Metà dei prestiti, stanziati con il Recovery fund finiranno all’Italia. Lo scrive la Banca centrale europea nel suo bollettino economico in cui precisa che su 401 miliardi di euro di prestiti da mobilitare per i paesi dell’area dell’euro nel periodo 2021-2026, “al momento si stima che quasi la metà (il 48%) sarà assorbita dall’Italia”. La Bce fa presente che mentre tutti gli Stati membri dell’area dell’euro intendono utilizzare appieno le sovvenzioni del fondo mentre “solo alcuni governi nazionali hanno chiesto i prestiti“. Tali prestiti sono stati richiesti fino al limite massimo del 6,8% del reddito nazionale lordo “solo da Grecia e Italia” e “quasi due terzi” dei finanziamenti richiesti nell’area dell’euro “sono attualmente assegnati a Italia e Spagna”.

Il bollettino si concentra poi su quello che rimane il tema caldo del momento, vale a dire l’inflazione (salita in gennaio al 5,1% nell’area euro) e sulle strategie per contrastarla. E’ probabile che l’ inflazione “si mantenga elevata nel breve periodo” con i prezzi dell’energia che continuano a rappresentare la principale determinante della fiammata e hanno inciso per oltre la metà del rialzo del mese scorso”, scrive la banca centrale che poi aggiunge: “i costi dell’energia sospingono al rialzo i prezzi di beni e servizi in molti settori. Anche i prezzi dei beni alimentari sono aumentati” e “gli incrementi dei prezzi sono diventati più diffusi, a fronte dei marcati rincari di numerosi beni e servizi”.

La probabilità che l’inflazione nell’Eurozona si stabilizzi all’obiettivo del 2% “è chiaramente aumentata” e “la direzione in cui dobbiamo andare è chiara“. Ha detto oggi il governatore della banca centrale spagnola e membro del Consiglio direttivo della Bce Pablo Hernandez de Cos, suonando però una nota di cautela: “Il processo sarà graduale e dipendente dai dati” e “una stretta prematura rischierebbe effetti negativi sulla domanda”. “La Bce non deve costituire un’ulteriore fonte di incertezza, ma piuttosto mantenere una direzione chiara, graduale e predicibile” senza dimenticare l’impatto che le sue mosse possono avere sulla frammentazione finanziaria, visibili dallo spread (il differenziale di rendimento tra titoli di stato decennali tedeschi e italiani, ndr). Dopo le parole del banchiere spagnole si è assistito a una discesa degli spread.

La crescita nell’area euro, dopo la frenata nel quarto trimestre in cui ha comunque recuperato i livelli di attività pre-pandemia, “dovrebbe registrare un forte recupero durante il 2022” e anche le condizioni del lavoro “migliorano ulteriormente, benché la dinamica salariale resti nel complesso contenuta”, si legge ancora nel bollettino. In questo contesto “il Consiglio direttivo ritiene più che mai necessario mantenere un atteggiamento flessibile e aperto a tutte le opzioni nella conduzione della politica monetaria”. Il fatto che l’inflazione sia dovuta, per ammissione stessa della banca centrale, in larga parte alle fiammate dell’energia e, al momento, non ad un surriscaldamento dell’economia o a rincorse tra prezzi e salari (l’incubo della banca centrale) sono gli elementi che giocano a favore di chi ritiene prematura un’azione monetaria restrittiva.

Il riferimento di Hernandez de Cos è agli interventi restrittivi delle politica monetaria europea, ossia riduzione dell’acquisto di titoli di Stato e aumento dei tassi di interesse. La strada è questa ma le tempistiche per percorrerla sono ancora da definire. Martedì scorso Francois Villeroy de Galhau, governatore della banca centrale francese ha parlato di uno stop agli acquisti supplementari di bond dal terzo trimestre del 2022. In un’intervista al Financial Times la componente tedesca del consiglio direttivo Bce Isabel Schnabel, ha sollecitato una “attenta rivalutazione” delle prospettive d’inflazione (5,1% a gennaio contro un target Bce del 2%) e ha aggiunto: “il rischio di agire troppo tardi è aumentato”. Il governatore della banca centrale lettone Martins Kazaks ha definito molto probabile un incremento dei tassi già quest’anno. Il consiglio direttivo della Bca si riunirà il prossimo 10 marzo, in quell’occasione potrebbero essere riviste le previsioni sull’andamento dell’inflazione, presupposto per avviare interventi restrittivi.

La Bce ha diffuso oggi anche il suo bilancio del 2021 che si è chiuso con un utile di 192 milioni di euro contro gli 1,6 miliardi del 2020. La banca centrale spiega che la riduzione è “dovuta principalmente ai minori introiti dalle riserve in valuta estera e dai titoli detenuta per la politica monetaria” oltre che per accantonamenti a copertura dei rischi finanziari.
Il Consiglio direttivo della Bce ha infatti deciso – si legge nel Rendiconto finanziario di Francoforte – di accantonare 610 milioni a fronte di “una maggiore esposizione ai rischi derivante dal perdurante acquisto di titoli”. L’utile d’interesse netto sui titoli acquistati è sceso a 1,006 miliardi da 1,337 miliardi del 2020 “principalmente a causa degli utili negativi sui titoli del programma di acquisti per l’emergenza pandemica”.

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