenze nei territori “di confine” delle due province.
I particolari dell’operazione saranno forniti nel corso di una conferenza stampa che sarà tenuta alle ore 10:30, presso il Palazzo di Giustizia di Messina (via Tommaso Cannizzaro).
Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - "Affronterò il processo con la massima serenità e con la consapevolezza di poter dimostrare la correttezza del mio operato, avendo sempre agito nel pieno rispetto del regolamento previsto dall’Assemblea Regionale Siciliana. Non ho mai, nella mia vita, sottratto un solo centesimo in modo indebito e confido che nel corso del giudizio emergerà la verità, restituendo chiarezza e trasparenza alla mia posizione. Resto fiducioso nella giustizia e determinato a far valere le mie ragioni con il rispetto e la serietà che ho sempre riservato alle istituzioni". Così Gianfranco Miccichè, rinviato a giudizio per l'uso dell'auto blu, commenta il processo che partirà a luglio. "Sono però amareggiato da quanto la stampa riporta sul fatto che, secondo il pm avrei arraffato quanto più possibile- dice - Nella mia vita non ho mai arraffato alcun che e su questo pretendo rispetto da parte di tutti".
Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - L'ex Presidente dell'Assemblea regionale siciliana Gianfranco Miccichè è stato rinviato a giudizio con l'accuaa di peculato e concorso in truffa aggravata il. La prima udienza del processo si terrà il 7 luglio davanti alla terza sezione del tribunale di Palermo. Secondo l'accusa il politico, ex viceministro dell'Economia, avrebbe usato l'auto blu in dotazione, in quanto ex Presidente dell'Ars, per fini personali. In particolare avrebbe usato, non per fini istituzionali, l’Audi della Regione, per una trentina di volte, tra marzo e novembre del 2023, anche per fare visite mediche, e persino per andare dal veterinario con il gatto. Avrebbe fatto salire sull'auto anche componenti della sua segreteria e familiari.
Il suo ex autista, Maurizio Messina, che ha scelto il rito abbreviato, è stato invece condannato dal giudice per l’udienza preliminare Marco Gaeta a un anno e mezzo di carcere per truffa, più sei mesi con l'accusa di avere sottratto la somma che gli era stata sequestrata durante le indagini.
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - La Corte di Assise di Appello di Milano ha assolto, ribaltando la sentenza a sette anni inflitta in primo grado, Salvatore Pace per il concorso nell'omicidio di Umberto Mormile, l'educatore del carcere di Opera ammazzato l'11 aprile 1990. Il delitto fu rivendicato dalla Falange Armata, organizzazione terroristica sulla quale gravitavano mafiosi, 'ndranghetista e componenti dei servizi segreti deviati. Mormile, 34 anni, venne assassinato a Carpiano, nel Milanese, mentre andava al lavoro, quando due individui in sella a una moto esplosero contro di lui sei colpi di pistola. Secondo l'accusa, Pace, 69 anni, diventato collaboratore di giustizia, si sarebbe messo a disposizione dei mandanti dell'omicidio. "Attendo di leggere le motivazioni" è il commento dell'avvocato Fabio Rapici, legale di alcuni dei familiari della vittima.
Roma, 12 mar (Adnkronos) - La Difesa europea non salva il Pd. Anzi, lo spacca. A Strasburgo, al momento del voto sul piano ReArmEu, gli europarlamentari dem si sono divisi: 10 favorevoli e 11 astenuti. Non un banale testa a testa, che già sarebbe una notizia, ma una spaccatura politica. La prima, almeno così evidente, nella gestione di Elly Schlein. I riformisti dem, infatti, si sono tutti schierati per il sì. Mentre sino all'ultimo istante il capo delegazione Nicola Zingaretti ha lavorato per portare il gruppo sull'astensione in modo da disinnescare ogni tentazione a votare no. Ma la frattura non si è ricomposta.
Dopo il voto, la segretaria dem ha tenuto il punto, confermando le "molte critiche" avanzate su ReArmEu: "Quel piano va cambiato" e per farlo "continueremo a impegnarci ogni giorno", ha detto tra le altre cose. Ma l'onda del voto sulla Difesa Ue è arrivata fino al Nazareno, aprendo una discussione interna al partito in cui è riemersa anche la parola 'magica' Congresso. La foto di Strasburgo, del resto, è netta. Per il sì si sono schierati Stefano Bonaccini (il presidente del partito), Antonio Decaro, Giorgio Gori, Elisabetta Gualmini, Giuseppe Lupo, Pierfrancesco Maran, Alessandra Moretti, Pina Picierno, Irene Tinagli, Raffaele Topo.
Tra gli astenuti Zingaretti, Lucia Annunziata, Brando Benifei, Annalisa Corrado, Camilla Laureti, Dario Nardella, Matteo Ricci, Sandro Ruotolo, Cecilia Strada, Marco Tarquinio, Alessandro Zan. Dalle tabelle dell'aula emerge tra l'altro che nel gruppo S&D gli unici ad astenersi sono stati gli italiani più un bulgaro, un irlandese e uno sloveno. Per non farsi mancare nulla, c'è stato anche il 'giallo' Annunziata, inizialmente conteggiata tra i sì e poi conteggiata come astenuta.
(Adnkronos) - Mentre a Strasburgo i più maliziosi hanno enfatizzato non solo la presenza di Nardella tra gli astenuti, ma soprattutto quella di Strada e Tarquinio: apertamente contrari al Piano Ue, alla vigilia erano dati certi tra i no. "C'è stato l'aiutino per non far vincere il sì", ha valutato un eurodeputato dem. Lo stesso Tarquinio, del resto, a Un giorno da pecora ha ammesso: "Se avessi votato no sarebbe mancato quel po' di più che ha consentito alla delegazione Pd di avere la maggioranza pro Elly Schlein".
"E' stata sconfitta la linea dell'astensione? E' stato sconfitto il no, perché si partiva dal no", è stata la valutazione di Lia Quartapelle. La deputata dem è stata tra quelli che hanno subito chiesto l'apertura di un confronto interno. "Dobbiamo dimostrarci all'altezza. Il Pd, un grande partito, deve argomentare dove vuole stare con una discussione che sino ad oggi non c'è stata", ha spiegato. Sulla stessa linea Piero Fassino e anche Marianna Madia: "Abbiamo la necessità di discutere e capire. Non possiamo fare tutto questo stando zitti o con un mezzo voto. Congresso o Direzione? Va bene tutto, basta che ci sia una discussione", ha detto la deputata.
Ai riformisti ha risposto Laura Boldrini: "Mi sarei aspettata che il gruppo del Pd al Parlamento europeo votasse compatto sull'astensione, che è la strada trovata dalla segretaria Schlein. Non è il momento di alimentare divisioni". Ma anche nell'area di maggioranza interna non è mancata la chiamata al confronto: "E' giusto che ci sia una discussione seria. E' una responsabilità che abbiamo tutti ed è interesse della segretaria, che io sostengo, che questa discussione si faccia nelle forme e con la rapidità necessarie", ha detto Gianni Cuperlo. Mentre è stato Andrea Orlando a chiedere un Congresso tematico: "Potrebbe essere utile anche per portare la discussione fuori dal solo gruppo dirigente" e per "chiarirsi le idee".