Gli studenti scendono in piazza ancora una volta: da mesi, ogni venerdì, abbandonano i banchi per protestare contro il ministero dell’Istruzione. Le manifestazioni contro l’attuale modello di scuola, nelle ultime settimane, dopo la tragica morte dei due stagisti, si sono trasformate in un coro di dissensi verso i Ptco, i percorsi trasversali per le competenze e l’orientamento (l’ex alternanza scuola lavoro di epoca renziana trasformata dal leghista Marco Bussetti nel nuovo acronimo). Ad accrescere la rabbia dei ragazzi, poi, ci ha pensato la decisione del ministro Patrizio Bianchi di tornare ad un esame di maturità con due scritti.

Un braccio di ferro quello tra i giovani e il governo che è diventato particolarmente teso dopo le manganellate prese dai ragazzi e la difesa delle forze dell’ordine da parte della ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese che in quest’ultime ore sta cercando di mettere un cerotto alla ferita invitando i prefetti a dialogare “in maniera preventiva” con i promotori delle manifestazioni. In 40 piazze di tutt’Italia, in modo particolare a Milano, Roma, Napoli e Torino, ci saranno i giovani di Opzione studentesca alternativa, il Fronte della gioventù comunista e l’Unione degli studenti. Altri movimenti, come la Rete degli Studenti medi e le Consulte, non aderiranno.

Nel fine settimana, inoltre, a Roma l’Uds con il supporto di ActionAid Italia, Arci, Coordinamento nazionale precari scuola, Federazione lavoratori della conoscenza – Cgil, Legambiente, Libera, Link – coordinamento universitario, Priorità alla scuola, Rete della conoscenza e Sbilanciamoci, organizza gli “Stati generali della scuola”. Giovedì la Fgc ha messo in scena un antipasto delle manifestazioni di oggi: un gruppo di ragazzi vicini al movimento si è recato in viale Trastevere e ha mostrato uno striscione con scritto “Nelle università e nelle scuole: non siamo schiavi delle imprese!”.

Il tema sul quale sono puntati gli occhi dei ragazzi è in primis quello del Ptco. Dopo la morte di Lorenzo Parelli, alla fine di gennaio, i movimenti studenteschi avevano deciso di farsi sentire per chiedere “di scardinare alle radici questo sistema di scuola-lavoro, basato sullo sfruttamento della manodopera studentesca e sulla formazione aziendale a carico dell’istruzione pubblica”. Una protesta finita con tafferugli tra le forze dell’ordine e i ragazzi: “Un’inaudita ferocia per impedire ai cortei di partire”, avevano contestato gli studenti.

A schierarsi con le forze dell’ordine ci aveva pensato la ministra Lamorgese che nell’informativa al Parlamento aveva spiegato: “Nella prima manifestazione, quella convocata al Pantheon a Roma era emersa l’intenzione degli anarchici e dei centri sociali di trasformarla in scontro fisico con la polizia. Nonostante più di un tentativo di mediazione e numerosi inviti a desistere, un gruppo dei manifestanti di Roma si è mosso in corteo staccandosi da piazza della Rotonda contravvenendo alle disposizioni fino a impattare con lo schieramento di polizia: l’intenzione di arrivare allo scontro era evidenziata dal travisamento dei volti di alcuni manifestanti”. Una ricostruzione respinta dai movimenti studenteschi, che si aspettavano invece le scuse.

A riscaldare gli animi, è arrivata nei giorni scorsi la morte di Giuseppe Lenoci, un altro stagista che ha perso la vita durante le ore di lavoro in un incidente stradale. “Noi studenti – spiegano gli organizzatori delle proteste – subiamo l’imposizione di stage non pagati obbligatori presso aziende che dietro alla proposta di esperienze ‘formative’ spesso non nascondono altro che lo sfruttamento. I tirocini curriculari infatti non sono altro che lavoro non retribuito, ovvero profitto a costo zero per le imprese ospitanti”.

A cercare un’intesa ci prova la titolare del Viminale. Il capo di gabinetto del ministero, Bruno Frattasi, ha inviato una circolare che invita i prefetti ad intensificare i servizi di prevenzione a carattere generale e di controllo del territorio. “Allo scopo di garantirne il regolare svolgimento – cita la nota – è sollecitata l’attivazione di un canale di preventivo dialogo con i promotori o gli organizzatori delle iniziative, valutando a tal fine anche l’opportunità di un coinvolgimento dei dirigenti scolastici”.

Sabato e domenica la voce degli studenti si farà sentire anche attraverso gli Stati generali della scuola: “Dopo mesi di mobilitazioni e dopo aver presentato al ministro Bianchi, il Manifesto della scuola pubblica, con l’obiettivo di fornire una proposta concreta per ricostruire la scuola, veniamo ancora ignorati. Noi – spiegano gli organizzatori – non ci fermiamo, ora sul nostro futuro decidiamo noi”. Ad aprire il dialogo con i ragazzi è la presidente della Commissione dell’Istruzione della Camera, Vittoria Casa (M5s), che ha promesso di ascoltare le istanze degli studenti al più presto. Intanto, continuano le occupazioni delle scuole in tutto il Paese. A Milano dal “Parini” al “Beccari” al “Bottoni” persino i presidi si sono schierati con i ragazzi. A Torino, dove gli istituti in auto gestione sono saliti a trenta, alcuni dirigenti, pur non condividendo i metodi, hanno compreso le richieste degli allievi.

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