Economia & Lobby

Sui balneari qualcosa si muove. Ma la norma sugli indennizzi non sta in piedi

di Dante Marangoni

L’emendamento presentato dal governo per le concessioni balneari contiene alcuni aspetti positivi anche se per adesso si tratta solo di buone intenzioni. Trovo invece sconcertante l’inserimento di criteri per la partecipazione alle gare che appaiono diretti a favorire gli attuali concessionari come ad esempio la valorizzazione della “esperienza tecnica e professionale già acquisita in relazione all’attività oggetto di concessione o ad analoghe attività di gestione di beni pubblici”. Perché una famiglia che abbia gestito un albergo o un bar deve essere sfavorita? Qual è la differenza di professionalità? E perché l’esperienza acquisita con un’attività su proprietà privata deve valere meno di quella su suolo pubblico?

La norma che non sta in piedi da nessuna parte è quella sugli indennizzi “da riconoscere al concessionario uscente, posto a carico del concessionario subentrante, in ragione del mancato ammortamento degli investimenti realizzati nel corso del rapporto concessorio e autorizzati dall’ente concedente e della perdita dell’avviamento connesso ad attività commerciali o di interesse turistico”.

In base alla direttiva Bolkestein del 2006, la Corte di Giustizia Europea nel 2016 ha dichiarato le proroghe automatiche inefficaci e quindi molte concessioni sono scadute da svariati anni; il Consiglio di Stato ha messo una toppa sino alla fine del 2023. Quindi già da 15 anni lo Stato italiano si è trovato a dover gestire un immenso e pregiatissimo patrimonio naturalistico e immobiliare (“libero” da concessioni) nonchè a dover riordinare e indirizzare un intero settore economico di fondamentale importanza. Fino adesso non si è fatto nulla, nemmeno le cose più semplici come diversificare il valore dei canoni in base al pregio della spiaggia; si è parlato solo di proroghe illudendo gli operatori e frenando gli investimenti.

Le concessioni demaniali in essere di solito escludono espressamente qualsiasi indennizzo, salvo il caso di recesso anticipato rispetto alla scadenza; nelle locazioni private il conduttore ha diritto ad una indennità per le migliorie solo se sono state autorizzate dal proprietario e nei limiti dell’utilità per quest’ultimo.

L’indennizzo è connesso alla tutela del legittimo affidamento, cioè alla buona fede di chi ha investito confidando, in questo caso, nella proroga automatica prevista in via permanente dalla vecchia formulazione del Codice della Navigazione che prevedeva il cosiddetto diritto di insistenza. Tale diritto è stato abrogato già nell’anno 2010 quando è stata concessa la prima proroga di 5 anni, giustificata dal tempo necessario alla revisione del quadro normativo in materia. Quello di cui ancora oggi si discute! Più che un quadro su cui poter fare affidamento sembra uno stato di interminabile precarietà in cui gli operatori sono stati abbandonati.

Lascia allibiti che l’indennizzo venga posto a carico del concessionario subentrante cioè del concorrente “esterno”! La Corte Costituzionale, annullando le leggi regionali che prevedevano tale sistema, ha osservato che ciò rappresenta un disincentivo alla concorrenza; quindi non solo viola le regole di libero accesso al mercato ma (proprio per mancanza di concorrenza) svilisce il valore stesso del patrimonio pubblico.

A parte la difficoltà pratica di pre-stabilire l’ammontare di un tale indennizzo caso per caso, vi è una questione ben più importante. Nonostante l’emendamento del governo affermi che non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, a pagare sarebbe sempre Pantalone! Perché evidentemente i concorrenti formulando l’offerta andranno ad abbassarla di tale costo con una pari perdita di introito da parte delle casse dello Stato.

Sarebbe doveroso che il governo facesse una stima globale almeno approssimativa di tale perdita o regalo che dir si voglia proprio adesso che molte imprese (non quelle balneari) sono così duramente colpite dal Covid, dalle bollette e prive di sostegni dignitosi.

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