Il magistrato, che nel 2013 era il pm titolare delle indagini su Mps, spiega che l'ufficio del capo della comunicazione fu perquisito per cercare elementi relativi alle operazioni della banca: "Cercavamo corrispondenza con Mussari". I fazzolettini intrisi di sangue trovati nel cestino, ha aggiunto, non furono perquisiti perché ricondotti a gesti di autolesionismo. Il colonnello Aglieco che accusa i pm di inquinamento delle prove? "Escludo fosse presente nella stanza"
“La paura di una possibile frequentazione con il “gruppo della birreria“, anche in relazione alle perquisizioni effettuate, poteva essere un tema di ulteriore preoccupazione” per David Rossi. A dirlo è il magistrato Aldo Natalini, che nel 2013 era il pm titolare delle indagini sul crac del Monte dei Paschi di Siena, durante l’audizione di fronte alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte del capo comunicazione della banca. Il “gruppo della birreria” – ha ricordato Natalini, che attualmente lavora presso l’ufficio del Massimario della Corte di Cassazione – era un “presunto gruppo di potere senese” composto da personaggi vicini all’ex presidente di Mps Giuseppe Mussari, che “discuteva anche di nomine nelle partecipate piuttosto che di affidamenti”, su cui la Procura indagava. Ma Rossi, precisa, “non ne faceva parte stabilmente, al più conosceva degli appartenenti“. Per questo non era mai stato indagato e nei suoi confronti non erano mai state chieste intercettazioni: tuttavia il suo ufficio era stato perquisito, ha spiegato Natalini, per cercare elementi relativi alle operazioni della banca su cui verteva l’inchiesta. “La perquisizione non fu utile ma per noi fu un passaggio importante”, ha detto, “cercavamo corrispondenza con Mussari, che era indagato”.
“La prima volta”, ha ricordato, l’ufficio di Rossi “fu perquisito nel maggio 2012, nel filone Antonveneta, ma la perquisizione dette esiti negativi. Il dramma, la pressione mediatica su questo ufficio, sarebbe sorto più là nel tempo quando uscì sui giornali l’operazione Santorini e dopo che nel gennaio 2013 Mussari si dimise dalla presidenza dell’Abi”, cosa che “determinò attenzione spasmodica dei media, con una campagna insistente” che ebbe dei riflessi sull’ufficio comunicazione della banca. Rossi verrà poi perquisito un’altra volta, alcuni giorni prima del decesso nel “secondo troncone di inchiesta, quella nota della “banda del 5%””, ma per i suoi contatti con Mussari. “Ipotizzavamo che ci fossero operazioni non comunicate al mercato, c’erano interlocuzioni continue con Consob e Bankitalia”, “c’era anche il tema di che comunicazione la banca avesse fatto al mercato”. “Decidiamo di perquisire Rossi in tutti i luoghi per capire se ci potesse essere corrispondenza pregressa e non, intrattenuta con Mussari, che era indagato”, mentre Rossi “mai è stato iscritto, non c’era nessun elemento, né furono chieste per lui intercettazioni telefoniche”: “non è mai stato ritenuto meritevole di audizione da parte nostra”, “lo sentì solo la Guardia di finanza”.
Dopo che il manager fu trovato morto ai piedi della finestra del suo ufficio la sera 6 marzo del 2013, Natalini, il collega Antonino Nastasi (che indagava con lui su Mps) e il pm di turno Nicola Marini effettuarono due sopralluoghi nella stanza: il primo alle 21:25 e il secondo alle 0:45. “Io e il collega Nastasi”, spiega ancora, “dovevamo essere lì per capire i possibili nessi tra quel decesso e le nostre indagini”, mentre “Marini conosceva solo genericamente Rossi”. In una precedente audizione di fronte alla Commissione d’inchiesta, il colonnello dei Carabinieri Pasquale Aglieco – ex comandante provinciale dell’Arma di Siena – aveva accusato gli inquirenti di aver inquinato la scena di un possibile delitto, accendendo il pc, svuotando il cestino raccontando addirittura che Nastasi rispose a una telefonata di Daniela Santanché sul cellulare di Rossi. Il nome di Aglieco non compare in alcun rapporto di polizia giudiziaria su quanto avvenuto quella sera. “Escludo fosse presente. Poteva essere teoricamente sulla porta, poteva aver visto qualcosa sull’uscio ma non lo ricordo dentro la stanza”, ha detto Natalini. Sulla telefonata della Santanché ripercorre: “Ci fu una telefonata dell’onorevole al suo telefono ma non rispose sicuramente il collega Nastasi, altrimenti la circostanza mi avrebbe colpito, l’avrei ricordata”.
“I gesti di autolesionismo di David Rossi sono un tema pacifico”, ha detto ancora, “trovammo segni di autolesionismo nel sopralluogo dopo la sua morte, i fazzolettini intrisi di sangue nel suo ufficio e anche un cerotto in terra”, sul pavimento. Perché, gli è stato chiesto, i fazzoletti furono sequestrati molto tempo dopo? “”La stanza, la sera stessa, viene posta sotto sequestro” e i “fazzolettini rimangono nella stanza. La stanza rimase sotto sequestro un mese”, ha risposto. “Se ci fosse stato un dubbio da parte del consulente, li avevamo sequestrati per questo, ma non ci fu un input. Erano stati fotografati nel sopralluogo della scientifica e c’era un tema di riconducibilità a quei gesti autolesivi”.