“Mario era un bambino curioso”. Il Mario di cui parla Lucina Bertinato è Mario Lodi, il maestro scrittore e pedagogista. Se fosse ancora vivo, oggi avrebbe spento cento candeline. A farlo per lui sono tantissimi amici, ex allievi, lettori e familiari che oggi hanno deciso di celebrare il centenario della nascita di un mite rivoluzionario della scuola. Tante le iniziative in programma a partire dall’incontro online del 17 febbraio alle 10,30 dal titolo “Silenzio! Parlano i bambini” (pagina Facebook di “Con i Bambini” e sul sito www.conibambini.org) all’inaugurazione ufficiale delle manifestazioni con l’intervento del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi alle 17 (pagina Facebook e YouTube della Casa delle Arti e del Gioco – Mario Lodi e sul sito https://www.centenariomariolodi.it dove si trovano anche altre iniziative). A festeggiare Lodi sono anche l’Indire (https://spaziolodi.indire.it/) oltre a tante singole scuole come l’istituto “Falcone e Borsellino “ di Offanengo dove stamattina in ogni classe gli insegnanti ricorderanno il loro amato collega leggendo i suoi racconti ai bambini

Quando si parla di lui, vien in mente subito “Cipì”, scritto insieme ai suoi alunni nel 1961, tradotto in molte lingue ma il maestro Lodi va ben oltre quel testo: sono oltre trenta i libri che ha scritto per ragazzi e per adulti. Nominato maestro di ruolo nel 1948 a San Giovanni in Croce, nel 1965 ottiene il trasferimento nel suo paese natale: Vho di Piadena dove ha insegnato per ventidue anni. A otto anni dalla morte nessuno ha dimenticato il messaggio del maestro cremonese. Prima di chiudere gli occhi, alle persone più care lasciò un messaggio: “Ciao, andate avanti”. In tanti lo stanno facendo ma la strada da fare è ancora parecchia. A ricordare per il Fatto Quotidiano.it, il maestro Lodi, sono due dei suoi più cari amici: la maestra Luciana Bertinato, oggi in pensione nella sua Soave e don Sandro Lagormasini, parroco di Cassègo nel Comune di Varese Ligure, piccolo borgo sull’Appennino Ligure nell’entroterra di La Spezia, dove da sempre svolge un lavoro con i ragazzi sulla scorta degli insegnamenti di Lodi e di don Lorenzo Milani.

“C’è un aspetto di Mario che non dimenticherò mai: sapeva ascoltare. Lo faceva con tutti, aveva la capacità di fare silenzio e di restare davvero in ascolto di un bambino. E poi lui con i suoi alunni, con i ragazzi, giocava. Un giorno, quando già era in pensione – spiega la maestra Luciana – andai alla sua cascina a Drizzona, dove ha fondato la “Casa delle arti e del gioco” e riuscì a far divertire anche la mia direttrice scolastica che era venuta in gita con noi”. La conoscenza tra Luciana Bertinato e il maestro di “Cipì” risale agli anni Settanta: “Gli mandavamo i giornalini che facevamo nella mia classe e lui aveva cominciato a risponderci. Quando gli chiesi di venire a fare un incontro a San Bonifacio non si tirò indietro. Da quel momento è iniziata un’amicizia durata quarant’anni”.

Tanti gli episodi che Luciana Bertinato ha da raccontare: “Un giorno mi chiamò al telefono e mi chiese: voi, a scuola, applicate la Costituzione? Ci propose di riscrivere con i bambini i principi fondamentali della nostra Carta che per lui era una “bussola” per non smarrirsi. Mario, nl 1963, era stato a Barbiana da don Milani ed era rimasto affascinato dal vedere gli articoli della Costituzione appesi nella canonica diventata aula”. Negli ultimi anni, prima di andarsene da questo mondo, era preoccupato per il mancato utilizzo dei cinque sensi: “Mi diceva che i bambini guardano ma non osservano. Con lui i miei alunni sono andati nel suo orto sinergico e hanno giocato con il tatto, l’olfatto, il gusto per poi assegnare un colore ad ogni erba aromatica”.

Ecco l’altro ingrediente essenziale nella pedagogia del maestro di Vho: la fantasia. Come Gianni Rodari, Lodi, la usava per i suoi racconti, per conversare con i bambini, per il teatro e l’arte. Se lo ricorda bene anche don Sandro Lagomarsini che con Lodi e don Milani ha avuto in comune quell’ “I care” (Mi interessa”): “Mario non si è mai proclamato ateo. Non era credente ma aveva stima per la fede cristiana tanto che insegnava religione. Quando andarono a lamentarsi dal Vescovo perché uno come lui parlava di Cristo, un suo ex allievo diventato prete, rassicurò il capo della diocesi dicendogli che il maestro Lodi era meglio di molti insegnanti cattolici”.

È stato don Sandro a celebrare il funerale dello scrittore cremonese. Tra loro due l’amicizia è nata dopo la pubblicazione del libro “Il Paese sbagliato”: “Ero rimasto folgorato da quelle pagine. Mi era capitata tra le mani la recensione di Giorgio Bocca e avevo scritto a Lodi. Mi invitò a una presentazione a Viareggio: da quel giorno non ci siamo più persi di vista”. Don Sandro in quegli anni aveva iniziato a tenere un doposcuola proprio come faceva don Lorenzo a Barbiana: “Quando avevo qualche ragazzo inquieto, prendevo e raggiungevo Mario. Un giorno gli ho portato uno di questi bambini. Ricordo ancora la strada di casa sua: via Matteotti, 41. Mario ha iniziato a parlare con questo ragazzo e in pochi minuti lo aveva conquistato. Sapeva parlare nel profondo a ogni bambino”.

Il parroco ligure non dimentica la mitezza di Lodi: “Non pensiamo che per lui fosse tutto facile. Quelli che si qualificavano progressisti lo contestavano ma lui non ha mai scelto di entrare in polemica”. Dopo cinquant’anni dalla pubblicazione di “Cipi” (1972) e di “Il paese sbagliato” resta un rammarico: “Il messaggio di Mario – dice don Sandro – non è ancora entrato a far parte della vita quotidiana della scuola. Lui dava importanza alla conversazione, alla scrittura libera; non aveva libri di testo; non dava voti; nella sua aula non c’era la cattedra. Oggi nulla di tutto ciò è entrato a far parte della scuola. C’è solo un sapere inscatolato”.

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